“Se sei nei guai, delega”, dice il proverbio. “Ma assicurati di avere un’autorizzazione”, dice la legge

La responsabilità dell’amministratore di condominio come mandatario, nell’ erogazione delle spese occorrenti per l’esercizio dei servizi comuni, non è esclusa né dalla circostanza che detti servizi siano prodotti da impianti a loro volta comuni ad altri condomini, né dal fatto che per la relativa gestione non sia stato nominato un amministratore della comunione. Perciò, ai sensi dell’art. 1717, comma 1, c.c., l’amministratore, che nell’esecuzione di tale attività di mandato sostituisca altri a se stesso, senza esservi autorizzato dal condominio o senza che ciò sia necessitato dalla natura dell’incarico, risponde dell’operato della persona sostituita.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 8339, depositata il 9 aprile 2014. Il caso. Un condominio conveniva in giudizio il suo ex amministratore, chiedendo un risarcimento dei danni. Deduceva di avere in comune la centrale termica con il condominio vicino, con cui, in precedenza, formava un unico supercondominio. Cessata tale unione e rimasto in comune, comunque, l’impianto, i due stabili avevano concluso, nel 1985, una transazione, in base al quale le spese relative al bene ed al servizio comune sarebbero state suddivise in parti uguali. Nel 1996, la società fornitrice del gasolio per l’impianto aveva formulato un’unica richiesta ai due condomini per il pagamento totale della somma risultante a loro debito. A seguito di ciò, il convenuto, in qualità di amministratore del condominio attore, versava la quota parte all’amministratore del palazzo vicino, il quale, tuttavia, non aveva poi versato l’importo alla società. Di conseguenza, avendo dovuto pagare nuovamente, il primo palazzo aveva agito contro il convenuto, nel frattempo cessato dalla carica. L’ex amministratore deduceva che, da almeno dieci anni, era solito effettuare il pagamento mediante assegni bancari intestati all’amministratore dell’edificio vicino, il quale, poi, provvedeva a pagare la società. Di ciò l’assemblea del condominio era sempre stata a conoscenza, dando la propria autorizzazione o comunque ratificandolo. Ha seguito la consuetudine creatasi. Mentre il Tribunale di Bologna accoglieva la domanda, ritenendo non autorizzato dal condominio tale modo di pagamento, la Corte d’appello ribaltava la decisione, affermando che i due condomini avrebbero dovuto nominare un amministratore comune e provvedere, di conseguenza, per quanto concerneva i rapporti con i terzi fornitori. In difetto, questi ultimi avevano continuato a rapportarsi come in precedenza con l’amministratore dell’edificio vicino, che, in precedenza, era stato amministratore del supercondominio. Di conseguenza, il convenuto, consegnando a lui le somme, non aveva delegato ad un terzo una propria funzione, ma si era limitato ad operare in conformità ad una situazione di fatto, originata dagli stessi condomini, protrattasi per dieci anni. Autorizzazione implicita? Il condominio ricorreva in Cassazione, chiedendo alla Corte di stabilire se, a norma dell’art. 1717, comma 1, c.c. Il mandatario che, nell'esecuzione del mandato, sostituisce altri a se stesso, senza esservi autorizzato o senza che ciò sia necessario per la natura dell'incarico, risponde dell'operato della persona sostituita , la relativa autorizzazione del mandante potesse essere desunta da fatti concludenti desumibili da circostanze negative, quindi non visibili, oppure da fatti di terzi estranei alla sfera giuridica dei condomini stessi. Amministratore come mandatario. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione ricordava che l’amministratore di condominio opera in regime di rappresentanza volontaria dei partecipanti al condominio, come tale soggetto alla disciplina comune applicabile a qualsiasi mandatario e a quella dell’art. 1130 c.c., relativo agli obblighi specifici dell’amministratore. In tale veste giuridica, eroga le spese occorrenti per l’esercizio dei servizi comuni. La responsabilità rimane. La sua responsabilità come mandatario nell’esercizio di tale ultima attività non è esclusa né dalla circostanza che detti servizi siano prodotti da impianti a loro volta comuni ad altri condomini, né dal fatto che per la relativa gestione non sia stato nominato un amministratore della comunione. Perciò, ai sensi dell’art. 1717 c.c., comma 1, c.c., l’amministratore, che nell’esecuzione di tale attività di mandato sostituisca altri a se stesso, senza esservi autorizzato dal condominio o senza che ciò sia necessitato dalla natura dell’incarico, risponde dell’operato della persona sostituita. Atto formale. Dato che la volontà del condominio si forma e si manifesta attraverso atti collegiali a contenuto formale, anche l’autorizzazione a valersi di sostituti nell’esecuzione del mandato, come ogni altra autorizzazione, deve risultare da un’apposita delibera condominiale, a nulla rilevando che la sostituzione sia conforme a precedenti prassi note ai condomini, trattandosi di circostanza che, di per sé, non vale ad esprimere la volontà del condominio. Nel caso di specie, mancava qualsiasi atto formale, con cui era possibile imputare al condominio l’approvazione a delegare il pagamento finale delle spese dell’impianto all’amministratore dello stabile vicino, né poteva essere dato rilievo alla mera conoscenza, da parte dell’assemblea, di tale prassi. Per questo motivo, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 30 gennaio – 9 aprile 2014, n. 8339 Presidente Triola – Relatore Manna Svolgimento del processo Nel 1997 il condominio di via omissis , conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Bologna il suo ex amministratore, G.M. , per sentirlo condannare a titolo di risarcimento del danno al pagamento della somma di 23.099.091 del vecchio conio. A sostegno della domanda deduceva di avere in comune la centrale termica con il vicino condominio di cui al n.comma 23 della stessa via, col quale, fino al 1984, aveva costituito un unico supercondominio. Cessato il quale e rimasto, tuttavia, in comune detto impianto, i due condomini nel 1985 avevano concluso una transazione in base alla quale le spese relative al bene e al servizio comune sarebbero state suddivise in parti uguali. Nel 1996 la Pir Petroli s.p.a., società fornitrice del gasolio per l'alimentazione della centrale termica, aveva formulato un'unica richiesta ai due condomini per il pagamento della somma di lire 45.696.000 risultante a loro debito in base all'estratto conto. A seguito di ciò il G. , nella sua qualità di amministratore del condominio di cui al n.comma 21, aveva provveduto a pagare la quota parte di lire 22.848.000 versandola a mani dell'amministratore del n.comma 23, T.A. , il quale, tuttavia, non aveva poi versato l'importo alla Pir Petroli s.p.a Di conseguenza, avendo dovuto nuovamente pagare tale somma alla società creditrice, con maggiorazione degli interessi di mora, il condominio di cui al n.comma 21 aveva agito contro il G. , nel frattempo cessato dalla carica, per il risarcimento del danno. Nel resistere in giudizio il convenuto deduceva che da almeno dieci anni egli era solito effettuare il pagamento delle spese di consumo della centrale termica, comune al condominio del n.comma 23, mediante assegni bancari intestati all'amministratore di quest'ultimo, T.A. , che provvedeva poi a pagare la comune società creditrice. Di tale modalità di pagamento, sosteneva, l'assemblea del condominio n.comma 21 era sempre stata a conoscenza, autorizzandola o comunque ratificandola. Il Tribunale accoglieva la domanda, ritenendo non autorizzato dal condominio tale modo di pagamento e gravemente negligente l'avervi fatto ricorso delegando una propria attribuzione ad un terzo. Tale sentenza era ribaltata dalla Corte d'appello di Bologna. Riteneva la Corte territoriale che i due condomini avrebbero dovuto nominare un amministratore dell'impianto comune e provvedere di conseguenza per quanto concernente i rapporti con i terzi fornitori. In difetto, questi ultimi avevano continuato a rapportarsi come in precedenza con il T. , precedente amministratore del supercondominio e poi amministratore del solo condominio di cui al n.comma 23. Pertanto il G. , consegnando a lui le somme relative alla quota parte del debito relativo al condominio n.comma 21, non aveva delegato a un terzo una propria funzione, ma si era limitato ad operare in conformità ad una situazione di fatto originata dagli stessi condomini e protrattasi per ben dieci anni. Per la cassazione di tale sentenza ricorre il condominio di via omissis , in base a sei motivi. G.M. resiste con controricorso. Concesso all'amministratore del condominio un termine per produrre l'autorizzazione dell'assemblea condominiale a proporre il ricorso per cassazione, tale autorizzazione è stata debitamente depositata. Motivi della decisione 1. - Preliminarmente va respinta l'eccezione, sollevata dal controricorrente in sede di discussione, d'inammissibilità del ricorso per il difetto di autorizzazione dell'amministratore del condominio di via omissis a stare in giudizio nei precedenti gradi di merito. Trattandosi di un'ipotesi di nullità derivata della sentenza, tale vizio, convertendosi in motivo d'impugnazione ai sensi dell'art. 161, primo comma c.p.c., avrebbe dovuto essere fatto valere con ricorso incidentale condizionato. 2. - Col primo motivo è dedotta l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi, in relazione all'art. 360, n. 5 c.p.c La Corte territoriale ha ritenuto che il G. , consegnando al T. il denaro per effettuare il pagamento del combustibile relativo alla quota parte dovuta dal condominio di cui al n.comma 21, non avrebbe delegato un proprio compito al T. , ma si sarebbe limitato ad operare in base ad una situazione di fatto originata dagli stessi condomini e protrattasi per dieci anni. Tale affermazione, sostiene parte ricorrente, è inidonea a fondare la decisione, perché nell'escludere l'esistenza di un mandato dal G. al T. , omette, nel giungere alla conclusione, il passaggio logico per cui sarebbe imputabile a quest'ultimo l'amministrazione della centrale termica nell'interesse del condominio ncomma 21. E non chiarisce per la quale ragione la fattispecie non rientrerebbe nella previsione dell'art. 1717 c.c., applicata, invece, dal giudice di primo grado. 3. - Il secondo motivo denuncia la violazione dell'art. 1717 c.c É pacifico, sostiene parte ricorrente, che nel pagare la quota parte del combustibile relativa la condominio ncomma 21, il G. abbia sostituito a sé il T. . Esclusa la necessita di una siffatta sostituzione per la natura dell'incarico ed esclusa, altresì, l'esistenza di un'autorizzazione del condominio mandante, si deve concludere che la Corte territoriale abbia violato l'art. 1717 c.comma nella parte in cui ha affermato che le osservazioni del giudice di primo grado sulla portata di tale norma sono esatte in astratto, ma non terrebbero conto della situazione di fatto. Formula al riguardo il seguente quesito di diritto ex art. 366-bis c.p.comma applicabile alla fattispecie ratione temporis dica la Suprema Corte se a norma dell'art. 1717, 1 comma c.c., al di fuori delle eccezioni ivi contemplate di necessità dovuta alla natura dell'incarico ovvero di espressa autorizzazione del mandante, nella circostanza secondo la quale il mandatario sostituisca altri a se stesso, la relativa autorizzazione del mandante possa essere desunta da fatti concludenti desumibili da circostanze negative, e quindi non visibili, ovvero da fatti di terzi estranei alla sfera giuridica dei condomini stessi . 4. - Col terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 1129, 1 comma c.c La sentenza impugnata, dando rilievo ad una situazione di fatto che sarebbe stata occasionata da una condotta negativa del condominio protratta per dieci anni, attribuisce in pratica al T. , pur senza dirlo espressamente, la qualifica di amministratore di fatto della centrale termica, senza che ciò sia stato deliberato dall'assemblea del condominio ncomma 21. La censura si traduce nel seguente quesito dica la Suprema Corte se, al di fuori della nomina ad amministratore di condominio da parte dell'assemblea o dell'autorità giudiziaria, possa configurarsi una tale nomina per fatti concludenti dei singoli condomini desumibili da circostanze negative, e quindi non visibili né percepibili, ovvero da fatti di terzi estranei alla sfera giuridica dei condomini stessi . 5. - Con il quarto motivo si deduce la violazione degli artt. 1130, n. 3 e 1717 c.c La Corte d'appello, riconoscendo nella fattispecie ad una persona terza e diversa dall'amministratore del condominio il potere-dovere di esercitare attribuzioni di esclusiva spettanza ex lege di quest'ultimo, ha violato l'art. 1130, n. 3 c.c., in base al quale solo l'amministratore ha il potere di erogare le spese relative alla manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio. Segue il quesito dica la Suprema Corte se è legittimo e corretto sul piano giuridico che le attribuzioni proprie dell'amministratore di condominio, tra cui quella di cui all'art. 1130, n. 3 c.c., posano essere delegate o di fatto adempiute da un terzo in luogo dell'amministratore, al di fuori del meccanismo d'imputazione di responsabilità previsto dall'art. 1717, 1 comma c.c 6. - Con il quinto motivo è dedotta la falsa applicazione dell'art. 1130, n. 3 c.c A voler seguire la linea interpretativa della Corte territoriale, il T. avrebbe avuto il potere di effettuare i pagamenti relativi alla centrale termica per conto del condominio nc 21, pur senza esserne l'amministratore e senza avere il potere di esigere da condomini stessi i contributi a ciò necessari, come deriverebbe proprio dall'applicazione del principio di diritto espresso da Cass. n. 5160/93, richiamata nella sentenza impugnata. Segue il quesito dica la Suprema Corte se sia giuridicamente ammissibile che un amministratore di condominio, nominato di fatto per la gestione di un bene comune destinato al servizio di più autonomi condomini, senza che sia preventivamente intervenuta alcuna deliberazione delle assemblee dei condomini comunisti, uno dei quali è dal medesimo amministrato per espressa volontà della relativa assemblea, debba svolgere tale compito erogando le spese per l'esercizio di detto servizio comune senza avere il potere di esigere la necessaria provvista dai condomini o da parte di essi, come contemplato dall'art. 1130, n. 3 c.c. . 7. - Col sesto motivo è dedotta la violazione dell'art. 1188, 1 comma c.comma in relazione all'art. 1710, 1 comma c.c Ai sensi di tale norma il pagamento va effettuato al creditore o al suo rappresentante. Nella specie il T. non era né l'uno né l'altro, onde l'inadempimento della correlata obbligazione da parte del G. quale mandatario. Parte ricorrente formula all'esito il seguente quesito dica la Suprema Corte se la condotta posta in essere da un amministratore di condominio, consistente nell'erogare le spese necessarie all'esercizio di un servizio condominiale nelle mani di soggetti diversi da quelli indicati dall'art. 1188, 1 comma c.comma quali destinatali dei pagamenti, possa ritenersi diligente nell'adempimento del mandatario ai sensi dell'art. 1710, 1 comma c.c. . 8. - Il primo ed il secondo motivo, da esaminare congiuntamente per la loro complementarietà, sono fondati. 8.1. - L'amministratore del condominio opera in regime di rappresentanza volontaria dei partecipanti al condominio, e come tale è soggetto alla disciplina comune degli artt. 1703 e ss. c.c., applicabile a qualsivoglia mandatario, e a quella specifica dell'art. 1130 c.c., salvo i maggiori poteri che il regolamento di condominio o l'assemblea possono conferirgli ai sensi dell'art. 1131, comma 1 c.c In tale veste giuridica, pertanto, egli eroga le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni art. 1130, 1 comma n. 3 c.c. . La sua responsabilità quale mandatario nello svolgimento di quest'ultima attività non è esclusa né dalla circostanza che detti servizi siano prodotti da impianti a loro volta comuni ad altri condomini, né dal fatto che per la relativa gestione non sia stato nominato un amministratore della comunione, che l'intero procedimento di erogazione della spesa - che oltre all'accertamento e all'impegno comprende anche il pagamento - si colloca nel rapporto interno fra l'amministratore stesso e il condominio mandante. Ne deriva che, ai sensi dell'art. 1717, 1 comma c.c., l'amministratore che nell'esecuzione di tale attività di mandato sostituisca altri a se stesso senza esservi autorizzato dal condominio o senza che ciò sia necessitato dalla natura dell'incarico, risponde dell'operato della persona sostituita. E poiché la volontà del condominio si forma e si manifesta attraverso atti collegiali a contenuto formale, anche l'autorizzazione a valersi di sostituti nell'esecuzione del mandato, al pari di ogni altra autorizzazione, deve risultare da un'apposita delibera dell'assemblea condominiale, a nulla rilevando che la sostituzione sia conforme a precedenti prassi note ai condomini, trattandosi di circostanza che di per sé non vale ad esprimere la volontà del condominio. 8.2. - Nel caso in esame, la Corte territoriale, pur ritenendo astrattamente corretto il richiamo operato dal giudice di prime cure all'art. 1717 c.c., ne ha però escluso l'applicazione in considerazione di ciò, che i due condomini quello di cui al n.comma 21 e quello distinto dal n.comma 23 , non hanno né nominato un amministratore per la gestione della centrale termica comune, né regolato i rispettivi rapporti con i fornitori, i quali, essendo terzi estranei alla ripartizione delle spese fra i due enti di gestione, hanno continuato a rapportarsi come in precedenza con il T. , precedente amministratore del supercondominio e poi del civico 23 . E da tale premessa ha poi tratto la conseguenza che il G. , consegnando al T. le somme per la quota relativa al civico 21, non ha spontaneamente delegato, come ritenuto dal Tribunale, una propria funzione ad un terzo, ma si è limitato ad operare in base alla situazione di fatto originata dagli stessi condomini e protrattasi per ben dieci anni . Tale conclusione, priva di fondamento in una norma o in un principio di diritto, è altresì illogica perché a suppone che l'erogazione di una spesa da parte dell'amministratore del condominio degradi a mera raccolta del denaro, al di fuori del vincolo del mandato, allorché la spesa stessa si riferisca ad un servizio che, comune ad altro condominio, non sia stato disciplinato al meglio nei rapporti interni con questo e in quelli esterni con i terzi fornitori b costituisce quale autoresponsabile di ciò il condominio stesso, come se venuto meno il precedente supercondominio fossero automaticamente cessate anche le attribuzioni dell'amministratore del singolo condominio relative alle spese dei servizi rimasti in comune con l'altro. Così illogicamente ragionando, la Corte felsinea ha dato rilievo a due circostanze di fatto del tutto prive di rilievo, atteso che la controversia concerne solo l'esecuzione del mandato ad effettuare il pagamento delle spese di riscaldamento, e dunque riguarda una questione interna al rapporto fra il condominio odierno ricorrente e il suo amministratore. Le cui attribuzioni, in difetto, come si è detto, di maggiori poteri derivanti dal regolamento o dall'assemblea, restano comunque disciplinate dall'art. 1130 c.c Da qui la piena applicabilità dell'art. 1717 c.comma e la necessità che la sostituzione nell'esecuzione del mandato fosse autorizzata da un'apposita delibera dell'assemblea. 9. - L'accoglimento dei primi due mezzi assorbe l'esame dei restanti motivi. 10. - Pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Bologna, che nel decidere il merito si atterrà al seguente principio di diritto l'amministratore del condominio risponde quale mandatario dell'erogazione della spesa relativa all'esercizio di servizi comuni, indipendentemente dal fatto che questi siano prodotti da impianti a loro volta comuni ad altri condomini, e dalla circostanza che per la loro gestione non sia stato nominato un amministratore della comunione. Pertanto, ai sensi dell'art. 1717, 1 comma c.c., l'amministratore che nell'esecuzione di tale attività di mandato sostituisca altri a se stesso senza esservi autorizzato in forza di un'apposita delibera dell'assemblea condominiale, o senza che ciò sia necessitato dalla natura dell'incarico, risponde dell'operato della persona sostituita, a nulla rilevando che la sostituzione sia conforme a precedenti prassi note ai condomini, trattandosi di circostanza che di per sé non vale ad esprimere la volontà del condominio . 11. - Al giudice di rinvio è rimesso, ai sensi dell'art. 385, 3 comma c.p.c., anche il regolamento delle spese di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Bologna, che provvedere anche sulle spese di cassazione.