Vietato parcheggiare nel cortile se la precedente conciliazione (trascritta) ne vieta l'uso

La servitù regolarmente trascritta esplica la propria efficacia anche nei confronti dei terzi.

E' questo, in linea di massima, il principio espresso dalla Cassazione, nella sentenza n. 15787 del 24 giugno 2013. Ancora una volta si discute dell'uso del cortile condominiale e del diritto, da parte dei condomini, di poterlo adibire al parcheggio delle proprie autovetture. Questa volta ad opporsi al parcheggio selvaggio” è un comproprietario che, sbandierando una servitù costituita anni prima sulla base di un accordo conciliativo regolarmente trascritto, chiedeva al Tribunale di voler accertare il divieto di parcheggiare nel cortile comune. Il caso. A quanto pare, tutto nasce da un accordo conciliativo con cui due comproprietari decidono di seppellire l'ascia di guerra e di conciliare una vertenza giudiziaria in atto avente ad oggetto l'uso del cortile comune. In sede di conciliazione viene raggiunto un accordo per cui le parti si impegnano reciprocamente a lasciare il cortile comune sempre libero e sgombro evitando, in particolare, di utilizzarlo per il parcheggio delle vetture. Viene previsto, invece, il diritto di passaggio pedonale e carrabile, da esercitarsi solo su una parte del cortile. Il verbale di conciliazione viene regolarmente trascritto nei registri tavolari ponendo fine alla controversia. A quanto pare il tempo passa e una parte vende ad un terzo il proprio immobile. Il nuovo acquirente, non conoscendo il contenuto della conciliazione ovvero non dando ad essa il giusto peso inizia ad occupare il cortile scatenando nuovamente le ire dell'altro comproprietario. Il sistema tavolare. A questo punto occorre aprire una parentesi per una doverosa precisazione il caso si svolge in Trentino Alto Adige dove, come ben noto, vige il c.d. sistema tavolare. Il sistema catastale tavolare o catasto tavolare o sistema del libro fondiario, in lingua tedesca Grundbuch è un tipo di ordinamento catastale con ciò intendendosi un sistema di rilevamento sistematico delle proprietà fondiarie tipicamente in uso nell'Impero Austro-Ungarico. Nonostante gli sforzi del Fascismo, che avviò un progetto per estendere a tutta la Penisola questo sistema catastale, attualmente è ancora in uso solo nei territori italiani annessi al nostro Paese al termine della Prima Guerra Mondiale. Secondo certi aspetti, il sistema tavolare è più efficiente rispetto a quello catastale ordinario da cui di differenzia nettamente sia per la modalità di conservazione dei documenti che, soprattutto, per il diverso rilievo giuridico delle sue risultanze. Mentre il sistema catastale ordinario è gestito prettamente per fini fiscali, il sistema tavolare o meglio, la registrazione di un evento al suo interno esplica efficacia costitutiva, oltre che probatoria, per i trasferimenti immobiliari e per i diritti immobiliari ad esso connessi. Nel libro fondiario, infatti, possono essere intavolati o prenotati, in quanto si riferiscono a beni immobili, diritti di proprietà, servitù, il diritto di usufrutto, uso o abitazione, l'enfiteusi, il diritto di superficie, le ipoteche, i privilegi, per i quali leggi speciali richiedano l’iscrizione nei registri immobiliari, e gli oneri reali. Potremmo dire, in linea di massima, che il sistema tavolare fonde al proprio interno gli effetti del catasto ordinario a quelli della trascrizione presso la Conservatoria dei Pubblici Registri Immobiliari. Il verbale di conciliazione . La vicenda si articola intorno all'efficacia del verbale di conciliazione a suo tempo stipulato che, secondo il giudice di merito, non potrebbe essere fatto valere nel presente giudizio. La conciliazione, secondo i giudici, avrebbe avuto solo la conseguenza di far nascere un rapporto obbligatorio tra le parti e non un vincolo reale per cui, in sostanza, l'attore non avrebbe avuto la possibilità di far valere le proprie ragioni nei confronti dell'attuale convenuto che, per inciso, era persona fisica diversa dall'allora sottoscrittore dell'accordo conciliativo. Il cortile, secondo i giudici di merito, sarebbe un vero e proprio bene comune per cui ciascun condomino avrebbe il diritto di godere e di disporne nella maniera più ampia ma con un solito limite non impedire il pari uso” del bene comune agli altri comproprietari ex art. 1102 c.c. . I giudici sottolineano che non ci sarebbe coincidenza tra chi, a suo tempo, aveva sottoscritto la conciliazione e gli attuali proprietari convenuti in giudizio per cui, nei confronti di questi ultimi, l'accordo conciliativo non poteva essere fatto valere trattandosi di un mero accordo a contenuto obbligatorio e non ad effetti reali. Secondo il ricorrente, il verbale di conciliazione, regolarmente trascritto nei registri tavolari sia ai fini della costituzione del diritto che della sua opponibilità nei confronti dei terzi, avrebbe avuto, come contenuto, la costituzione di una vera e propria servitù prediale. In virtù di tale servitù, le parti si sarebbero impegnate a non occupare in alcun modo il cortile comune e, in particolare, a non parcheggiarvi le proprie autovetture. Parallelamente, avrebbero inteso costituire una servitù di passo pedonale e carrabile su una parte, alquanto limitata, del medesimo cortile. La conciliazione aveva costituito la servitù. La Corte di Cassazione, ribaltando la sentenza della Corte territoriale, ha riconosciuto le ragioni dell'attore-ricorrente. Il verbale di conciliazione ha costituito una doppia servitù da un lato, quella di passo a piedi e carrabile, dall'altro, una servitù negativa che impedisce l'occupazione del cortile e, in particolare, vieta il parcheggio delle autovetture. Poiché il verbale di conciliazione è stato regolarmente iscritto nei registri tavolari, esso può essere fatto valere erga omnes e, sotto questo profilo, poco importa accertare che le persone fisiche firmatarie dell'originario accordo conciliativo siano diverse dagli attuali proprietari chiamati in causa . Il collegamento tra l'originario firmatario e gli attuali chiamati in causa, peraltro, troverebbe la propria ragion d'essere nella circostanza che il primo ha venduto l'immobile ai secondi circostanza del tutto irrilevante quando si verte in tema di salvaguardia di un diritto reale. In definitiva, a parere degli Ermellini, l'intervenuta conciliazione è uno strumento adeguato a costituire una servitù prediale la cui efficacia e validità, in uno all'opponibilità nei confronti dei terzi, è un effetto della registrazione dei registri tavolari. La controparte, quindi, può legittimamente esercitare il diritto di passaggio pedonale e carrabile, nell'esercizio di tale diritto può anche effettuare dei modesti sconfinamenti rispetto al tracciato stradale ma non può servirsi del cortile per il parcheggio delle vetture né è legittimata ad occuparlo stabilmente. Sulla base di tali presupposti, Piazza Cavour ha provveduto alla cassazione della sentenza impugnata rinviando la causa alla Corte di Appello chiamata anche ad esprimersi in ordine alle spese del giudizio.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 22 aprile - 24 giugno 2013, n. 15787 Presidente Goldoni – Relatore Mazzacane Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 13-1-2003 M.M. , proprietaria della p.m. 2 p. ed. 537 C.C. Volano, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Rovereto C.P. , C.A.R. e G F. , proprietari delle p.m. 1 e 3 della medesima p. ed. 537 e proprietari della limitrofa p. ed. 857, assumendo che costoro facevano uso del cortile comune della p. ed. 537 in modo difforme dalla convenzione intavolata, in base alla quale l'area doveva rimanere libera e sgombra, e senza rispettare la fascia di metri tre asservita per il transito pedonale e veicolare in favore della p. ed. 857. L'attrice chiedeva pertanto accertarsi che sul cortile in comproprietà tra le parti non sussisteva alcun altro aggravio al di fuori di quello intavolato, ed autorizzarsi la costruzione di un muro per la delimitazione dell'area asservita. Si costituivano in giudizio A.R C. e F.G. eccependo anzitutto la carenza dell'interesse ad agire da parte della M. , dal momento che la sosta di veicoli nel cortile comune era stata del tutto occasionale in rapporto ad alcune attività edilizie poste in essere, e rivendicando nel merito il loro diritto quali comproprietari del cortile di farne uso in conformità dell'art. 1102 c.c Si costituiva successivamente in giudizio P C. aderendo alle argomentazioni difensive svolte dagli altri convenuti. Il Tribunale adito con sentenza del 21-2-2005 in parte dichiarava inammissibili ed in parte rigettava le domande attrici. Proposta impugnazione da parte della M. cui resistevano C.A.R. , P C. e F.G. la Corte di Appello di Trento con sentenza del 5-7-2006 ha rigettato il gravame. Per la cassazione di tale sentenza la M. ha proposto un ricorso articolato in cinque motivi cui C.A.R. , P C. e G F. hanno resistito con controricorso le parti hanno successivamente depositato delle memorie. Motivi della decisione Con il primo motivo la ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c., censura la sentenza impugnata per non aver ritenuto sussistente e vincolante l'invocato obbligo di lasciare il cortile comune libero e sgombro da veicoli e cose in considerazione della natura obbligatoria e non reale dell'impegno al riguardo assunto dai soggetti cha avevano sottoscritto il verbale di conciliazione del 3-4-1991, ovvero la M. e tale Ma.Ma. , che evidentemente all'epoca era proprietario della p.m. 1 p. ed. 537 C.C. Volano, poi frazionata in p.m. le 3. La M. sostiene anzitutto che le controparti in tutte le loro difese non avevano mai contestato, ma anzi avevano espressamente riconosciuto il contenuto del titolo costitutivo della servitù e le relative pattuizioni, e che quindi tale comportamento processuale era logicamente incompatibile con il disconoscimento della vincolatività e quindi della natura reale del divieto di parcheggio nel cortile comune come contenuto nel predetto verbale di conciliazione indicato nel libro fondiario quale atto costitutivo di servitù prediale ciò del resto era del tutto coerente con il fatto che il verbale di conciliazione in oggetto era espressamente richiamato dal foglio C della P.T. 1754 C.C. Volano, ed in ogni caso si trattava di un regolamento della comproprietà della p. ed. 537 trasmesso ed accettato dai successivi acquirenti dei beni di Ma.Ma. , quindi anche dalle controparti. La ricorrente pertanto conclude che la statuizione della Corte territoriale secondo la quale gli appellati, in qualità di comproprietari del cortile per cui è causa, erano legittimati a farne uso anche per parcheggio e per sosta di veicoli, era affetta da vizio di extrapetizione, avendo riconosciuto alle controparti un bene della vita da essi mai richiesto. Con il secondo motivo la M. , denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 2 del R. D. 28-3-1929 n. 499, assume che erroneamente il giudice di appello ha ritenuto che l'obbligo di lasciare il suddetto cortile comune libero e sgombro da persone e cose, per effetto della sua natura obbligatoria e non reale, non poteva essere considerato trasferito in capo agli appellati, per i quali non era desumibile dagli atti se esistesse e che natura avesse un eventuale collegamento con il predetto Ma Ma. infatti, rilevato che la stessa sentenza impugnata ha riconosciuto la sussistenza di una servitù di passo regolarmente intavolata in forza del menzionato verbale di conciliazione del 3-4-1991 reso nel procedimento civile a suo tempo pendente presso il Tribunale di Rovereto tra l'esponente e Ma Ma. con l'espresso obbligo di quest'ultimo di lasciare il cortile comune alle porzioni 1 e 2 della p. ed. 537 sempre sgombero e libero con divieto di parcheggio di autoveicoli a partire dal 31-8-1991 , si deve concludere che in violazione della legge tavolare la Corte territoriale ha ritenuto di scindere gli effetti reali da quelli asseritamente obbligatori di un titolo costitutivo di servitù prediale regolarmente intavolato ed essenziale. Con il terzo motivo la ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 1063 c.c., premesso che il titolo costitutivo della servitù, anche nel vigente sistema tavolare, è fondamentale sia per vagliare l'esistenza del diritto reale minore che per determinare le modalità di esercizio della servitù medesima, sostiene che nella fattispecie la servitù in oggetto avrebbe dovuto essere esercitata senza occupare stabilmente il cortile con veicoli o cose pertanto, poiché tale titolo costitutivo della servitù aveva un contenuto chiaro e non equivoco, il giudice di appello, ritenendolo avere natura meramente obbligatoria, ed escludendo la sussistenza a carico delle controparti del suddetto obbligo evidenziato chiaramente dal titolo, ha violato la norma da ultimo citata. Con il quinto motivo la ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 1102 c.c., rileva che erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto la piena legittimazione delle controparti a fare uso del cortile comune asservito anche per la sosta ed il parcheggio dei veicoli, purché tale uso non fosse ostativo al pari diritto di uso spettante alla M. , che nulla aveva dedotto al riguardo invero l'art. 1102 c.c. non poteva essere applicato nella fattispecie con riferimento al passaggio praticato dalle controparti per accedere al cortile p. ed. 837 di loro esclusiva proprietà, in quanto nell'esercizio di detto passaggio essi dovevano conformarsi al titolo in forza del quale il passaggio trovava giustificazione nella presente controversia infatti non è in contestazione il mero utilizzo del cortile comune, bensì il non corretto esercizio della servitù di passo convenzionalmente pattuita tra le parti e regolarmente intavolata. Le enunciate censure, da esaminare contestualmente per ragioni di connessione, sono fondate. La sentenza impugnata ha escluso la sussistenza dell'obbligo di lasciare il cortile comune libero e sgombro da veicoli e cose in considerazione della natura obbligatoria e non reale dell'impegno al riguardo assunto dai soggetti che avevano sottoscritto il verbale di conciliazione del 3-4-1991, ovvero l'appellante e tale Ma.Ma. , all'epoca proprietario della p. ed. 537 C.C. Volano, poi frazionata in p. m. 1 e 3 tale obbligo, a differenza dell'accordo finalizzato alla costituzione della servitù di passaggio in favore della p. f. 253/6 attualmente p. ed. 857 che, attenendo alla creazione di un diritto reale, era stata regolarmente intavolata, non poteva considerarsi trasferito agli appellati, per i quali non era desumibile dagli atti se esistesse e che natura avesse un eventuale collegamento con il predetto Ma Ma. pertanto gli appellati, in qualità di comproprietari del cortile per cui è causa, erano perfettamente legittimati a farne uso ai sensi e nei limiti dell'art. 1102 c.c. anche per parcheggio e sosta di veicoli, purché tale uso non fosse ostativo al pari diritto di uso spettante alla controparte, che nulla aveva dedotto al riguardo. Orbene deve rilevarsi che con il menzionato verbale di conciliazione venne anzitutto costituita una servitù di passo e ripasso a piedi e con ogni mezzo meccanico sul cortile - pertinenza della p. ed. 537 C.C. Volano .a favore della p. f. 253/6 C.C. Volano e che il cortile comune alle porzioni 1 e 2 della p. ed. 537 C.C. Volano dovrà rimanere sempre sgombero e libero con divieto di parcheggio di autoveicoli a partire dal 31-8-1991 vedi trascrizione di tale parte del suddetto verbale di conciliazione a pag. 16 del ricorso . Tale verbale di conciliazione, regolarmente iscritto nel libro fondiario, prevede quindi una servitù di passo a favore di un immobile ovvero la p. f. 253/ ed a carico di altro immobile ovvero la p. ed. 537 , e stabilisce altresì il divieto di parcheggio sullo stesso cortile comune nella parte non asservita dal menzionato diritto reale pertanto con tali pattuizioni le parti hanno inteso regolamentare l'utilizzazione del cortile comune contemperando i loro rispettivi interessi. Da tale premessa discende l'erroneità dell'assunto della sentenza impugnata riguardo alla ritenuta natura obbligatoria e non reale del divieto di parcheggio nella parte del cortile comune non oggetto del diritto di servitù, in quanto tale divieto attiene pur sempre all'estensione ed alle modalità di esercizio di tale diritto, stabilendosi che la servitù medesima deve essere esercitata senza occupare in modo stabile o permanente il cortile stesso con veicoli, intendendosi così delimitare il contenuto del peso gravante sul fondo servente tale rilievo spiega anche la ragione per cui deve escludersi che l'utilizzazione del cortile comune a parcheggio dei veicoli sia consentita ai sensi dell'art. 1102 c.c. infatti proprio la costituzione di una servitù di passaggio su di una parte ben delimitata dello stesso impedisce un simile uso, in quanto tale titolo negoziale prevede le modalità secondo le quali i proprietari della particella p. f. 253/6 ora p. ed. 837 devono esercitare il passaggio per il cortile comune per accedere al proprio cortile sotto tale profilo la sentenza impugnata non ha espresso argomentazioni persuasive in ordine alla compatibilità di un uso del cortile comune per parcheggio di autoveicoli con le modalità di esercizio della servitù di passaggio su parte dello stesso cortile in base al titolo costitutivo di cui al verbale di conciliazione giudiziale sopra richiamato. È poi evidente che, contrariamente all'assunto del giudice di appello, il collegamento tra il predetto Ma.Ma. e gli attuali resistenti è costituito dall'essere questi ultimi divenuti proprietari del fondo dominante già di proprietà del primo all'epoca della redazione del menzionato verbale di conciliazione, e quindi di essere subentrati nel diritto di esercitare la servitù di passo sopra richiamata secondo le modalità ed i limiti ivi previsti. Con il quarto motivo la M. denuncia illogicità e contraddittorietà della motivazione in relazione alla entità della fascia di terreno pacificamente asservita ed all'assunta insussistenza dell'obbligo di lasciare il cortile comune libero e sgombro da veicoli e cose. Sotto un primo profilo la ricorrente assume che la sentenza impugnata ha ritenuto irrilevanti i modesti sconfinamenti nella parte terminale del percorso prima dell'immissione nel limitrofo cortile della p. ed. 857, determinati dalla spontanea curvatura dei mezzi nella fase di transito tra le due aree in tal modo la Corte territoriale, pur dando atto che la fascia asservita della p. ed. 537 posta lungo il confine ovest di tale particella è larga 3,00 metri, dall'altro ha legittimato le controparti a lasciare in sosta e parcheggio, anche in detta fascia asservita, i loro veicoli. Inoltre la M. afferma che gli sconfinamenti sul cortile comune con il transito di automezzi operato dalle controparti sono stati configurati dal giudice di appello quali invasioni minime prive di qualsiasi incidenza significativa sull'aggravio esistente a carico del cortile comune ebbene tale valutazione era smentita dai capitoli di prova non ammessi, dalla consulenza tecnica di parte del geometra Co. , dalla CTU del geometra Cr. nonché dalle prove fotografiche e filmate, da cui si evinceva che si era in presenza di una illegittima invasione del cortile per uno spazio quantomeno equivalente alla larghezza stessa della zona asservita al passaggio, ovvero circa tre metri del cortile stesso. La censura è infondata. La Corte territoriale ha ritenuto, in ordine alle modalità di esercizio della servitù di passaggio in questione, l'irrilevanza giuridica di modesti sconfinamenti nella parte terminale del percorso prima dell'immissione nel limitrofo cortile della p. ed. 857, determinati dalla spontanea curvatura dei mezzi nella fase di transito tra le due aree invero si trattava, come emerso dall'indagine peritale e dall'esame della documentazione fotografica in atti, di invasioni minime prive di qualsiasi incidenza significativa sull'aggravio esistente a carico della p. ed. 537, cosicché non ricorrevano i presupposti né per l'individuazione di una violazione dell'art. 1065 c.c., né per l'integrazione dell'ipotesi disciplinata dall'art. 1067 primo comma c.c Con riferimento alla ritenuta insussistenza di un pregiudizio oggettivamente apprezzabile per il fondo servente dalle modalità di esercizio della suddetta servitù di passaggio, si è quindi in presenza di un accertamento di fatto sorretto da congrua e logica motivazione, come tale immune dai profili di censura sollevati dalla ricorrente, in ordine ai quali deve anzitutto rilevarsi che il giudice di appello, contrariamente a quanto lamentato dalla M. , non ha affatto legittimato le controparti a lasciare in sosta o in parcheggio i loro veicoli nell'area oggetto della servitù, sulla quale è in realtà consentito a costoro, in base al titolo costituito con il suddetto verbale di conciliazione giudiziale, soltanto esercitare il passaggio pedonale e veicolare per accedere alla p. ed. 857, e non altro. Nella parte residua poi la censura tende inammissibilmente ad offrire una diversa valutazione delle risultanze probatorie, anche richiamandosi ai capitoli di prova articolati di cui peraltro non è stato trascritto in ricorso il relativo contenuto, precludendo a questa Corte di apprezzarne il carattere di decisività. In definitiva la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione all'accoglimento del primo, del secondo, del terzo e del quinto motivo di ricorso, e la causa deve quindi essere rinviata per un nuovo esame delle questioni oggetto dei suddetti motivi e per la pronuncia sulle spese del presente giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Trento. P.Q.M. La Corte accoglie il primo, il secondo, il terzo ed il quinto motivo di ricorso, rigetta il quarto, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Trento.