Prescrizione quinquennale per il risarcimento da infiltrazioni

In tema di infiltrazioni in appartamento sito in condominio e quindi di responsabilità extracontrattuale, l’inosservanza del termine per la produzione delle prove documentali rende inammissibile la produzione, in sede di gravame, di documenti, quindi qualificabili, nuovi così, tali atti, anche se interruttivi della prescrizione del diritto, non sono utilizzabili se prodotti soltanto in secondo grado.

E’, quindi, legittima, e va confermata, la sentenza di merito con cui, accertati la produzione in appello della relazione asseverata di accertamento tecnico preventivo e del precedente atto di citazione nonché la mancata deduzione della non imputabilità dell’omissione della previa produzione, venga negato il risarcimento del danno da infiltrazioni. Il principio si argomenta dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 6177, depositata il 26 marzo 2015. Il caso. I proprietari di un appartamento, ubicato in un condominio, invaso da infiltrazioni d’acqua provenienti dall’immobile sovrastante, agivano, dopo sette anni e tre mesi dalle stesse infiltrazioni ed invano, per il risarcimento-danni, accennando mediante comparsa conclusionale alla relazione asseverata di accertamento tecnico preventivo ottenuta, dieci mesi dopo l’evento, dal precedente proprietario-loro dante causa nonché all’atto di citazione dagli stessi notificato dopo quattro anni ed otto mesi da tale relazione tecnica ed al relativo atto di riassunzione, notificato dopo circa un mese, cui non era seguita l’iscrizione a ruolo della causa. Così, ricorrevano in secondo grado, producendo tali atti, ma senza successo. Il danno tra accertamento, decadenza e prescrizione i documenti nuovi” e la non imputabilità. In primis , vanno richiamati gli artt. 832, 844, 1117, 1130 e 2947 c.c. 183, 184, 345 e 359 c.p.c. nonché la l. n. 353/1990. All’uopo, necessita focalizzare sul concetto di proprietà, superficie, illecito, danno, responsabilità, risarcimento, decadenza e prescrizione. Sotto il profilo formale-procedurale, va ricordato che si verifica la decadenza, peraltro rilevabile d’ufficio, sui mezzi di prova non articolati in primo grado e la relativa preclusione istruttoria in sede d’appello Cass. n. 3319/2010 e 24606/2006 . La decadenza si verifica, cioè, direttamente in primo grado ed, in via riflessa, in appello, a prescindere dalla richiesta di parte della formulazione di un’istanza o della produzione di un documento per cui la stessa parte non abbia ottemperato nei termini. Segnatamente, sono inammissibili i mezzi di prova nuovi, intendendo per tali quelli la cui ammissione non sia stata richiesta in precedenza e non vi è differenza tra prove pre-costituite e prove costituende tale termine procedimentale non è, peraltro, sanabile in caso di mancata eccezione in sede di discussione dinanzi al Collegio ed è perentorio e, quindi, improrogabile , salvi la prova dell’impossibilità della produzione per cause non imputabili ovvero il convincimento del magistrato sull’indispensabilità dei mezzi ai fini della decisione Cass. SS.UU. n. 8203/2005 . La rimessione in termini è, infatti, possibile soltanto su istanza di parte e sulla base della dimostrazione della non imputabilità del comportamento processuale-fonte di decadenza e di futura” prescrizione . De iure condito , deve trattarsi di documenti nuovi non richiesti in precedenza e per cui non si sia verificata la decadenza. Sul piano sostanziale, è da sottolineare che il previo accertamento tecnico, anche se asseverato, possiede valore potenziale” ai fini del risarcimento del danno e della relativa riconoscibilità e non estinguibilità del diritto sostanziale ma produce effetti giuridici esclusivamente se prodotto, e non meramente introdotto”, in via endo-processuale. Rebus sic stantibus , la previsione ex lege del diritto ad hoc comprende la facoltà di esercizio dello stesso fino, quindi, alla possibilità della sua estinzione in tal senso, l’omissione in sede procedimentale di primo grado, derivante da azione disponibile” ex lege e da una differente scelta volontaria, assimilabile quindi a rinuncia, prevale, con valore di giudicato, sul diritto civilistico alla riparazione del danno effettivamente subìto ed accertato, nascondendolo” e cancellandolo. La decadenza dall’azione processuale ad hoc determina la prescrizione del diritto sostanziale. In ambito di diritti reali, il mero accenno, in comparsa conclusionale, alla relazione tecnica asseverata nonché ad altri atti di natura processuale, anche se favorevoli” al danneggiato, è irrilevante ai fini del la concessione” del diritto al risarcimento del nocumento aquiliano che, quindi, per causa esclusivamente riconducibile alla condotta omissiva del medesimo danneggiato-ricorrente, cade in prescrizione Corte d’appello di Bari n. 276/2009 e Tribunale di Lucera n. 31/2002 , rimanendo così privo di copertura . Ergo, il ricorso va rigettato.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 13 gennaio – 26 marzo 2015, n. 6177 Presidente/Relatore Bursese Svolgimento del processo 1 - Con atto di citazione notificato in data 21.1.1997, M.L. , E. , R. , P.A. e Z.M. V., deducevano che nel mese di settembre del 1989, l'appartamento di loro proprietà sito in omissis , facente parte del condominio omissis , era stato invaso da infiltrazioni d'acqua provenienti dall'appartamento sovrastante.di proprietà di G.F. aggiungevano che il precedente proprietario, loro dante causa, tale M.A. , ai fini dell'accertamento dei danni conseguenti alle infiltrazioni, aveva a suo tempo chiesto ed ottenuto un accertamento tecnico preventivo, con deposito ed asseveramene della relazione in data 10.7.1990 tutto ciò premesso gli attori convenivano in giudizio avanti la Pretura di Lucera - sezione distaccata di Rodi Garganico, il menzionato G.F. e ne chiedevano la condanna al pagamento della somma di lire 10.755.000, a titolo di risarcimento dei danni in questione. 2 - Il convenuto si costituiva eccependo il difetto di legittimazione attiva e in specie l'avvenuta prescrizione del diritto azionato, chiedendo nel merito il rigetto della domanda si disponeva la chiamata in causa della comproprietaria dell'immobile Ga.Pr. , coniuge del G. . 3- Il Tribunale di Lucera - al quale la causa era pervenuta a seguito della soppressione degli Uffici delle Preture - con sentenza n. 31/2002, rigettava la domanda, accogliendo l'eccezione di avvenuta prescrizione del diritto di risarcimento del danno, atteso che il fatto era avvenuto nel 1989 mentre la citazione introduttiva era stata notificata nel 1997, atteso che ai sensi dell'art. 2947 c.c. tale diritto si prescriveva in cinque anni dal giorno in cui il fatto si era verificato nella fattispecie, poi l'unico atto interruttivo della prescrizione, costituito dal menzionato A.T.P. risaliva al 1990, e quindi a partire da tale data la prescrizione del diritto azionato si era verificata nel 1997. 4 - Avverso la sentenza proponevano appello i M. - Z. contestando che fosse maturata la prescrizione del diritto, rilevando che essi appellanti, già con precedente atto di citazione notificato il 31.3.1995 e con successivo atto di riassunzione notif. il 10.5.1995, che producevano in appello, avevano richiesto al G. il risarcimento dei danni, anche se non avevano proceduto all'iscrizione a ruolo la causa. 5 - L'adita Corte d'Appello di Bari, con sentenza n. 276/09 depositato in data 20.3.2009, rigettava l'appello, condannando gli appellanti alle spese del grado. Il giudice distrettuale riteneva inammissibile la produzione da parte degli appellanti, con l'atto d'appello, del ricordato atto di citazione notificato il 31.3.1995 e del successivo atto di riassunzione notif. il 10.5.1995, al fine di provare l'avvenuta interruzione della prescrizione. Osservava la corte territoriale che gli attori nel giudizio di primo grado, non avevano nemmeno dichiarato l'esistenza di tali atti, facendone cenno per la prima volta solo in comparsa conclusionale, lasciando così decorrere i termini di cui agli artt. 183 e 184 c.p.c., senza articolare mezzi di prova, né produrre i documenti in parola. Invero, essendosi verificata la decadenza di cui all'art. 184 c.p.c. era preclusa in appello la produzione dei nuovi documenti di cui disponeva lo stralcio , che esulavano del tutto dal quadro delle risultanze istruttorie acquisite e dei quali gli appellanti non avevano dedotta l'impossibilità di precedente produzione per causa ad essi non imputabile. 6 - Per la cassazione di tale sentenza ricorrono Z.M.V. e M.R. sulla base di 3 mezzi gli intimati G. e Ga. non hanno svolto difese. Motivi delle decisione 1- Con il 1 motivo le ricorrenti, denunziando la violazione dell'art. 345 c.p.c., deducono che la corte territoriale non ha tenuto conto che i documenti prodotti in appello, costituendo prova precostituita per cui essi potevano essere prodotti in appello, anche per la prima volta. Al riguardo si richiamava una decisione della S.C. Cass. 13738/2005 e si formulava il seguente quesito di diritto Indichi l'Ecc. ma C.S. se l'art. 345 al 3 comma c.p.c., laddove ritiene inammissibili in via generale i nuovi mezzi di prova in appello, si riferisca solo alle prove cd. costituende mezzi di prova , oppure anche alle prove documentali cd. precostituite come ritenuto nell'impugnata sentenza . 2 - Con il 2 motivo, le ricorrenti, denunziando la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 345-184-359 c.p.c., censurano la sentenza impugnata per avere la Corte territoriale ritenuto inammissibili i documenti prodotti nel giudizio di secondo grado non tenendo conto che trattasi di prova nuova indispensabile ai fini della decisione e come tale ammissibile ai sensi dell'art. 345 comma 3 c.p.c Le esponenti insistono che si tratta di prova nuova indispensabile ai fini del decidere e quindi ammissibile ex art. 345,3 co. c.p.c., rilevando peraltro che non c'è alcuna relazione con la decadenza ex art. 184 c.p.c. nel testo vigente ratione temporis in quanto tale norma si riferisce ed è applicabile al solo giudizio di primo grado e non anche a quello d'appello. 3 - Con il 3 motivo l’esponente denuncia vizio di motivazione circa un fatto controverso. Si riferisce alla circostanza per cui la corte territoriale avrebbe fatto erroneo riferimento alla decadenza dalla prova documentale che si sarebbe verificata con riferimento agli artt. 183 e 184 c.p.c., per mancata deduzione nei termini ivi previsti. La Corte non avrebbe considerato che la mancata precedente deduzione e produzione documentale, pur se concessi in termini di cui agli artt. 183-184 c.p.c., non può intendersi quale comportamento che implica decadenza, comportamento che è invece da identificare allorquando la parte assuma o chieda la formulazione di un'istanza o produzione di un documento e poi, nei termini non vi ottemperi . 4- I suesposti motivi - congiuntamente trattati in quanto strettamente connessi - non hanno pregio. Invero le S.U. di questa S.C. hanno precisato, con riguardo alla produzione di nuovi documenti in grado di appello, che l'art. 345, terzo comma, c.p.c. va interpretato nel senso che esso fissa sul piano generale il principio della inammissibilità di mezzi di prova nuovi - la cui ammissione, cioè, non sia stata richiesta in precedenza - e, quindi, anche delle produzioni documentali, indicando nello stesso tempo i limiti di tale regola, con il porre in via alternativa i requisiti che tali documenti, al pari degli altri mezzi di prova, devono presentare per poter trovare ingresso in sede di gravame . requisiti consistenti nella dimostrazione che le parti non abbiano potuto proporli prima per causa ad esse non imputabile, ovvero nel convincimento del giudice della indispensabilità degli stessi per la decisione . Cass. Sez. U, Sentenza n. 8203 del 20/04/2005 . La S.C. ha altresì stabilito - con riferimento al requisito della cd. indispensabilità del documento - che, nei giudizi instaurati dopo il 30 aprile 1995, non trova più applicazione il principio secondo cui l'inosservanza del termine per la produzione di documenti deve ritenersi sanata qualora la controparte non abbia sollevato la relativa eccezione in sede di discussione della causa dinanzi al collegio l'art. 184 c.p.c., nel testo novellato dalla legge 26 novembre 1990, n. 353, non si limita infatti a prevedere l'eventuale assegnazione alle parti di un termine entro cui dedurre prove e produrre documenti, ma stabilisce espressamente il carattere perentorio di detto termine, in tal modo sottraendolo alla disponibilità delle parti stante il disposto dell'art. 153 c.p.c. , come del resto implicitamente confermato anche dal successivo art. 184-bis, che ammette la rimessione in termini, ma solo ad istanza della parte interessata ed a condizione che questa dimostri di essere incorsa nella decadenza per una causa ad essa non imputabile. Pertanto, nel giudizio di appello l'eventuale indispensabilità dei documenti, in tanto può essere valutata dal giudice, in quanto si tratti di documenti nuovi, nel senso che la loro ammissione non sia stata richiesta in precedenza, e che comunque non si sia verificata la decadenza di cui all'art. 184 c.p.c., la quale è rilevabile d'ufficio, in quanto sottratta alla disponibilità delle parti Cass. Sez. 5, Sentenza n. 24606 del 20/11/2006 Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 3319 del 12/02/2010 . Nella fattispecie in esame è pacifico che la parte non avesse chiesto nel giudizio i di primo grado termine ex art. 184 c.p.c. per il deposito dei documenti di cui trattasi, pur potendolo fare, non sussistendovi alcun impedimento ciò significa che gli stessi documenti non potevano più essere prodotti, neanche nel giudizio di appello, in conformità con la giurisprudenza come sopra richiamata. Il ricorso dev'essere dunque rigettato. Le spese processuali non vanno liquidate non avendo gli intimati svolto attività difensiva. P.Q.M. rigetta il ricorso.