Se il condominio non eccepisce la propria carenza di legittimazione, il giudice non può rilevarla d’ufficio

Legittimazione processuale ed effettiva titolarità del rapporto dedotto in giudizio divergono e la differenza incide e non poco anche sul regime delle eccezioni.

In questo senso, la Corte di Cassazione – con la sentenza n. 18346 resa dalla Seconda Sezione Civile e depositata in cancelleria lo scorso 31 luglio – ha ribadito che la carenza di titolarità del rapporto dedotto in giudizio dev’essere fatta valere dal convenuto nei termini di cui all’art. 180 c.p.c nella sua vecchia formulazione che rappresentava la disciplina applicabile ratione temporis . Il caso . Nella fattispecie de quo un condominio si vede recapitato un decreto ingiuntivo. La compagine propone opposizione, la quale viene però rigettata. Tra le difese, avanzate tardivamente secondo il giudice di primo grado, v’era la carenza di legittimazione passiva. In buona sostanza la compagine diceva che chi aveva firmato dei documenti non aveva alcun potere di rappresentanza del condominio. Si andava, così, davanti alla Corte d’appello che accoglieva il gravame del condominio e di conseguenza annullava il decreto ingiuntivo. Per i giudici d’appello il Tribunale che nel frattempo aveva sostituito la Pretura aveva errato a non considerare valida l’eccezione relativa alla carenza di legittimazione passiva. La distinzione tra legictimatio ad causam e titolarità del rapporto può risultare ostica eppure la differenza incide e non poco sulle sorti del processo . Condizione necessaria e sufficiente perché si riconosca all’attore la legittimazione ad agire è che egli si affermi titolare del diritto controverso, non che egli lo sia effettivamente, essendo il diritto concretamente ascrivibile alla sua sfera giuridica. [] La legittimazione attiva presuppone, dunque, una disamina di tipo meramente cartolare , dovendosi il giudice attenere all’astratta prospettazione dei fatti, ad opera delle parti. Le medesime considerazioni sono estendibili alla legittimazione passiva Antonio I. Natali, Come difendersi dagli errori nel processo civile , Maggioli Editore, 2012 . Insomma una cosa è l’errore nell’identificazione del soggetto contro cui proporre la domanda, altra l’effettiva titolarità del rapporto. Un esempio chiarirà il concetto. Tizio procede contro Caio affermando che Caio è debitore nei confronti di Sempronio. Tizio, salvo il casi eccezionali es. tutela , non ha legittimazione a stare in giudizio. Lo stesso vale per il contrario, ossia se Tizio procede contro Caio affermando che il debitore è Sempronio. In questo caso, il giudice potrà rilevare anche d’ufficio la carenza di legittimazione passiva di Caio in qualunque stato e grado del processo. Qui le cose iniziano a complicarsi. Torniamo al primo esempio. Se Caio vuole eccepire che il debitore non è lui ma un’altra persona, insomma che lui con quel rapporto e di conseguenza con quella causa non c’entra nulla, deve fare ciò entro i termini indicati dalla legge. Prima della riforma del 2005 la norma di riferimento era l’art. 180 c.p.c. Oggi quella norma è rappresentata dall’art. 183, sesto comma, del codice di rito. Per dirsi estraneo ad un rapporto giuridico, il condominio deve rispettare scadenze ben precise . E’ in questo quadro che dev’essere letta la sentenza di Cassazione che, dando ragione al creditore del condominio ha cassato senza rinvio la sentenza d’appello. Per gli ermellini , carte alla mano, la compagine aveva proposto tardivamente l’eccezione riguardante la titolarità del rapporto giuridico e di conseguenza essa doveva pagare quanto richiesto dal suo creditore.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 15 marzo - 31 luglio 2013, n. 18346 Presidente/Relatore Petitti Svolgimento del processo Con atto di opposizione a decreto ingiuntivo notificato il 15 gennaio 1996, il Condominio omissis adiva il locale Pretore per sentire dichiarare nullo e revocato il decreto con il quale gli veniva ingiunto il pagamento, in favore di S.L. , della somma di lire 13.000.000 oltre interessi e spese. Il Condominio eccepiva l'incompetenza del Pretore e nel merito sosteneva di non essere debitore nei confronti dell'ingiungente per avere soddisfatto le sue pretese economiche, come comprovato dalla firma di quietanza apposta sulla fattura n. omissis . In ogni caso, eccepiva la prescrizione del credito eventuale del S. e proponeva domanda riconvenzionale per ottenere il pagamento della somma che il S. aveva ricevuto in eccesso rispetto a quanto a lui dovuto. Si costituiva il S. , eccependo la contraddittorietà della difesa del Condominio, che aveva da un lato sostenuto l'avvenuto pagamento della fattura e, dall'altro, aveva contestato l'an, in contrasto con l'eccezione di adempimento pure formulata. Rigettata l'istanza di provvisoria esecuzione del decreto opposto e svolta l'attività istruttoria richiesta, il Tribunale di Salerno rigettava l'opposizione e la domanda riconvenzionale. Proponeva appello il Condominio e, nella resistenza dell'appellato, la Corte d'appello di Salerno, con sentenza depositata il 9 novembre 2004, in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva l'opposizione e revocava il decreto ingiuntivo opposto. La Corte rilevava che dagli atti emergeva che nelle note autorizzate depositate il 9 maggio 1997, e quindi prima del rigetto della richiesta di provvisoria esecuzione e prima della emissione dei provvedimenti di cui all'art. 184 cod. proc. civ., l'opponente aveva eccepito che giammai nella scrittura del 2 novembre 1981 era stato speso il nome del Condominio e che i sottoscrittori giammai potevano impegnarlo, così eccependo la propria carenza di legittimazione passiva eccezione questa che erroneamente il Tribunale aveva ritenuto fosse stata proposta tardivamente, atteso che la stessa era stata formulata nell'ambito delle spese dell'art. 183 c.p.c”. Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso S.L. sulla base di tre motivi, illustrati da memoria l'intimato Condominio non ha svolto attività difensiva. All'esito dell'udienza del 19 gennaio 2011, la Corte, con ordinanza interlocutoria n. 10141 del 2011, disponeva l'acquisizione del fascicolo del giudizio di primo grado. La trattazione della causa è quindi stata fissata per l'udienza del 15 marzo 2013. Motivi della decisione Con il primo motivo, il ricorrente denuncia violazione dell'art. 180 cod. proc. civ. L'eccezione di difetto di legittimazione passiva avrebbe dovuto essere proposta nel termine di venti giorni concesso dal giudice ai sensi della citata disposizione il che certamente non era avvenuto, con conseguente inammissibilità dell'eccezione. L'art. 180 infatti ha operato uno sbarramento nella proposizione delle eccezioni di merito e processuali non rilevabili d'ufficio, sancendo la decadenza in caso di mancata osservanza del prescritto termine perentorio. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 183, quinto comma, cod. proc. civ. La Corte d'appello, sostiene il ricorrente, avrebbe errato nell'affermare che l'eccezione era stata formulata nell'ambito delle spese dell'art. 183 c.p.c”, in quanto le note autorizzate del 9 maggio 1997, che detta eccezione contenevano, non potevano ritenersi espressione del dettato dell'art. 183 e ciò perché quelle note erano irrituali, in quanto non previste dal codice di rito e concesse solo per consentire di dedurre sulla richiesta di provvisoria esecuzione non erano state depositate nel corso dell'udienza di trattazione durante la quale entrambe le parti possono precisare e modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni già formulate, e nel corso della quale il Condominio si era limitato a riportarsi a quanto dedotto nell'atto di opposizione non potevano considerarsi memorie contenenti precisazioni o modificazioni delle eccezioni già proposte, atteso che non vi era stata alcuna richiesta in tal senso da parte dell'opponente non contenevano, comunque, in modo chiaro ed esplicito l'eccezione di difetto di legittimazione passiva. Del resto, prosegue il ricorrente, ove quelle note fossero state considerate memoria difensiva ai sensi dell'art. 183, quinto comma, cod. proc. civ., sarebbe stato violato il suo diritto ad avere un termine per replicare alla proposta eccezione e per potere eventualmente chiamare in causa i sottoscrittori della scrittura del 2 novembre 1981. Con il terzo motivo, il ricorrente denuncia vizio di motivazione omessa in ordine alla eccezione di tardività della eccezione di difetto di legittimazione passiva, riproposta in sede di costituzione nel giudizio di appello. Il ricorso, i cui tre motivi possono essere esaminati congiuntamente per ragioni di connessione, è fondato. Dall'esame degli atti del giudizio di primo grado, consentito in considerazione delle questioni sottoposte a questa Corte, emerge che effettivamente il difetto di legittimazione passiva non era stato eccepito dal Condominio nell'atto di opposizione. Emerge tuttavia che alla prima udienza del 30 aprile 1996 la causa è stata rinviata all'udienza del 7 maggio 1996 per una ulteriore udienza di prima comparizione emerge poi che all'udienza del 7 maggio 1996 il Pretore, non ritenendo di dover pronunciare alcuno dei provvedimenti previsti dagli artt. 102, secondo comma, 164, 167, 182, 291, primo comma, cod. proc. civ., visto l'art. 180, primo e secondo comma, ha fissato l'udienza del 9 ottobre 1996 quale prima udienza di trattazione, assegnando termine perentorio sino a venti giorni prima di tale udienza per la proposizione, da parte de l convenut o , delle eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio”, autorizzando comunicazioni di comparse a norma dell'ultimo comma dell'art. 170 cod. proc. civ. L'udienza del 9 ottobre 1996 non ebbe a svolgersi perché rinviata d'ufficio alla successiva udienza del 26 marzo 1997 in tale udienza le parti comparvero senza svolgere altro tema che quello della sussistenza o no dei presupposti per la concessione della provvisoria esecuzione del decreto opposto. Il Pretore si riservò di decidere, concedendo alle parti termine per note. Solo in questa occasione il Condominio ebbe a rilevare che nella scrittura posta dal S. a fondamento della propria pretesa creditoria erano indicate persone che sicuramente non avevano speso il nome del Condominio stesso, né potevano impegnarlo non rivestendo e non avendo speso alcuna carica e/o funzione sociale. Risulta dunque evidente che la questione del difetto di legittimazione passiva è stata posta dal Condominio tardivamente, allorquando, cioè, il termine concesso dal giudice per la formulazione di eccezioni non rilevabili d'ufficio era ormai scaduto venti giorni prima della udienza del 9 ottobre 1996, poi rinviata d'ufficio all'udienza del 26 marzo 1997 . Colgono dunque nel segno le censure di parte ricorrente, atteso che la non opponibilità al Condominio di scritture sottoscritte da soggetti privi di poteri rappresentativi del Condominio non era rilevabile d'ufficio ed avrebbe quindi dovuto essere formulata dalla parte interessata entro il termine a tal fine concesso dal giudice. In accoglimento del ricorso, dunque, la sentenza impugnata deve essere cassata. Non sono tuttavia necessari ulteriori accertamenti di fatto, atteso che dalla sentenza impugnata emerge che l'unico motivo di appello proposto dal Condominio consisteva nella eccezione di difetto di legittimazione passiva eccezione che, per le ragioni prima esposte, avrebbe dovuto essere rigettata con conseguente reiezione dell'appello. Ed è appunto questa la statuizione che questa Corte, pronunciandosi ai sensi dell'art. 384 cod. proc. civ., ritiene debba essere in questa sede adottata. In applicazione del principio della soccombenza, il Condominio deve essere condannato al pagamento delle spese dell'intero giudizio, come liquidate in dispositivo. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l'appello condanna il Condominio soccombente al pagamento delle spese dell'intero giudizio che liquida, quanto al giudizio di primo grado, in Euro 1.350,00, di cui Euro 100,00 per spese, 350,00 per diritti ed Euro 900,00 per onorari quanto al giudizio di appello in Euro 1.500,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, Euro 400,00 per diritti ed Euro 1.000,00 per onorari, oltre, per entrambi i gradi, spese generali e accessori di legge quanto al giudizio di legittimità, in Euro 1.300,00 per compensi, oltre ad Euro 170,00 per contributo unificato, ad Euro 100,00 per esborsi e agli accessori di legge.