La nullità della delibera condominiale non scalfisce i diritti acquisiti dai terzi in buona fede

In tema di condominio negli edifici, i terzi in buona fede che hanno acquisito diritti in seguito ad una deliberazione assembleare non vedono scalfita la situazione giuridica derivante da quel rapporto se, successivamente, la deliberazione è stata invalidata dall’Autorità Giudiziaria.

Così, in sintesi, s’è espressa la Cassazione con la sentenza n. 16695 depositata in cancelleria lo scorso 22 luglio. La pronuncia merita attenzione perché pone nuovamente l’attenzione sull’applicabilità al condominio dell’art. 2377 c.c. dettato in materia di invalidità delle delibere delle società per azioni con particolare riferimento ad un aspetto, ossia alla sorte dei diritti acquisiti da terzi in buona fede sulla base di una deliberazione poi dichiarata nulla. Un fatto tutt’altro che secondario che rammenta come le decisioni assunte in assemblea, anche se invalide, siano in grado di creare rapporti giuridici che a determinate condizioni resistono dell’esito del giudizio d’impugnazione. Il caso . Lo spunto per la sentenza viene offerto da un giudizio di opposizione all’esecuzione. Alcuni condomini, vistisi notificare un atto di precetto da un creditore del condominio, proponevano opposizione ex art. 615 c.p.c. Tra le varie doglianze ve n’era una sulla quale gli opponenti hanno puntato con particolare attenzione, tanto da portare la questione fin davanti ai giudici di piazza Cavour. Il creditore del condominio, nella specie un architetto che aveva eseguito degli interventi di manutenzione, non poteva essere più considerato tale. S’era vero, dicevano i condomini, che la posizione creditoria era nata a seguito di ratifica dell’operato dell’amministratore affidamento di lavori di straordinaria manutenzione ritenuti urgenti, cfr. art. 1135, comma 2, c.c. , era altrettanto inconfutabile che la deliberazione di ratifica dell’operato del mandatario era stata successivamente dichiarata nulla con sentenza passata in giudicato. Insomma, secondo i condomini il credito non poteva essere azionato contro il condominio e men che meno contro di loro. Tanto in primo quanto in secondo grado, però, questa doglianza al pari delle altre veniva respinta. Da qui il ricorso per cassazione. La buona fede del terzo rende irrilevante il provvedimento di invalidazione della delibera . Supponiamo che l’assemblea condominiale deliberi, illegittimamente, l’affidamento di lavori di manutenzione ad un’impresa. Supponiamo che l’amministratore affidi l’incarico, firmando il contratto, e che solo successivamente uno dei condomini si faccia avanti impugnando quella decisione assembleare e che al termine di quel giudizio la decisione assembleare fosse invalidata. Quale sarebbe la sorte di quel rapporto giuridico condominio-impresa che s’era andato a creare? Ai sensi dell’art. 2377, comma 7, c.c. – dettato in materia societaria, ma pacificamente applicabile per analogia anche in materia condominiale cfr. Cass. n. 2999/2010 – nel caso di invalidazione di una decisione assembleare sono salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione .Secondo i condomini il creditore del condominio non poteva essere considerato in buona fede sicché il diritto al pagamento non poteva dirsi esistente in virtù della dichiarazione di nullità della deliberazione. Gli Ermellini non si sono dimostrati concordi. Si legge in sentenza che in base al principio dell’apparenza desumibile dall’art. 2377 c.c., sono azionabili nei confronti del condominio e dei singoli condomini i diritti acquistati da terzi in buona fede in esecuzione di una delibera impugnata, anteriormente al suo annullamento . Nel caso di specie, ha chiosato la Corte, non era stata fornita prova dell’assenza di buona fede. In definitiva, è evidente che secondo la Cassazione rispetto ai crediti dei terzi nel caso di interventi ordinati dall’amministratore poi ratificati dall’assemblea, le impugnazioni che riguardano tali delibere hanno effetto solamente in casi ben circostanziati.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 28 maggio – 24 luglio 2014, numero 16695 Presidente Piccialli – Relatore Scalisi Svolgimento del processo M.D. , F.P. e G. con atto di citazione del 26 luglio 2000 convenivano in giudizio C.G. e il Condominio di via omissis in persona del suo amministratore pro tempore e M.G. amministratore dello stesso condominio nell'anno 1998 proponendo opposizione avverso l'atto di precetto loro notificato in quanto condomini con l'intimazione di pagamento della somma di L. 6.989.685 per un presunto credito vantato dal C. nei confronti del Condominio. Gli attori esponevano che il Tribunale di Palermo con sentenza dell'11 marzo 1998 aveva accertato e dichiarato la nullità della delibera condominiale del 16 novembre 1995 con la quale l'assemblea aveva ratificato l'operato dell'amministratore di eseguire lavori diretti dall'arch. C. , precisavano che il credito di quest'ultimo aveva avuto origine nel mandato conferitogli dal M. in virtù di una delibera nulla, eccepivano, altresì, la mancata notifica del titolo esecutivo da cui sarebbe sorto il credito del C. , la mancanza di elementi identificativi del credito nel precetto e comunque la responsabilità del Condominio. Chiedevano, pertanto, che venisse accertata la nullità della procedura esecutiva nei loro confronti e di essere, comunque, garantiti dal Condominio convenuto e dal M. . Si costituiva solo C. contestando l'ammissibilità e la fondatezza dell'opposizione. Il Tribunale di Palermo con sentenza dell'11 luglio del 2002 dichiarava che C.G. era carente di titolo esecutivo nei confronti degli opponenti in relazione all'obbligazione contratta dal Condominio e dichiarava nullo l'atto di precetto, condannava il C. alla refusione delle spese giudiziali. Avverso questa sentenza proponeva appello C.G. . Si costituivano M.D. , F.P. e G. contestando la fondatezza del gravame e proponendo appello incidentale, chiedendo che in caso di accoglimento dell'appello principale fossero condannati a pagare le somme dovute al C. , il rag. M. e il Condominio di via omissis . La Corte di Appello di Palermo con sentenza numero 118 del 2006 rigettava l'opposizione proposta da M.D. , F.P. e G. avverso l'atto di precetto notificato il 12 luglio 2000 e condannava gli opponenti alle spese processuali. Dichiarava inammissibile l'appello incidentale proposto dai M. e condannava questi ultimi alla rifusione in favore dell'appellante anche delle spese del giudizio di gravame. A sostegno di questa decisione,la Corte di Palermo osservava a che l'opposizione proposta dai M. era sussumibile nella previsione di cui all'art. 615 cpc, dato che era stata proposta opposizione a precetto, contestando sostanzialmente la validità ed efficacia del titolo esecutivo, mentre l'opposizione agli atti esecutivi riguardava la denuncia dell'esistenza di vizi formali del titolo esecutivo e del precetto, b che l'atto di precetto opposto trovava causa nell'ordinanza ex art. 186 quater cpc con la quale il Tribunale di Palermo in data 8 giugno 2000, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo condannava il Condominio di via OMISSIS a pagare a C.G. l'importo complessivo di cui al decreto ingiuntivo opposto pari a lire 10.747.426. Sennonché, in ordine alla validità ed efficacia del suddetto titolo non sono state formulate obiezioni discutendosi, invece, nella sentenza impugnata della delibera assembleare del 16 novembre 1995. c Tuttavia, chiariva la Corte palermitana seppure alla delibera dell'assemblea del condominio del 16 novembre 1995 fosse stata dichiarata nulla con la richiamata sentenza passata in giudicato con successiva delibera del 20 febbraio 1996 non impugnata, la medesima assemblea condominiale ebbe a ratificare l'operato dell'Amministratore in ordine ai lavori di manutenzione straordinaria di cui si discute, riconoscendo l'urgenza e la improrogabilità, d Osservava ancora la Corte di Palermo che quando l'amministratore abbia assunto obbligazioni in nome e per conto del condominio, tali obbligazioni sono riferibili ai condomini e con riferimento ad esse la sentenza di condanna dell'amministratore è eseguibile, anche contro i condomini. La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da M.D. , F.P. e G. con atto di ricorso affidato a due motivi, illustrati con memoria. L'arch. C. , il Condominio di via omissis e il rag. M.G. , in questa fase non hanno svolto attività giudiziale. All'udienza del 13 novembre 2013 questa Corte disponeva la notifica de ricorso al Condominio di via omissis nel termine di 90 giorni e rinviava la causa a nuovo ruolo. In data 22 gennaio 2014, i sigg. M. provvedevano a notificare il ricorso al Condominio come sopra. Motivi della decisione 1.- Con il primo motivo M.D. , F. , P. e G. lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 333, 334, 345 e 346 cpc, in relazione all'art. 360 numero 3 cpc. Secondo i ricorrenti la Corte palermitana avrebbe errato nell'aver dichiarato inammissibile la domanda di manleva formulata dai M. per difetto di contraddittorio non essendo stato notificato l'atto di appello incidentale subordinato ai convenuti rimasti contumaci. In particolare, la Corte palermitana non ha tenuto conto che i M. erano risultati vittoriosi in primo grado, pertanto, essi avevano chiesto in via principale confermarsi la sentenza di primo grado ed in via subordinata, ed anche incidentalmente, avevano proposto domanda di manleva nei confronti del Condominio e dell'amministratore. Piuttosto, la Corte di Palermo ha erroneamente assoggettato le domande ed eccezioni riproposte in appello al regime processuale delle impugnazioni incidentali in luogo di quello dettato dall'art. 346 cpc. in stridente contrasto con il consolidato orientamento di codesta Corte di cassazione sent. N. 8973 del 2000, numero 11929 del 1998. b A sua volta i ricorrenti hanno ritenuto di offrire elementi di prova per evidenziare che la delibera su cui si sarebbe fondato il credito dell'arch. C. era stata dichiarata nulla e che contrariamente a quanto erroneamente affermato dalla Corte di Appello in motivazione il Condominio non ha mai provveduto a ratificare la delibera annullata e ciò al fine di consentire a questa Corte di esprimere una decisione di merito ai sensi dell'art. 384 cpc. 1.1.- Il motivo è infondato. È orientamento costante di questa Corte espresso in più occasioni Cass., nnumero 2292/95, 2671/89, 6633/87, 2760/79, 2384/69, e da ultimo Cass. numero 2061 del 04/02/2004 , non seguito solo da Cass. 5 luglio 2000, numero 8973, richiamata dallo stesso ricorrente, che non ha peraltro addotto specifici argomenti a sostegno di un'opzione diversa da quella da cui si è consapevolmente discostata che ogni volta in cui l'appellato miri all'accoglimento della propria domanda nei confronti del chiamato in garanzia per l'ipotesi in cui venga accolta la domanda principale proposta nei suoi confronti dall'attore rimasto soccombente in primo grado, non è sufficiente la riproposizione ex art. 346 cod. proc. civ. della domanda non esaminata dal primo giudice, ma deve essere proposto appello incidentale condizionato, giacché la richiesta dell'appellato non mira alla conferma della sentenza per ragioni diverse da quelle poste a fondamento della decisione, ma di quella decisione presuppone la riforma ed è volta ad una statuizione concernente un diverso rapporto, non dedotto in giudizio con l'appello principale. Per altro, quest'ultimo orientamento rispetto a quello richiamato dal ricorrente appare coerente con il principio dell'integrità del contraddittorio perché la mancata notifica dell'appello incidentale a parti non presenti in giudizio e, formalmente, non interessate all'appello principale potrebbero non avere conoscenza della presenza di una domanda che li riguarda ed essere, perciò, private, inconsapevolmente, del diritto a svolgere le loro, opportune, difese in contraddittorio. Pertanto, correttamente gli attuali ricorrenti avevano formulato appello incidentale come gli stessi evidenziano, ma l'appello incidentale, a cura degli appellanti in via incidentale, andava notificato ai garanti e cioè al Condominio e al rag. M. , per soddisfare la specifica finalità di garantire un paritario esercizio del diritto della difesa, nonché e/o soprattutto, di consentire alle parti interessate di prendere conoscenza dell'appello incidentale e di svolgere le rispettive difese. Ora, nel caso in esame la Corte territoriale ha accertato che l'appello incidentale subordinato, proposto da M.D. , F.P. e G. con il quale si chiedeva l'affermazione della responsabilità nella vicenda del M. e del Condominio e la loro condanna a pagare le somme dovute ed a sollevare gli appellati appellanti incidentali da qualsiasi onere, non era stato notificato alle parti interessate e, pertanto, non essendo stato instaurato il contraddittorio, l'appello incidentale non poteva che essere così come è stato, dichiarato inammissibile. 2- Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano l'insufficiente e/o omessa e/o erronea motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio e/o violazione dell'art. 2377 cc. in relazione all'art. 360 numero 5 e numero 3 cpc. Avrebbe errato la Corte di Palermo, secondo i ricorrenti, laddove ha ritenuto irrilevante la sentenza del Tribunale di Palermo rispetto alla procedura esecutiva promossa dal C. , dato che la nullità della ratifica della delibera dell'operato dell'amministratore che ha agito fuori dai propri poteri caduca la riferibilità dell'obbligazione al condominio ed, in particolare, l'azionabilità del titolo esecutivo nei confronti dei condomini. In particolare, ritengono i ricorrenti, gravemente insufficiente e/o omessa e/o erronea, sarebbe la motivazione della Corte di Palermo laddove ha ritenuto l'anteriorità dell'azione esecutiva del C. rispetto all'annullamento della delibera e aver ritenuto esistente la buona fede del professionista. Piuttosto, la Corte di Palermo erra poiché l'azione esecutiva è stata promossa dal C. , successivamente, all'annullamento della delibera il professionista,infatti ha agito contro M. , notificando l'atto di precetto il 12 luglio 2000 e l'atto di pignoramento il 26 luglio 2000. Il pignoramento, dunque, sarebbe successivo di oltre due anni rispetto alla sentenza di annullamento delle delibere assembleari. La Corte di Palermo a sua volta ometterebbe, sempre secondo i ricorrenti, di chiarire in che modo le chiare affermazioni contenute nella relazione del professionista non provino la sua mancanza di buona fede in ordine all'operato extralegem dell'amministratore e la chiara conoscenza delle ragioni legali ostative alla ratifica del precetto operato ed, altresì, le ragioni legali di dissenso e di terzietà dei M. rispetto ai lavori deliberati dal Condominio. Ciò posto, i ricorrenti formulano il seguente quesito di diritto Può da parte di un terzo che non sia in buona fede, successivamente, all'annullamento di una delibera assembleare in sede giudiziale, azionarsi nei confronti del condominio e dei singoli condomini un diritto scaturente da un'obbligazione contratta dall'amministratore in eccesso di potere, in esecuzione di deliberazione di ratifica impugnata e ciò in violazione del principio dell'apparenza e dell'art. 2377 cc? Può legittimamente azionarsi nei confronti di un singolo condomino un titolo esecutivo ottenuto da parte del terzo nei confronti del condominio ove il terzo sia a conoscenza dell'operato extra legem dell'amministratore e delle ragioni legali di dissenso e di estraneità del singolo condomino fatte constare in sede assembleare, giusta verbale in possesso del terzo rispetto al condominio in ordine alla legittimità e alla natura condominiale del diritto in questione? Può, inoltre, validamente azionarsi tale titolo esecutivo proprio nei confronti dei singoli condomini ad iniziativa dei quali sia stato già giudizialmente accertato con sentenza passata - in giudicato l'annullamento della delibera su cui si fonderebbe la natura condominiale del credito in questione? Può legittimamente azionarsi nei confronti dei condomini che abbiano ottenuto un giudicato di annullamento della delibera di ratifica dell'operato extra legem dell'amministratore, un titolo esecutivo che incorpori un diritto accertato in contrasto e violazione di tale precedente giudicato sul presupposto erroneo e contraddittorio on il preesistente giudicato che l'obbligazione sia riferibile al Condominio e non come, invece, corretto all'amministratore che ha agito extra legem? Può, in altri termini, essere azionato nei confronti del condominio e dei singoli condomini un diritto scaturente da una obbligazione contratta dall'amministratore in eccesso di potere da parte del terzo cui è già noto l'operato extra legem dell'amministratore?. 2.1.- Il motivo, non coglie pienamente la ratio decidendi della sentenza impugnata, tuttavia, è infondato atteso che la Corte palermitana ha in maniera adeguata chiarito le ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento della decisione di escludere, che avesse rilevanza, nel presente giudizio, la sentenza 1339 del 1998 emessa dal Tribunale di Palermo, con la quale è stata dichiarata la nullità della delibera del condominio di ratifica dell'operato dell'amministratore. Come correttamente ha chiarito la Corte palermitana, l'atto di precetto opposto trovava causa nell'ordinanza ex art. 186 quater cpc. emessa dal Tribunale di Palermo in data 8 giugno 2000 con la quale nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo il Condominio di via è stato condannato a pagare a C.G. l'importo complessivo pari a L. 10.747. 426 oltre le spese. Sennonché, come bene ha chiarito la Corte di Palermo, in ordine alla validità ed efficacia del suddetto titolo non erano state formulate obiezioni discutendosi invece, nella sentenza impugnata, della delibera assembleare del 16 novembre 1995, dichiarata poi nulla con la sentenza numero 1339 del 1998 dallo stesso Tribunale di Palermo. Pertanto, il titolo esecutivo sul quale si fondava il precetto non era costituito dalla delibera di cui si dice o dalla sentenza dichiarativa della nullità della delibera già richiamata, quanto del provvedimento interinale, cioè della ordinanza più volte citata ed emessa ai sensi dell'art. 186 quater cc, in ordine al quale o alla quale nulla era stato eccepito dagli opponenti, né la sentenza che ha annullato la delibera assembleare oggetto della controversia, poteva assumere rilievo nel giudizio di opposizione a precetto, nel quale non era possibile riesaminare la fondatezza del credito vantato dall'architetto, attenendo al merito della questione oggetto del giudizio di cognizione instaurato dal Condominio a seguito del decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti su ricorso del C. . 2.1.a Per altro, come ha specificato la Corte di Palermo, la non rilevanza della sentenza numero 1339 del 1998 nel caso in esame, trovava conferma nel fatto che a mente dell'art. 2377 cc. rilevante nel giudizio di appello dato che il convenuto in primo grado aveva contestato la riferibilità dell'annullamento della delibera più volte richiamata ai terzi estranei al condominio in base al principio dell'apparenza sono azionabili nei confronti del condominio e dei singoli condomini i diritti acquistati da terzi in buona fede in esecuzione di una delibera impugnata, anteriormente al suo annullamento. E, nel caso concreto, secondo il giudizio della Corte palermitana, ponderato e supportato da un indagine interpretativa degli atti di causa, come tale non sindacabile in cassazione, diversamente da quanto sostengono i ricorrenti, la mancanza di buona fede del professionista in ordine all'invalidità della delibera assembleare , non emergeva dalla relazione redatta dal C. , acquisita agli atti del giudizio. In definitiva, il ricorso va rigettato. Non occorre provvedere alla liquidazione delle spese dato che, l'arch. C. , il Condominio di via omissis , e il rag. M.G. , in questa fase non hanno svolto attività difensiva. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.