Autorizzazioni negate? Il locatore non ha responsabilità

È il conduttore che deve verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate allo svolgimento dell’attività che egli intende esercitarvi.

Le caratteristiche del bene sono adeguate allo svolgimento dell’attività che il conduttore intende esercitarvi? Non è il locatore a dover effettuare tale verifica. Inoltre, la destinazione dell’immobile diventa rilevante solo se è oggetto di specifica pattuizione. Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 9929/2012, depositata il 18 giugno. Il caso. Veniva intimato uno sfratto per morosità nei confronti di una s.r.l. perché, in qualità di conduttrice, non aveva provveduto al pagamento dei canoni e degli oneri per un totale di 27.917.500 lire. L’intimata, dal canto suo, deduceva l’inadempimento del locatore, perché non aveva assicurato l’idoneità dell’immobile locato all’uso convenuto e chiedeva un risarcimento danni per non aver potuto aprire al pubblico il punto vendita. Risoluzione del contratto per morosità della conduttrice. All’esito dei due giudizi di merito, veniva dichiarata la risoluzione della locazione per la morosità della società conduttrice e rigettava la riconvenzionale di risoluzione del contratto per inadempimento del locatore . Neanche il ricorso per cassazione presentato dalla società conduttrice modifica l’esito del giudizio. Il Collegio di legittimità, infatti, concorda con la Corte di merito nel ritenere insussistente l’obbligo di legge di garantire l’uso della cosa locata, avendo le parti piuttosto espressamente previsto – precisa la Cassazione – che il locatore era esonerato da ogni responsabilità qualora nell’immobile non si fosse potuto esercitare la prevista attività . È il conduttore che deve verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate allo svolgimento dell’attività che egli intende esercitarvi. Infatti, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, non è configurabile alcuna responsabilità per inadempimento a carico del locatore, e ciò anche se il diniego delle necessarie autorizzazioni amministrative sia dipeso dalle caratteristiche proprie del bene locato . In conclusione, la destinazione dell’immobile diventa rilevante solo se è oggetto di specifica pattuizione. Invece, la mera enunciazione in contratto, come avvenuto nel caso di specie, non basta. Ecco perché gli Ermellini hanno rigettato il ricorso e condannato la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 10 maggio – 18 giugno 2012, n. 9929 Presidente Trifone – Relatore D’Amico Svolgimento del processo Il Pontificio Collegio Croato di San Girolamo intimava sfratto per morosità alla s.r.l. Mercato del Conforto affermando che la conduttrice non aveva provveduto al pagamento dei canoni e degli oneri dal maggio al settembre 1999, per complessive lire 27.917.500, in relazione alla locazione di un immobile di sua proprietà sito in XXXX. L'intimata società si opponeva alla convalida deduceva l'inadempimento del locatore, perché non aveva assicurato l'idoneità dell'immobile locato all'uso convenuto spiegava domanda riconvenzionale di risarcimento danni per non aver potuto aprire al pubblico un punto vendita di oggetti di arredamento e regali. Il giudice adito, all'esito del giudizio di merito conseguente alla fase del procedimento speciale per convalida, con sentenza del 5 novembre 2004 dichiarava la risoluzione della locazione per la morosità della società conduttrice e rigettava la riconvenzionale di risoluzione del contratto per inadempimento del locatore. La soccombente proponeva appello chiedendo il rigetto della domanda di risoluzione contrattuale per inadempimento di essa conduttrice e, nella ritenuta fondatezza dell'eccezione di inadempimento opposta al locatore, l'accoglimento della sua domanda di risoluzione per l'inadempimento del locatore, con condanna dello stesso al risarcimento dei danni nella in misura di Euro 3.150.387,08. La Corte d'appello di Roma rigettava l'appello, argomentando, ai fini che qui interessano, che a non aveva formato oggetto di specifica pattuizione l'obbligazione del locatore Pontificio Collegio Croato di garantire la sussistenza delle condizioni richieste per l'esercizio nell'immobile della prevista attività di commercio licenza amministrativa di destinazione allo scopo b con una semplice visura catastale la società conduttrice ben avrebbe potuto conoscere che l'immobile nel suo complesso due locali intercomunicanti non aveva la destinazione d'uso occorrente c l'art. 11 del contratto espressamente esonerava il locatore da ogni responsabilità qualora nell'immobile non si fosse potuto esercitare la prevista attività d analoga attività commerciale era stata in precedenza svolta da altro conduttore e, quindi, dalla stessa società Mercato sino a quando non era stata revocata la relativa autorizzazione amministrativa e la revoca suddetta era stata determinata dalla colpevole inerzia della conduttrice. Ha proposto ricorso per cassazione la s.r.l. Mercato del Conforto con un unico motivo. Ha resistito il Pontificio Collegio Croato di San Girolamo, che ha anche presentato memoria. Motivi della decisione Il ricorso per cassazione della società Mercato contiene il seguente unico motivo Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ. in relazione agli art. 1453, 1578, 1575, 1579, 1229, 1337 e 1375 cod. civ. nonché art. 11 contratto di locazione”, assistito dal seguente quesito di diritto dica la Ecc.ma Corte di Cassazione come la diversa destinazione d'uso di un immobile rispetto a quella convenuta nel contratto di locazione rientri tra i vizi di cui all'art. 1578 cod. civ. con la conseguente diminuzione dell'idoneità del bene e la possibilità quindi per il conduttore di richiedere la risoluzione contrattuale ex art. 1453 cod. civ. dica l'Ecc.ma Corte che il locatore è tenuto a garantire la destinazione particolare dell'immobile come convenuta in contratto non in virtù di un patto specifico ma in base all'obbligazione contenuta nell'art. 1575 n. 3 cod. civ. dica l'Ecc.ma Corte in relazione all'art. 11 del contratto di locazione, che la clausola di esonero in esso contenuta debba ritenersi nulla e/o inefficace ai sensi del combinato disposto degli art. 1579 e 1229 cod. civ. per dolo o colpa grave del locatore il quale ha violato il principio di buona fede contrattuale”. La censura, nel suo complesso, non è fondata, in primo luogo perché non sussiste l'obbligo di legge di garantire l'uso della cosa locata, avendo le parti piuttosto espressamente previsto secondo l'univoco significato che il giudice del merito aveva dato di specifica clausola contrattuale che il locatore era esonerato da ogni responsabilità qualora nell'immobile non si fosse potuto esercitare la prevista attività. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, infatti, nei contratti di locazione relativi ad immobili destinati ad uso non abitativo, grava sul conduttore l'onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell'attività che egli intende esercitarvi, nonché al rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative ne consegue che, ove il conduttore non riesca ad ottenere tali autorizzazioni, non è configurabile alcuna responsabilità per inadempimento a carico del locatore, e ciò anche se il diniego sia dipeso dalle caratteristiche proprie del bene locato. La destinazione particolare dell'immobile, tale da richiedere che lo stesso sia dotato di precise caratteristiche e che ottenga specifiche licenze amministrative, diventa rilevante, quale condizione di efficacia, quale elemento presupposto o, infine, quale contenuto dell'obbligo assunto dal locatore nella garanzia di pacifico godimento dell'immobile in relazione all'uso convenuto, solo se abbia formato oggetto di specifica pattuizione, non essendo sufficiente la mera enunciazione, in contratto, che la locazione sia stipulata per un certo uso e l'attestazione del riconoscimento dell'idoneità dell'immobile da parte del conduttore Cass., 25 gennaio 2011, n. 1735 Cass., 21 gennaio 2011, n. 1398 . Il motivo, inoltre, è infondato perché, in conseguenza di quanto innanzi, non è nulla la clausola, di cui all'art. 11 del contratto, di esonero del locatore da ogni responsabilità in conseguenza del mancato rilascio delle autorizzazioni amministrative necessarie allo svolgimento della prevista attività d'impresa. Infine, è da rilevare che, sul punto, il motivo non risulta neppure autosufficiente, in quanto in esso non viene riportato testualmente il complessivo tenore della clausola stessa. Il ricorso, perciò, deve essere rigettato con la condanna della società ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 1.500,00 per onorari, oltre rimborso forfettario delle spese generali ed accessori come per legge.