Nulla la delibera d’installazione di un ascensore se toglie spazio all’ingresso di un’unità immobiliare

In tema di condominio negli edifici è affetta da nullità, come tale rilevabile in ogni tempo, la delibera dell’assemblea condominiale con la quale è stata decisa l’installazione di un ascensore, se l’impianto limita l’utilizzazione del cespite anche di un solo condomino, indipendentemente dalla destinazione eventualmente illegittima di quell’immobile.

Questo, in sintesi, quanto affermato dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 6295, depositata il 27 marzo 2015. La pronuncia degli Ermellini si fa notare anche perché si sofferma, nuovamente, sulla questione della forma dell’atto introduttivo del giudizio d’impugnazione nonché sul valore probatorio da attribuire alla consulenza tecnica d’ufficio. Il caso. Una condomina impugnava una deliberazione assembleare con la quale l’assemblea metteva in programma l’installazione di un ascensore. Il condominio si costituiva e si lamentava prima d’ogni cosa della carenza di legittimazione attiva dell’impugnante perché aveva venduto l’appartamento e poi della irritualità della presentazione della domanda con citazione anziché con ricorso e poi ancora, nel merito, della infondatezza delle pretese attoree. Il giudizio veniva riunito ad altro promosso dalle nuove proprietarie dell’unità immobiliare. In primo grado le domande venivano rigettate, mentre l’appello dava ragione ai condòmini la deliberazione d’installazione dell’ascensore era da ritenersi invalida perché limitatrice del diritto dei singoli su un bene di loro esclusiva proprietà. Da qui il ricorso in Cassazione della compagine. L’azione d’impugnazione della delibera assembleare si propone con citazione. La prima doglianza del condominio ha riguardato la forma dell’atto d’impugnazione delle delibere condominiali. Secondo la compagine, in primo grado, non si poteva agire con citazione ma era necessario depositare un ricorso. Non per la Cassazione. Si badi la pronuncia riguarda un caso verificatosi prima dell’entrata in vigore della riforma del condominio, ma gli Ermellini fanno notare che, anche dopo tale cambiamento, la situazione non è differente. In breve per lunghi anni la giurisprudenza s’è divisa sulla forma dell’atto introduttivo di questo genere di giudizi. Nel 2011 intervennero le Sezioni Unite sent. n. 8491/2011 per affermare che il termine ricorso di cui all’art. 1137 c.c. è utilizzato in senso a-tecnico e che di conseguenza l’impugnazione dev’essere presentata con atto di citazione da notificarsi nei termini di cui all’art. 1137 c.c Nonostante ciò – dissero i giudici di piazza Cavour – in virtù del principio di conservazione degli atti processuali, chi ha agito con ricorso non vede pregiudicata la propria azione, purché tale atto sia stato depositato in cancelleria nei termini indicati dal succitato art. 1137 c.c Il fatto che la citazione sia la forma giusta, si legge nella sentenza in esame, lo si può dedurre, ad adiuvandum , anche dalla nuova formulazione dell’art. 1137 c.c. dalla quale è espunto il termine ricorso. Nelle prime pronunce dei giudici di merito intervenute sull’argomento dopo l’entrata in vigore della l. n. 220/2012 la riforma del condominio , si afferma che non si può più fare uso dell’atto di ricorso e l’azione così proposta dev’essere considerata improcedibile cfr. Trib. Cremona n. 37/2014 . La CTU può essere utilizzata come fonte di prova se contiene valutazioni tecniche altrimenti non acquisibili. Secondo il condominio ricorrente in Cassazione, i giudici di secondo grado, nella sentenza impugnata, avevano aderito acriticamente alla consulenza tecnica d’ufficio, con ciò contravvenendo a quelle disposizioni che non considerano la CTU una fonte di prova, quanto piuttosto uno strumento di valutazione dei fatti tecnici d’ausilio al giudice nelle sue decisioni. È vero, dicono gli Ermellini con la sentenza n. 6295, in linea di principio la CTU non può essere considerata fonte di prova. Tuttavia, si legge in sentenza, la c.t.u. può costituire fonte oggettiva di prova quando si risolva nell’accertamento di situazioni rilevabili solo con l’ausilio di specifiche cognizioni o strumentazioni tecniche . Le innovazioni vietate rendono la deliberazione nulla. L’installazione di un ascensore è pacificamente considerata un’innovazione. Le innovazioni, afferma l’art. 1120 c.c., non possono comprimere il diritto, anche di uno solo dei condòmini, sulle parti comuni. Chiaramente tale divieto si estende anche all’uso della proprietà esclusiva. Si parla di nullità – in sentenza non v’è traccia di questa presa di posizione – perché una simile decisione incide sui diritti dei singoli sulle cose comuni e/o di proprietà esclusiva cfr. in tal senso Cass. SS.UU. n. 4806/2005 . Nel caso di specie, hanno evidenziato i giudici d’appello, l’installazione dell’ascensore avrebbe compromesso l’utilizzazione dell’unità immobiliare dei condòmini del piano terreno, in quanto ne avrebbe sacrificato le modalità d’accesso. Il condominio si opponeva a questa decisione affermando, tra le altre cose, che questa valutazione non poteva essere fatta senza considerare l’abusiva destinazione del cespite delle parti in causa. Come dire se si è trasformata la destinazione d’uso in modo illegittimo – nel caso di specie deposito abusivamente trasformato in laboratorio – tale circostanza deve incidere sulla valutazione della limitazione del diritto del singolo. La Cassazione ha rigettato anche sul punto il ricorso del condominio la compressione del diritto del singolo – affermano i giudici – è cosa diversa dalla violazione delle normative urbanistiche e la sua valutazione resta autonoma ed indipendente da quest’ultima. Rispetto a tale ultima statuizione, ad avviso di chi scrive, dev’essere svolta una considerazione. Il principio può essere considerato corretto se in astratto la limitazione del diritto del singolo è tale da rendere l’innovazione illegittima in relazione a qualunque utilizzazione attuale e potenziale dell’unità immobiliare. L’uso attuale illegittimo e comunque insanabile es. per disposizioni regolamentari non può non essere considerato nella valutazione della legittimità dell’opera innovativa. La stessa considerazione viene fatta, su piani differenti, rispetto al decoro dell’edificio. In questo caso, infatti, si afferma che la valutazione dev’essere svolta sempre nel contesto in cui s’inserisce, sicché un fatto astrattamente lesivo del decoro non è tale se sull’immobile sussistono già precedenti alterazioni cfr. in tal senso Cass. n. 14992/2012 .

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 27 gennaio – 27 marzo 2015, numero 6295 Presidente Piccialli – Relatore Bursese Svolgimento del processo 1 - Con citazione notificata in data 5.5.2002 C.M.R. , evocava in giudizio il Condominio via omissis , impugnando la delibera assembleare in data 5.4.2002 avente ad oggetto l'incarico per il progetto d'installazione dell'ascensore del fabbricato, in quanto lo stesso doveva essere realizzato proprio davanti all'ingresso del terraneo di sua proprietà, per cui ne veniva pregiudicato irrimediabilmente l'uso e limitato il godimento. Si costituiva in giudizio il Condominio, eccependo la nullità della domanda per non essere stata introdotta con ricorso ma con citazione e la carenza di interesse ad agire dell'attrice avendo la medesima alienato l'immobile ad altre persone nel merito deduceva che l'ascensore non era stato ancora deliberato ma che comunque lo stesso non avrebbe recato alcun pregiudizio all'immobile in questione. Successivamente intervenivano volontariamente in giudizio P.A. e L.R. , acquirenti dell'unità immobiliare stessa, aderendo a tutte le domande dell'attrice. Nelle more del giudizio, le predette P.A. e L.R. , con atto di citazione del 16.4.2003 convenivano in giudizio lo stesso condominio, chiedendo dichiararsi nulla e quindi improduttiva di effetti giuridici, la deliberazione condominiale del 20.3.2003 con la quale era stata approvata l'installazione dell'ascensore in discorso, che doveva essere realizzato proprio davanti all'ingresso del loro appartamento, limitandone quindi l'uso e il godimento. Anche in questa causa si costituiva il condominio convenuto, contestando la domanda avversa. Le due cause venivano quindi riunite previo espletamento della C.T.U. l'adito Tribunale di Napoli con sentenza numero 4782/07, rigettava le domande dichiarando inammissibili le opposizioni avverso le delibere assembleari, in quanto proposte con citazione, oltre il termine decadenziale di cui all'art. 1137 c.c 2 - Avverso tale sentenza preponevano appello le attrici chiedendone la riforma in forza delle censure proposte. L'adita Corte d'Appello di Napoli con sentenza numero 1098/2009 depositata in data 27.3.2009, in accoglimento della proposta impugnazione, previa declaratoria d'ammissibilità delle domande proposte dalle attrici, dichiarava l'invalidità delle due impugnate delibere condominiali aventi ad oggetto rispettivamente la progettazione e l'installazione dell'impianto di ascensore , in quanto lesive dei diritti singolari delle attrici e interventrici. 3 - La corte partenopea riteneva entrambi i ricorsi ammissibili e tempestivi pur essendo stati proposti con citazione anziché con ricorso, in quanto la notifica dell'atto di citazione entro il 30^ giorno era equipollente al deposito del ricorso in cancelleria stabiliva poi che l'installazione dell'ascensore avrebbe potuto comportare una limitazione al diritto singolare alla proprietà esclusiva delle attrici del locale in questione, le quali pertanto avevano diritto a pretendere che l'impianto non fosse installato davanti al proprio terraneo, in quanto ne avrebbe limitato l'accesso, la visibilità, l'ariosità nonché il suo l'utilizzo. 4 - Per la cassazione di tale sentenza ricorre il Condominio omissis , sulla base di 4 motivi illustrati da memoria P.A. e L.R. , resistono con controricorso la C. è rimasta intimata. Motivi delle decisione 1- In via preliminare occorre esaminare l'eccezione d'inammissibilità del ricorso per cassazione per tardività della notifica ex artt. 325 e 326 c.p.c., sollevata dalle controricorrenti, in relazione al fatto che lo stesso ricorso è stato notificato al procuratore costituito con plichi raccomandati spediti ai sensi della legge numero 53 del 1994 dal procuratore del ricorrente in data 29 giugno 2009 ricevuti dal procuratore delle odierne intimate in data 2.7.2009 e quindi oltre il termine di gg. 60. Invero al riguardo non rileverebbe la pronuncia della Corte Costituzionale numero 477/2002, per cui non può applicarsi alle notifiche effettuate in proprio dall'avvocato ex art. 3 legge numero 53/94 il c.d. meccanismo anticipatorio del momento perfezionativo della notifica alla consegna del plico all'Ufficiale giudiziario notificante. L'eccezione non è fondata, in quanto ai fini del perfezionamento della notifica rileva proprio tale ultima data e non quella dell'effettiva ricezione del plico raccomandato da parte del destinatario. Dunque il ricorso risulta notificato entro il termine di gg. 60 dalla notifica della sentenza d'appello al procuratore costituito, che scadeva appunto il giorno 29.6.2009, data in cui risulta l'inoltro del plico all'Ufficio postale per la notifica, ai sensi della citata legge numero 53/94 da parte del procuratore del ricorrente. La giurisprudenza di questa S.C. ritiene infatti che il principio della scissione degli effetti della notificazione per il notificante ed il destinatario, previsto dall'art. 149 c.p.comma è applicabile anche alla notificazione effettuata dall'avvocato, munito della procura alle liti e dell'autorizzazione del consiglio dell'ordine cui è iscritto, a norma dell'art. 1 della legge 21 gennaio 1994, numero 53. Pertanto per stabilire la tempestività o la tardività della notifica, rileva unicamente la data di consegna del plico all'agente postale incaricato del recapito secondo le modalità stabilite dalla legge 20 novembre 1982, numero 890. Cass. Sez. 3, Sentenza numero 15234 del 03/07/2014 . Più precisamente, si sono così espresse le S.U. In tema di notificazione, per effetto della sentenza della Corte Costituzionale numero 477 del 2002 - dichiarativa della sentenza della illegittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 149 cod. procomma civ. e dell'art. 4, comma terzo, della legge numero 890 del 1982, nella parte in cui prevede che la notificazione di atti a mezzo posta si perfeziona, per il notificante, alla data di ricezione dell'atto da parte del destinatario anziché a quella, antecedente di consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario - deve ritenersi operante nell'ordinamento vigente un principio generale secondo il quale, qualunque sia la modalità di trasmissione, la notifica di un atto processuale, almeno quando debba compiersi entro un determinato termine, si intende perfezionata, dal lato del richiedente, al momento dell'affidamento dell'atto all'ufficiale giudiziario, che funge da tramite necessario del notificante nel relativo procedimento Cass. Sez. U, Sentenza numero 13970 del 26/07/2004 . 2 - Ugualmente appare infondata l'ulteriore eccezione preliminare circa la tardività del controricorso, atteso che la notifica del ricorso per cassazione deve ritenersi avvenuto - richiamate le considerazioni di cui sopra - in data 2.7.2009, mentre il controricorso è stato notificato in data 25.9.2009, quindi nei termini di legge, tenuto conto dei giorni di sospensione del periodo feriale. 3 - Passando all'esame del ricorso per cassazione, si rileva che con il 1 motivo il Condominio denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1109, 1120, 1121, 1137 c.c. L. 13/89, nonché il vizio di motivazione. Premesso che la delibera assembleare impugnata era annullabile e non nulla, la sua l'impugnazione ex art. 1137 c.comma doveva essere eseguita con ricorso e non con citazione e comunque, in questo caso, la citazione dev'essere non solo notificata, ma anche iscritta a ruolo nei trenta giorni dalla conoscenza e/o comunicazione della delibera impugnata. La doglianza non ha pregio. La questione è stata risolta dalle S.U. Cass. S.U. numero 8491 del 14.04.2011 secondo cui le impugnazioni delle delibere assembleari, in applicazione della regola generale dettata dall'art. 163 c.p.c., vanno proposto con citazione, non disciplinando l'art. 1137 c.comma la forma di tali impugnazioni. Può essere significativo peraltro notare che il testo novellato dell'art. 1137 c.comma art. 15 L. numero 220 del 2012 , non contiene più il termine ricorso” di cui al testo originario che era all'origine della problematica in esame. 4 - Con il 2^ motivo del ricorso, l'esponente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. artt. 803, 907, 1102, 1120, 1121, 1136, 1137 c.c. artt. 2 e 3 della L. numero 13/1989 artt. 101,115,116,1191 e ss. c.p.comma 62, 64, 65 norme attuazione al PRG di Napoli Regolamento del Comune di Napoli per la fognatura degli edifici privati art. 24 Cost. nonché vizi di motivazione. La doglianza - che contiene presunte violazioni di legittimità riguardanti asserite nullità nell'espletamento della c.t.u. da parte dell'ausiliare per mancato avviso al c.t.p. di talune operazioni esame documentazione urbanistica e norme urbanistiche locali oltre ad imprecisati vizi di motivazione - è inammissibile perché priva del quesito di diritto oltre che dell'indicazione del fatto controverso ex art. 366 bis c.p.comma applicabile ratione temporis . 5 - Con il 3 motivo del ricorso, l'esponente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. artt. 803, 907, 1102, 1120, 1121, 1136 c.c. degli artt. 101, 115, 116, c.p.comma 62, 64, 65 norme attuazione al PRG di Napoli Regolamento del Comune di Napoli per la fognatura degli edifici privati nonché vizi di motivazione. Evidenzia pretesi i vizi della CTU e l'insufficienza delle indagini espletate in sostanza sostiene che non era possibile collocare l'ascensore in altro luogo, per esempio all'esterno dell'edificio, perché ciò non sarebbe stato consentito dalle normativa urbanistica del comune di Napoli dall'esame delle norme urbanistiche si ricaverebbe infatti che il posizionamento dell'ascensore nel cortile coperto costituiva l'unica sistemazione possibile dell'ascensore e quindi non vi era alcuna diversa alternativa. Peraltro il CTU pur prendendo atto delle presenza nel cortile di sottoservizi tombino, pluviali ecc, che avrebbero potuto ostare all'installazione dell'impianto , ha però contraddittoriamente concluso che L'impianto ascensore poteva essere collocato nel cortile d'indagine ed approfondimento di eventuali sottoservizi che possano impedire la realizzazione dello scavo necessario per l'installazione dello stesso . A corredo del motivo vengono indicati i seguenti quesiti A Se possa considerarsi valida ai fini degli accertamenti demandati dal Giudice la relazione di c.t.u. redatta dal c.t. che nonostante la chiusura delle operazioni, abbia effettuato ulteriori indagini peritali senza convocare le parti e per esse i rispettivi c.t.p. e senza consentire il relativo contraddittorio e la proposizione di osservazioni tecniche concernenti le operazioni autonomamente effettuate dal c.t.u. . B Se le indagini del c.t.u. concernenti la fattibilità delle opere in applicazione della legge 13/89 devono estendersi anche all'accertamento della sussistenza di una diversa alternativa a quella deliberata dal Condominio sulla base di preventivi accertamenti e progetto esecutivo di qualificato tecnico, atteso che si ipotizza dalla c.t.u. e dalla sentenza impugnata, la possibilità di tale alternativa, senza il relativo accertamento di fattibilità escluso dalla relazione del tecnico di parte, allegata alla c.t.u. . C Quando nel corso di una C.T.U. si riconosca necessario effettuare ulteriori e più approfondite indagini per la realizzazione in siti alternativi di opere che si riconoscono, in uno dei siti ipotizzati, in contrasto con la legislazione comunale che ne vieta la realizzazione, se sia legittimo comunque sostenerne dal c.t.u. la fattibilità in alternativa all'altro sito nel quale tali limitazioni derivanti dalla normativa comunale non sussistono . 5.1 - Le doglianza, nelle sue varie articolazioni, non appare fondata. Quanto ai presunti vizi della c.t.u. si rileva che l'omesso avviso d'inizio delle operazioni del consulente art. 91 disp. att. c.p.c. configurerebbe un caso di nullità relativa, che dev'essere rilevata tempestivamente nella prima istanza o difesa utile successiva al deposito della relazione del CTU ex art. 157 c.p.comma Cass. 3, Sentenza numero 746 del 14/01/2011 in caso contrario si opererebbe la sanatoria della predetta nullità. Peraltro nella fattispecie tale mancato avviso neppure meglio precisato non avrebbe prodotto alcuna nullità ove le parti tramite i loro c.t.p. fossero state messe comunque a conoscenza dell'operazione in modo da esercitare ugualmente la propria attività difensiva. D'altra parte va ricordato che rientra nel potere del consulente tecnico d'ufficio attingere aliunde notizie e dati, non rilevabili dagli atti processuali e concernenti fatti e situazioni formanti oggetto del suo accertamento, quando ciò sia necessario per espletare convenientemente il compito affidatogli. Dette indagini, quando ne siano indicate le fonti in modo che le parti siano messe in grado di effettuarne il dovuto controllo, possono concorrere alla formazione del convincimento del giudice Cass. Sentenza numero 13428 del 08/06/2007 . Per quanto riguarda le altre problematiche sollevate dal Condominio con la doglianza in esame circa la scelta del sito dell'impianto dell'ascensore e la conformità di esso alle normativa urbanistica o comunale ecc. si tratta chiaramente di questioni di merito, che attengono alla valutazione delle prove da parte del giudice, che come tali sono inammissibili nel giudizio di legittimità, anche se le stesse non sono conformi alle aspettative della parte. A proposito dell'adesione del giudice alla consulenza tecnica, si osserva che in genere la stessa non è mezzo di prova bensì uno strumento di valutazione dei fatti già probatoriamente acquisiti, per cui la c.t.u. può costituire fonte oggettiva di prova quando si risolva nell'accertamento di situazioni rilevabili solo con l'ausilio di specifiche cognizioni o strumentazioni tecniche. Ne consegue che il giudice può aderire alle conclusioni dell’ausiliare senza essere tenuto a motivare l'adesione, salvo che dette conclusioni non fossero state oggetto di specifiche censure Cass. sentenza numero 1149 del 19/01/2011 . 6. Con il 4 motivo l'esponente deduce le stesse violazioni di cui ai motivi precedenti con l'aggiunta degli artt. 1102, 1122 e 1137 c.comma oltre ai vizi di motivazione. Sottolinea che l'unità immobiliare di cui trattasi altro non è che un deposito abusivamente trasformato in un laboratorio, con appropriazione di parte del suolo condominale essendo stata creata una scaletta con 4 gradini per l'accesso al vano. Quindi era improprio il richiamo alle distanze legali ed agli eventuali disagi che deriverebbero a seguito dell'installazione dell'ascensore. A corredo del motivo sono posti i seguenti quesiti di diritto A Possono ipotizzarsi impedimenti all'attuazione di un impianto ex legge 13/89 oltre quelle già previste dalla detta normativa . B Può costituire impedimento la distanza di un impianto ex legge 13/89 da opere abusive effettuate sul suolo condominiale di un cortile interno soggette a possibile eliminazione da parte del condominio perché realizzate senza autorizzazione e con appropriazione di spazio condominiale nella specie creazione di scalini ed abbassamento del livello di un deposito in sottofondazione con conseguente abbassamento della porta di caposcala e riduzione dello spazio sul paino di calpestio ? C Ai fini della valutazione dell'eventuale disagio - in seguito alla realizzazione di un impianto di ascensore ai sensi della legge 13/89 - possono essere mai prese in esame opere eseguite illegittimamente ed abusivamente su spazi condominiali, e che hanno determinato limitazioni nell'uso degli stessi ai restanti condomini ? 6.1. - Anche tale doglianza non ha pregio. In effetti la vera ratio decidendi è costituita dal fatto che secondo la Corte territoriale l'installazione dell'impianto de quo implica una grave lesione alla proprietà esclusiva dei condomini grave limitazione del'utilizzo del cespite limitando in modo considerevole l'uso ed il godimento del loro immobile, riconoscendo agli appellati il diritto a pretendere che l'impianto non sia installato davanti al proprio terraneo in modo limitativo dell'accesso, della visibilità, dell'ariosità e dell'utilizzo . In relazione a ciò non sembra avere rilievo la regolarità o conformità della porzione immobiliare rispetto ad altra, diversa normativa - quale quella urbanistica o amministrativa - la cui inosservanza può avere altre e diverse conseguenze in altre sedi. Il ricorso dev'essere dunque rigettato. Le spese processuali sono poste a carico del ricorrente ex art. 91 c.p.c P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 2.500,00 per compenso e Euro 200,00 per spese, oltre spese forfettarie.