Dividere le spese è cosa buona e giusta, ma va fatto correttamente!

Includere nelle spese globali sostenute dal condominio anche voci soggette alla regola dei millesimi di proprietà come la pulizia dell’androne, del portone principale e delle luci esterne, viola i criteri di partecipazione individuale alla spesa indicati dal codice civile.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 6434 del 19 marzo 2014. Contesa sulle spese condominiali. Due comproprietari di un appartamento ed una donna proprietaria dell’appartamento sito sullo stesso piano, impugnavano la delibera assembleare che a maggioranza aveva deciso di determinare le spese di pulizia del loggiato e delle scale, quantificandole indistintamente. In condomini lamentavano l’inesattezza della ripartizione in quanto il loggiato aveva maggiore estensione e doveva essere pulito 2 volte a settimana mentre per le scale era prevista una pulitura settimanale. Il Condominio chiedeva invece al Tribunale il rigetto delle domande dei condomini, ma la Corte d’appello annullava la deliberazione con condanna alle spese rilevando la violazione dei criteri tabellari, avendo il primo giudice ritenuto di non poter interferire sulla facoltà di scegliere quante volte si debbano pulire le scale, mentre la contesa riguardava le spese globali. Conseguentemente ricorre per cassazione il Condominio. Distribuzione della spesa non corretta. Il Collegio valutando le doglianze del ricorrente, ritiene che le censure non meritino accoglimento, difatti a parere dei giudici, la sentenza ha evidenziato che il Tribunale non aveva colto il vero senso della contesa, cioè la distribuzione della spesa globale per la pulizia di scale, loggiati, androni, etc., non corrispondente ai criteri di partecipazione individuale indicati dal codice. In sostanza, spiega meglio la Corte, la violazione dei criteri tabellari era insita nel fatto che erano state incluse nelle spese delle scale – che vanno ripartite in funzione del’altezza di ciascun piano – voci soggette alle regole dei millesimi di proprietà come la pulizia dell’androne, del portone principale e delle luci esterne. Per questi motivi il Collegio rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 4 febbraio – 19 marzo 2014, n. 6434 Presidente Triola – Relatore Correnti Svolgimento del processo Con citazione dell' 11.7.1997 L.F. e G.A. comproprietari di un appartamento al terzo piano in Firenze e M.M., proprietaria di altro appartamento allo stesso piano, impugnavano la delibera assembleare 12.6.1997 che, a maggioranza, aveva deciso di determinare le spese di pulizia del loggiato e delle scale quantificata indistintamente nell'intero in lire 120.000 mensili nel seguente modo per il loggiato lire 40.000 secondo i millesimi, per le scale, il portone di ingresso e le lampade esterne, secondo i millesimi delle scale. Lamentavano l'inesattezza della ripartizione posto che il loggiato aveva maggiore estensione e doveva essere pulito due volte a settimana mentre per le scale era prevista una pulitura settimanale. Il condominio chiedeva il rigetto. Il Tribunale rigettava la domanda mentre la Corte di appello di Firenze, con sentenza 14.7.2008, annullava la deliberazione con condanna alle spese rilevando la violazione dei criteri tabellari, avendo a torto il primo giudice ritenuto di non poter interferire sulla facoltà di scegliere quante volte si debbano pulire le scale mentre la contesa riguardava la distribuzione della spesa globale. Ricorre il Condominio con tre motivi, resiste L All'udienza del 10.7.2013 è stato concesso termine al Condominio per produrre delibera dell'assemblea condominiale di autorizzazione a stare in giudizio, adempimento effettuato. Motivi della decisione Col primo motivo si lamenta violazione dell'art. 345 cpc perché palesemente la citazione contestava la congruità degli importi col quesito se la mutata prospettazione in appello ne comporti l'inammissibilità. Col secondo motivo si lamentano vizi di motivazione nel mero riferimento alla spesa globale non corrispondente ai criteri legali col quesito sulla assenza di motivazione Col terzo motivo si lamenta l'illegittima estensione del thema decidendum con la memoria ex art. 183 cpc. Le censure non meritano accoglimento. La sentenza ha evidenziato che il tribunale non aveva colto il vero senso della contesa, cioè la distribuzione della spesa globale per pulizie di scale, loggiati, androni, etc. non corrispondente ai criteri di partecipazione individuale indicati dal codice, aggiungendo che l'argomento introdotto con la memoria ex art. 183 cpc .- sul quale il primo giudice e la controparte non avevano preso posizione -, e cioè che la violazione dei criteri tabellari era insita anche nel fatto che erano state incluse nella spesa delle scale che va ripartita in funzione dell'altezza di ciascun piano voci soggette alla regola dei millesimi di proprietà come la pulizia dell'androne, del portone principale e delle luci esterne, non ampliava il tema del contendere. Ciò premesso, la prima censura riporta solo un brano della citazione, non tiene conto che l'interpretazione della domanda spetta al giudice ed, in questo caso, la Corte di appello ha statuito che erroneamente il tribunale aveva rilevato di non poter interferire sulle modalità di pulitura mentre la questione riguardava fin dall'inizio la correttezza nella distribuzione della spesa, con esclusione della mutatio libelli. Sul secondo motivo la pur sintetica motivazione della sentenza sostanzialmente rileva la mancanza di motivazione della delibera assembleare nel recepire acriticamente la proposta della impresa di pulizia senza indicare i criteri legali. Sul terzo motivo la Corte di appello ha escluso l'ampliamento del therna decidendum con la memoria né il condominio indica di aver proposto tale eccezione tempestivamente in primo grado e di averla ribadita in appello, rispetto all'affermazione della sentenza che, a seguito della memoria ex art. 183 cpc, non fu presa posizione alcuna né dal giudice né dalla parte. Donde il rigetto del ricorso e la condanna alle spese, che si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, liquidate in euro 1200 di cui 1000 per compensi, oltre accessori.