Il marito in separazione di beni non può rappresentare la moglie senza uno specifico mandato

Il marito in separazione di beni non può firmare in rappresentanza della moglie in quanto non è configurabile alcuna forma legale di rappresentanza.

I parcheggi rappresentano sempre un punto dolente della vita condominiale ed anche questa volta la bagarre scoppia a causa dell'uso ed abuso di uno scoperto condominiale, utilizzato da un condominio come parcheggio della propria autovettura. Il caso di cui si discute, però, riveste particolare interesse perché affronta un problema diverso e di portata generale a finire sotto la lente, infatti, è la stessa validità del regolamento condominiale nonché il potere di rappresentanza del coniuge in separazione di beni. L'antefatto vietato parcheggiare nello scoperto condominiale. Un condominio cita in giudizio una coppia di coniugi lamentando che questi ultimi avrebbero la brutta abitudine di parcheggiare la loro auto in uno scoperto condominiale. Fin qui nulla di strano, in realtà il problema lamentato dal condominio sarebbe un altro il regolamento condominiale vieterebbe espressamente, con una apposita pattuizione, di parcheggiare le vetture in tale scoperto! Di conseguenza, il condominio chiede al giudice di condannare i condomini riottosi al rispetto delle norme regolamentari ed alla rimozione della propria autovettura dallo scoperto. Per i convenuti il regolamento sarebbe inesistente. I convenuti si costituivano in giudizio eccependo l'inesistenza di una siffatta clausola regolamentare. Anzi, a ben vedere, secondo i convenuti, non esisterebbe neanche un regolamento condominiale valido ed efficace. Il pseudo regolamento a cui accennava l'attore, doveva essere considerato del tutto nullo ed inesistente in quanto non sarebbe stato approvato alla unanimità dei condomini né, tanto meno, si sarebbe tenuta una assemblea straordinaria per la sua formale approvazione e/o della clausola relativa al divieto di parcheggio. In realtà esisteva solo una bozza” di regolamento firmata dai singoli condomini tale bozza” portava solo la firma del marito, mentre mancava quella della moglie. Da non trascurare un elemento i coniugi convenuti erano in separazione di beni. Il Giudice di Pace accoglieva le richieste attrici e condannava i coniugi convenuti alla rimozione della vetture dallo scoperto condominiale. Il Tribunale riteneva valido il regolamento di condominio perché approvato con le maggioranze previste dall'allora vigente art. 1138, comma 3, c.c. non essendo necessaria l'unanimità dei condomini. Il marito non ha i necessari poteri per firmare. La Cassazione, con la sentenza del 19 giugno 2013, n. 15415 accoglie parzialmente la tesi dei convenuti censurando il percorso logico del giudice di appello. In realtà la bozza” del regolamento condominiale riportava, in calce, le firme dei condomini. Mancava, peraltro, la firma dei convenuti o meglio, i coniugi convenuti erano in separazione di bene e il regolamento risultava firmato solo dal marito. Secondo il condominio attore, la firma apposta da uno dei coniugi in separazione di bene sarebbe stata vincolante anche per il coniuge non firmatario. In parole povere, gli attori configurano una sorta di rappresentanza” del coniuge firmatario a favore dell'altro coniuge non aderente. Secondo la Cassazione, questa interpretazione è da rigettare! Il coniuge in separazione di beni, precisano gli Ermellini, non può essere considerato come un procuratore speciale dell'altro coniuge se non in presenza di un apposito mandato. Porte sbarrate anche all'idea del tacito incarico” all'approvazione del regolamento di condominio. Tale tesi sarebbe rafforzata dall'assenza di note di chiarimento che, in ipotesi, avrebbero potuto far presupporre la presenza di una mandato fossanche irregolare. Mancherebbe, per esempio la classica formula sia in nome proprio che del coniuge”. Nullo il regolamento non regolarmente firmato. Mancando la firma per accettazione da parte dei condomini citati, il regolamento sarebbe da considerare non validamente approvato e la clausola sul divieto di parcheggio sarebbe invalida. Il regolamento non sarebbe stato esibito. La Cassazione va anche oltre. Nel fascicolo di causa mancherebbe una copia di questo fantomatico regolamento di condominio né, tanto meno, sarebbe stata esibita una copia di un verbale di assemblea relativa all'avvenuta approvazione dello stesso. Mancando la prova dell'esistenza del regolamento, gli Ermellini ritengono che non possa essere emesso alcun provvedimento restrittivo alla disponibilità dello scoperto condominiale a carico di un condomino. Stando così le cose, la Cassazione ha accolto il ricorso ed ha rinviato il giudizio dinanzi al competente tribunale affinché chiarisca gli esatti termini della vicenda.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 16 maggio - 19 giugno 2013, n. 15415 Presidente Triola – Relatore Bursese Svolgimento del processo Il Giudice di Pace di Mestre con sentenza n. 115/2004 del 6.10.2003, in accoglimento della domanda proposta dal Condominio omissis con citazione in data 15.2.20013, dichiarava che il regolamento del condominio non consentiva il parcheggio di autovetture nello scoperto condominiale e conseguentemente condannava i convenuti P.G. ed G.E. a rimuovere l’auto parcheggiata nello scoperto anzidetto, oltre alla rifusione delle spese del grado. Avverso tale sentenza questi ultimi proponevano appello deducendo in specie che il regolamento condominiale tra l'altro non era stato approvato dall'unanimità di tutti i condomini e dunque doveva ritenersi invalido ed inefficace. L'adito Tribunale di Venezia, con sentenza n. 2123/05 depositata in data 17.10.2005, dichiarava l'inammissibilità dell'appello limitatamente alle nuove domande di accertamento invalidità o inefficacia del regolamento condominiale e rigettava il gravame condannando gli appellanti al pagamento delle spese del grado. Il tribunale rilevava che il regolamento condominiale non doveva essere approvato all'unanimità, ma con la maggioranza ex art. 1138, 3 comma c.c., per cui doveva ritenersi valido l'art. 28 del regolamento stesso contenente il divieto ai condomini di parcheggiare le autovetture negli spazi comuni , anche se non approvato, in ipotesi, all'unanimità perché mancava per l'accettazione soltanto la firma della sig.ra G. . Per la cassazione della sentenza ricorrono il P. e la G. sulla base di n. 2 mezzi, illustrati da memoria l'intimato Condominio resiste con controricorso. Motivi delle decisione Con il primo motivo i ricorrenti denunziano la violazione e falsa applicazione dell'art. 345 c.p.c. il tribunale avrebbe ritenuto a torto inammissibili alcune istanze formulate dagli appellanti considerandole domande nuove di accertamento si tratterebbe della domanda di declaratoria d' invalidità o inefficacia del regolamento condominiale. In realtà tali domande ovvero eccezioni, erano state tacitamente proposte insieme alla comparsa di costituzione originaria, nel senso che, chiedendo il rigetto della domanda avversaria, i deducenti sollecitavano non solo il rigetto della domanda avversaria, ma anche l'accertamento della validità ed efficacia della statuizione contenuta nel regolamento condominiale. Con il 2 motivo i ricorrenti denunziano la violazione e falsa applicazione dell'art. 1138 c.c. e 116 c.p.c. nonché il vizio di motivazione. Assumono i coniugi P. che la clausola n. 28 del Regolamento è nulla, così come è nullo il regolamento condominiale stesso, non essendo stato approvato all'unanimità, e neppure adottato in sede di assemblea straordinaria che forse non si era neppure tenuta. Ed infatti il regolamento non era stata prodotto dal Condominio, né tale delibera condominale ed anzi l'originale dello stesso regolamento sarebbe stato addirittura smarrito. A questo riguardo osservano i ricorrenti che la firma per accettazione apposta dai condomini ad una copia del regolamento, non equivarrebbe ad approvazione del regolamento stesso, che è tipico adempimento dell'assemblea, la cui delibera non è stata mai prodotta anzi mancherebbe la prova che tale assemblea fosse stata mai tenuta. D'altra parte il supposto regolamento non era stato accettato né approvato all'unanimità, in quanto mancava la firma di G.E. comproprietaria con il coniuge dell'unità immobiliare in regime di separazione, né si può ritenere che quest'ultimo abbia firmato anche per lei, con il suo tacito consenso. Le doglianze sono fondate nei limiti che saranno precisati. Osserva il Collegio che a fronte delle obiezioni degli attuali ricorrenti, il giudice d'appello ha ritenuto che detto regolamento era stato approvato all'unanimità in quanto l'odierno appellante P.G. avrebbe apposto la propria firma accanto al nome P. - G. . Ciò sarebbe più che sufficiente per ritenere che egli abbia agito anche su incarico della comproprietaria G.E. il fatto che i due siano coniugati in regime di separazione, non escluderebbe astrattamente, che la moglie avesse tacitamente incaricato il marito di approvare il regolamento Aggiunge poi a fronte del dato testuale inequivocabile rappresentato dalla firma del marito anche per la moglie condomina, quest'ultima avrebbe dovuto dimostrare che la sottoscrizione fu apposta a sua insaputa, ma tale circostanza è stata semplicemente affermata, non dimostrata . Ad avviso del Collegio, l'iter argomentativo del giudice del gravame non può essere in alcun modo condiviso la firma del marito, senza alcuna specifica aggiunta o postilla di chiarimento, accanto al nome della moglie, non può far ritenere che egli abbia agito in rappresentanza di lei, al punto da essere considerato dato testuale inequivocabile in proposito evidentemente non è configurabile alcuna forma legale di rappresentanza, né sono stati evidenziati ulteriori elementi in favore della tesi in esame. Dunque il fantomatico regolamento condominiale non solo non sarebbe stato approvato dall'unanimità dei condomini, ma neppure esisterebbe in originale o in copia autentica, e neanche la relativa delibera assembleare, sarebbe mai stata prodotta dal Condominio, nonostante le contestazioni e sollecitazioni in proposito sollevate dai coniugi P. . Sulla base di queste premesse non può certo invocarsi la norma di cui all'art. 28 del regolamento che è il presupposto logico - giuridico della domanda del Condominio OMISSIS . Tale aspetto la vicenda dovrà essere necessariamente chiarito in sede di rinvio. Conclusivamente dev'essere accolto il ricorso per quanto di ragione la sentenza dev'essere dunque cassata, con il conseguente rinvio, anche per le spese, ad altra sezione dello stesso tribunale di Venezia. P.Q.M. la Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa,anche per spese di questo giudizio, ad altra sezione del tribunale di Venezia.