Il ruolo del godimento strumentale nella valutazione della partecipazione ad un condominio

In tema di condominio e più nello specifico di valutazione della partecipazione al condominio di un’unità immobiliare, il suo inserimento nell’edificio conferisce, di per sé, al suo proprietario lo status di condomino e di conseguenza il diritto di utilizzate le parti comuni dell’edificio.

Questa in sostanza la conclusione cui è giunta la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 6780/15, depositata in cancelleria il 2 aprile. La pronuncia degli Ermellini ha rinviato la causa alla Corte d’appello competente per risolvere la controversia alla luce di questo principio. Il caso. Un condomino proprietario di un appartamento al pian terreno di un edificio in condominio faceva causa alla compagine per vedersi riconosciuto il diritto d’uso nella specie passaggio nel cortile condominiale. Tale facoltà d’uso gli era, nei fatti, impedita e chiedeva quindi la consegna delle chiavi del portone e di conseguenza il diritto di passaggio sul cortile. Il contraddittorio veniva integrato su ordine del giudice chiamando in causa tutti i condòmini che, però, restavano contumaci. La domanda dell’attore veniva rigettata in primo grado e successivamente anche in appello. In particolare, secondo i giudici del gravame la particolare conformazione dello stato dei luoghi e la presenza di alcuni cancelli tra le parti comuni e il giardino di proprietà dell’attore facevano sì che la sua unità immobiliare dovesse essere considerata parte di un altro condominio, ossia quello adiacente la compagine chiamata in giudizio, anche in ragione di alcuni elementi fattuali un muretto di separazione tra il giardino di proprietà esclusiva ed il cortile condominiale che avevano precluso la partecipazione al condominio convenuto. Questa situazione di fatto, secondo i giudici d’appello, rendeva ininfluente l’esistente legame di accessorietà e funzionalità tra l’unità immobiliari dell’attore e il cortile della convenuta, non esistendo quel godimento strumentale che deve connotare le parti comuni di un edificio. Da qui il ricorso in Cassazione. Per escludere un’unità immobiliare da un condominio bisogna valutare attentamente lo stato dei luoghi e il legame tra di essa e le parti comuni. La Cassazione ha ritenuto di accogliere, sul punto, il ricorso dell’originario attore a dire il vero di un’altra società nel frattempo subentrata nella medesima posizione giuridica . Il motivo? La Corte d’appello aveva troppo frettolosamente escluso l’esistenza di un legame strumentale tra il cortile e il giardino dell’unità immobiliare del ricorrente. Esiste un legame strumentale, è utile ricordarlo, quando un bene serve al miglior godimento di altro cespite. Tale strumentalità è l’asse portante del diritto di condominio sui beni elencati dall’art. 1117 c.c. e su tutti quegli altri che, pur non menzionati nella norma, abbiano le medesime caratteristiche. Nel caso di specie, gli Ermellini hanno ritenuto che la sentenza impugnata avesse escluso troppo frettolosamente l’esistenza di tale legame strumentale, visto e considerato che l’unità immobiliare della ricorrente faceva fisicamente parte del condominio convenuto e questo elemento, dicono da piazza Cavour, è già di per sé indicativo del diritto di condominio sulle parti comuni. Come dire l’esistenza di un muretto divisorio non è di per sé sufficiente ad escludere un’unità immobiliare da un condominio, a fronte di una serie di altri elementi ben più indicativi della partecipazione al condominio stesso. I giudici del rinvio dovranno adesso rivalutare la causa sulla base di questo principio di diritto.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 17 dicembre 2014 – 2 aprile 2015, n. 6780 Presidente Oddo – Relatore Falaschi Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 21 settembre 1989 la EPILDAURIO s.r.l. evocava, dinanzi al Tribunale di Roma, il CONDOMINIO di via omissis , esponendo che con atto di compravendita del notaio Cesare Arcangeli del 23.9.1994, rep. n. 19855, aveva acquistato dalla Sistina Progetti s.r.l. appartamento composto di una camera ed atrio, con annessi la porzione di cortile e di giardino a livello, siti nel CONDOMINIO convenuto, al piano seminterrato ex tempietto , avente accesso anche dal cancello in ferro posto nell'atrio del cortile condominiale aggiungeva che nonostante il suo immobile facesse parte del fabbricato condominiale, le era impedito l'accesso attraverso il portone ed il cortile comune tanto premesso, chiedeva che le venisse consentito tale accesso e che le fossero consegnate le relative chiavi, Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del CONDOMINIO, il giudice adito ordinava l'integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i condomini, che ritualmente citati, rimanevano contumaci, ad eccezione di D.L. . Istruito il giudizio, anche con c.t.u., il giudice unico rigettava la domanda attorea. In virtù di appello interposto dalla VITTORIA IMMOBILIARE, la quale preliminarmente affermava la propria legittimazione attiva ex art. 111, comma 4, c.p.c, per avere la ELPIDAURIO s.r.l. mutato la sua denominazione sociale in SISTINA PROGETTI s.r.l., dalla quale l'appellante aveva acquistato l'immobile oggetto della controversia, che cessava in data 9.1.1998 ogni attività, con conseguente cancellazione dal registro delle imprese, nel merito lamentava la erroneità della sentenza impugnata per non avere considerato la sua qualità di condomina per essere proprietaria di bene ricompreso nella stabile condominiale, la Corte di appello di Roma, nella resistenza degli appellati CONDOMINIO, IMMOBILIARE FINANZIARIA ZUCCHELLI e C.S. , spiegato intervento volontario dalla SISTINA PROGETTI che aderiva alle difese dell'appellante e V.M.R. , quale erede di B.E. la quale domandava dichiararsi la sua carenza di legittimazione passiva , respingeva il gravame. A sostegno della decisione adottata la corte capitolina - ritenuta non legittimata passiva la V. per non essere stato il suo dante causa proprietario dell'appartamento posto nello stabile condominale - evidenziava preliminarmente che il giudice di prime cure aveva rigettato la domanda principale di dichiarazione del diritto di passaggio attraverso il portone ed il cortile di Vicolo Zucchelli n. 27 oltre ad avere disatteso quella subordinata di accertamento del suo vantato diritto di passaggio , previo accertamento della circostanza che l'immobile di sua proprietà doveva far parte dell'adiacente Condominio, e quest'ultima statuizione, peraltro prescritto il relativo diritto di passaggio per essere al momento della proposizione della domanda decorso il termine ventennale di prescrizione per non uso ex art. 1073 c.c., non aveva formato oggetto di impugnazione. Aggiungeva che il cortile condominiale era adiacente all'immobile dell'appellante, la quale lo aveva reso volontariamente intercluso con la costruzione della muratura, che aveva separato i suoi due vani, il cortile ed il giardino col cancello in esame dall'appartamento originario, avente ingresso da diversa strada. L'immobile di proprietà dell'appellante era collegato da relazione di accessorietà strumentale e funzionale con l’adiacente cortile condominiale, ma tale collegamento di per sé non rendeva il godimento di tale bene comune strumentale al godimento del bene di proprietà esclusiva dell'appellante. Detto bene, infatti, faceva parte di altro Condominio, da cui non poteva volontariamente estromettersi con la costruzione di una muratura che ne aveva determinato l'intenzionale separazione dall'originaria unità immobiliare, con conseguente interclusione dello stesso. Per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Roma agiscono la VITTORIA IMMOBILIARE s.r.l. e la SISTINA PROGETTI s.r.l., sulla base di sei motivi, cui ha resistito il CONDOMINIO di via OMISSIS con controricorso. All'udienza pubblica del 7.3.2014 veniva disposta l'integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi di G.C. , ove individuati, o, in mancanza, dello Stato italiano, nonché degli eredi di M.P. e di +Altri , adempimento che veniva regolarmente assolto e in esito al quale la Presidenza del Consiglio dei Ministri non ha presentato difese ma sola istanza per prendere parte all'udienza di discussione. Motivi della decisione Con il primo motivo le ricorrenti denunciano difetto di motivazione per non avere la corte di merito offerto alcuna argomentazione per ricostruire l'iter logico giuridico seguito per giungere ad escludere che l'immobile di proprietà esclusiva della VITTORIA IMMOBILIARE non fosse da ricomprendere nel Condominio di via omissis pur facendone strutturalmente parte in ciò, peraltro, andando di contrario avviso rispetto al c.t.u., accertamento neanche citato dal giudice del gravame. Il motivo coglie nel segno. Nucleo fondante della sentenza impugnata è la conformazione dell'immobile di proprietà di parte ricorrente, anche rispetto al cortile condominiale, che viene definito adiacente, da cui discenderebbe che era stata la proprietaria volontariamente ad intercludere l'unità de qua con la costruzione di una muratura che aveva separato i suoi due vani, unitamente al giardino, rispetto alla parte dell'appartamento ritenuto principale, avente accesso da una diversa strada. Riconosce il giudice del merito che l'immobile in questione è collegato da relazione di accessorietà strumentale e funzionale con l'adiacente condominio, ma ha escluso che tale collegamento di per sé comportasse l'applicazione della presunzione di cui all'art. 1117 c.c. in quanto il bene faceva parte di altro Condominio, da cui non poteva volontariamente estromettersi con la costruzione di una muratura. La sentenza ha però omesso di verificare se il presupposto da cui muoveva, cioè l'appartenenza del bene de quo ad altro Condominio, nonostante sussistesse una incontestata relazione funzionale del compendio con l'adiacente cortile, fosse circostanza prevalente rispetto alla accessorietà strutturale, pure pacificamente accertata come sussistente al momento dell'acquisto della porzione di proprietà da parte della società ricorrente. Invero le vicende proprietarie del bene e le modifiche materiali da esso subite reagiscono sul regime normativo applicabile cioè sull'applicabilità o meno dell'art. 1117 c.c. , esattamente nel senso indicato da parte ricorrente. Se infatti, al momento dell'acquisto, da parte della Vittoria Immobiliare, della unità immobiliare sita nell'ex tempietto, i due fabbricati non fossero già stati collegati, né unitariamente configurabili, nessun dubbio si dovrebbe ritenere che la relazione di detto bene con lo stabile di vai omissis correttamente è stata ritenuta dai giudici del merito non avere natura condominiale, perché legata da solo rapporto funzionale, con le conseguenze che i giudici di merito ne hanno tratto. Tale condizione era però oggetto di contestazione consta dalla medesima sentenza che effettivamente l'immobile di proprietà esclusiva dell'appellante - ricorrente - ricavato come detto - è collegato da relazione di accessorietà strumentale con l'adiacente cortile cfr pag. 14 della decisione , esplicitata dalla Vittoria Immobiliare, come emergente dal diverso rilievo del c.t.u., nel senso che l'unità immobiliare in questione fa strutturalmente parte dell'edificio, giuridicamente disciplinato come Condominio con accesso da via omissis , infatti l'appartamento de quo si trova al piano terreno di tale edificio ed ha pertanto in comune con esso, dal punto di vista strutturale, il suolo, le fondazioni, i muri maestri ed il solaio di copertura che il cancello di accesso all'appartamento è alloggiato in un varco pilastrato del muro di recinzione, il quale è di antica datazione, con ogni probabilità coevo all'edificio stesso . Orbene, è evidente che le argomentazioni della corte di merito a sostegno delle proprie conclusioni, come rilevabili dalla sentenza, non danno ragione di detti elementi di giudizio evidenziati dalla consulenza tecnica di ufficio dal momento che a mente dell’art. 1117 c.c Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari dei diversi piani o porzioni di piani di un edificio, se il contrario non risulta dal titolo 1 il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, t muri maestri, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni d'ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e in genere tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune 2 i locali per la portineria e l'alloggio del portiere, per la lavanderia, per il riscaldamento centrale, per gli stenditoi e per altri simili servizi in comune 3 le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere che servono all'uso e al godimento comune, come gli ascensori, pozzi, le cisterne, gli acquedotti e inoltre le fognature e i canali di scarico, gli impianti per l'acqua, per il gas, per l'energia elettrica, per il riscaldamento e simili, fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini . Ne consegue che non può non essere ritenuto rilevante, ai fini dell'accertamento dell'acquisizione dei diritti condominiali, la consistenza immobiliare del compendio e la sua conformazione, per cui è necessario che la motivazione specifichi se si tratti o meno di focali ricompresi fisicamente nel Condominio di via omissis e dunque inclusi nelle parti comuni dell'edificio, giacché la figura del Condominio si caratterizza, sempre secondo quanto risulta dall'art. 1117 c.c., per la presenza, in uno stesso edificio, di piani o porzioni di piani di proprietà individuale, definizione normativa che va riferita all'edificio che presenta tali caratteri e a cui va riferito il fenomeno della proprietà condominiale v. di recente, Cass. 21 maggio 2012 n. 8012 Cass. 9 giugno 2010 n. 13883 . Discende da quanto esposto l'accoglimento del motivo. Con il secondo motivo è dedotta la violazione degli artt. 1117 e seguenti c.c. in quanto il giudice di appello ha attribuito preminenza al collegamento funzionale e non già strutturale in origine creato fra l'immobile in questione e l'appartamento int. 12 di via Sistina n. 14, pur avendo la prima unità immobiliare, di fatto, in comune con il Condominio convenuto il suolo, i muri perimetrali, il tetto e gli altri beni di cui alla norma invocata. Con il terzo motivo viene lamentato ancora il difetto di motivazione per avere la corte distrettuale ritenuto il tempietto edificio adiacente al fabbricato di via omissis , mentre è parte strutturale dell'edificio stesso. Del resto il tempietto neanche in origine è stato mai strutturalmente collegato all'appartamento n. 12 di via Sistina n. 14, per essere i due corpi di fabbrica materialmente separati da sempre. Lo stesso giardino di pertinenza del tempietto risulta ricavato nell'area di maggiore consistenza del cortile condominiale di via omissis . Con il quarto motivo è denunciata la violazione degli artt. 1117 e 1119 c.c. per avere la corte territoriale, sull'erroneo presupposto che l'originario proprietario avesse volontariamente intercluso il tempietto, affermato che il diritto di usare i beni comuni si possa perdere per non uso degli stessi, giacché il vincolo pertinenziale tra il bene comune e le proprietà individuali è un vincolo necessario e non si può sciogliere se non con il consenso unanime di tutti t proprietari. Aggiungono le ricorrenti che peraltro non si trattava di un punto controverso se e da quanto tempo non fosse utilizzato l'accesso al tempietto attraverso il giardino di pertinenza dello stesso, posto all'interno del cortile condominiale di via omissis . Con il quinto mezzo è dedotta la violazione dell'art. 1117 c.c., sotto il diverso profilo la corte di merito ha escluso la comproprietà del cortile esistente fra il fabbricato di via omissis e l'adiacente fabbricato di via Sistina, che invece avrebbe dovuto essere riconosciuta proprio alla luce della norma invocata, tenuto conto della funzione del cortile medesimo. I profili di doglianza illustrati ai motivi da due a cinque, non esaminati, restando assorbiti dalle considerazioni svolte con riferimento alla prima doglianza, essendo dichiaratamente subordinati al primo accertamento. Con il sesto ed ultimo mezzo è denunciata la violazione dell'art. 111 c.p.c. per non avere ritenuto legittimata passava V.M.R. giacché al momento del decesso del suo dante causa l'appartamento sito nello stabile condominiale era stato, in forza di divisione per atto notarile del 5.12.1994 assegnato alla sorella C. , trattandosi di posizione che veniva dalla stessa mutuata e quindi anche dal suo dante causa, in quanto successore a titolo universale. Anche detta censura è fondata. Quando il giudizio di impugnazione, segnatamente quello di appello, sia stato correttamente instaurato, ossia la sentenza sia stata impugnata nei confronti di tutte le parti, e per la sopravvenuta morte di una parte sorga la necessità di ripristinare correttamente il contraddittorio, chiamando a parteciparvi tutti i suoi eredi, le norme applicabili sono quelle contenute nell’art. 110 c.p.c. infatti la morte di una parte, che sopravviene nel corso del giudizio, trova specifica e compiuta regolamentazione nelle disposizioni dell'art. 300 e seguenti c.p.c Invero, non può non riaffermarsi che, in caso di morte di una parte nel corso del giudizio, la sua legittimazione attiva e passiva si trasmette agli eredi, i quali vengono a trovarsi, per tutta la durata del processo, in una situazione di litisconsorzio necessario processuale, con la conseguenza che, ove la impugnazione sia validamente intervenuta nei confronti di alcuni soltanto degli eredi della parte defunta, il giudice deve ordinare, anche di ufficio ed a pena di nullità, l'integrazione del contraddittorio - in applicazione degli stessi principi sopra richiamati - nei confronti degli eredi ovvero ritenerli legittimati ove si costituiscano spontaneamente Cass. n. 8492 del 1996 e Cass. n. 5311 del 1995 . Ne deriva che essendo stato pacificamente integrato in primo grado il contraddittorio nei confronti del condomino B.E. , il giudice di appello, in applicazione dei principi che regolano il litisconsorzio necessario nelle fasi di gravame Cass. n. 13431 del 1992 Cass. n. 13241 del 1991 e Cass. n. 3154 del 1989 , non poteva esimersi dal ritenere legittimata passiva la sua erede, V.M.R. , a nulla rilevando la circostanza che nella more il suo dante causa avesse ceduto l'immobile di sua proprietà, avendo peraltro la stessa ragione di interesse a dedurre la violazione di legge per esservi condanna alle spese. Conclusivamente la sentenza va cassata e la cognizione rimessa ad altra sezione della Corte di appello di Roma, che provvederà al riesame della controversia alla luce dei principi sopra affermati, nonché alla liquidazione delle spese di questo giudizio. P.Q.M. La Corte, accoglie il primo ed il sesto motivo di ricorso, assorbiti i restanti cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Roma, che provvederà anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.