I vizi di convocazione e di formazione della volontà assembleare determinano la mera annullabilità della delibera

I vizi che affliggono il procedimento di formazione della volontà assembleare, inclusi quelli inerenti all’omessa convocazione di alcuno dei condomini o della sua rappresentanza in assemblea, non determinano la nullità, ma esclusivamente l’annullabilità della delibera e, pertanto, deve essere impugnata nel termine di decadenza di trenta giorni dalla sua adozione o sua conoscenza.

L’omessa convocazione del comproprietario può essere eccepita unicamente dal comproprietario pretermesso. Qualora il comproprietario pretermesso sia legato da uno stretto vincolo familiare nel caso di specie madre-figlio non conviventi deve presumersi, fino a prova contraria, che in ragione dello stretto vincolo di parentela il comproprietario che ha partecipato abbia agito nell’interesse anche dell’altro escluso. Il voto favorevole del comproprietario pretermesso volto ad autorizzare l’amministratore a resistere in giudizio contro l’impugnazione della delibera ben può essere considerato come una ratifica della volontà assembleare. Il caso. Le liti condominiali danno origine a controversie che ben possono essere risolte con un po’ di buon senso ma, di sovente, sono devolute dalla Magistratura ordinaria nella fattispecie in commento una fioriera ha rappresentato il casus belli che ha dato origine a ben tre giudizi due dei quali definite con una sentenza nel rito. Un condomino, dopo aver regolarmente partecipato all’assemblea e non condividendo le determinazioni ivi assunte, ha impugnato la delibera dolendosi di pretesi vizi sia nel procedimento di convocazione stante l’omesso avviso di alcuni comproprietari pro indiviso sia nel corso della formazione della volontà a cagione del mancato conferimento di espresse deleghe, da parte di quelli pretermessi, ai comproprietari che hanno partecipato. Annullabilità e non nullità. Ciò ha consentito al Giudice di chiarire, in primo luogo, che tali pretesi vizi sono inerenti alla mera annullabilità, e non alla nullità, della delibera con la conseguenza che solo i comproprietari pretermessi avrebbero potuto eccepire l’asserita violazione dell’art. 1136, comma 6, c.c. prevalendo, nei rapporti con gli altri condomini, la volontà espressa dall’altro comproprietario pro indiviso. Non solo, qualora i comproprietari siano legati da uno stretto rapporto familiare, ancorché non conviventi, il Giudice deve presumere, sino a prova contraria, che in ragione del vincolo familiare l’individuo che ha ricevuto la convocazione ai sensi di legge abbia informato gli altri e condiviso con questi la volontà da esprimere in sede assembleare. Ciò confermando il più ampio indirizzo giurisprudenziale, espresso dalla Corte di legittimità, secondo il quale sostiene che la comunicazione della convocazione tra i comproprietari e il conferimento del potere di rappresentanza in assemblea non è soggetto a particolari formalità. Tra comproprietari non servono troppe formalità. In altre parole è sufficiente che l’amministratore inoltri la comunicazione a uno solo di questi e che detto partecipi all’assemblea per presumere, sino a prova contraria, che tutti i comproprietari siano venuti a conoscenza della stessa e abbiano conferito la delega a parteciparvi. A tal proposito il voto favorevole del pretermesso teso ad autorizzare l’amministratore a resistere in giudizio contro l’impugnazione della delibera può considerarsi un elemento di prova sufficiente a dimostrare la volontà di ratificare quanto deciso dall’organo assembleare. Una fioriera e poco buon senso hanno consentito al Magistrato di affrontare alcune interessanti questioni in diritto.

Tribunale di Monza, sez. I Civile, sentenza 27 febbraio - 12 marzo 2012, n. 627 Giudice Sommariva Svolgimento del processo Con ricorso depositato in data 2.11.2006 e notificato, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, in data 12.12.2006, i coniugi D.P.-P., premesso di essere proprietari, in regime di comunione dei beni, di un appartamento e relativo box facenti parte del Condominio P., sito in Monza, via B., 37, hanno impugnato, davanti al Tribunale di Monza, la delibera dell’assemblea condominiale del 3.10.2006, con la quale i condomini, a maggioranza semplice, avevano deciso di delimitare l'area destinata al parcheggio delle auto con l'acquisto di un panettone o dì una fioriera”. A sostegno dell’impugnazione, i ricorrenti hanno dedotto l’illegittimità della delibera per invalida costituzione dell'assemblea non essendo stati citati tutti i comproprietari delle unità immobiliari , per insufficienza del mandato di rappresentanza dei condomini non presenti personalmente in quanto conferito solo da alcuni dei comproprietari delle unità immobiliari e, infine, la sua nullità per violazione del regolamento condominiale di natura contrattuale e del loro diritto di proprietà. Con sentenza n. 2243/2008, in accoglimento dell'eccezione al riguardo sollevata dal Condominio resistente, il Tribunale di Monza ha dichiarato la propria incompetenza per materia, assegnando alle parti termine di novanta giorni per la riassunzione della causa davanti al Giudice di Pace. Il Tribunale è pervenuto a tale statuizione ritenendo che la delibera di acquistare una fioriera o un panettone per delimitare l'area a ghiaia da quella a beola deve essere considerata una modalità dell'utilizzo di parte condominiale che comporta l'incompetenza del Tribunale di Monza a decidere sulla controversia, a favore del Giudice dì Pace di Monza, competente ex art. 7, co. III, n. 2, c.p.c. . La causa è stata tempestivamente riassunta davanti al Giudice di Paci di Monza che, con la sentenza n. 2091/2010 oggetto dell’odierno gravame, dissentendo da quanto statuito in punto competenza dal Tribunale e ritenendo, in particolare, che i vizi dedotti in ordine alla costituzione dell’assemblea ed al conflitto tra diritti immobiliari rientrassero nella competenza per materia del Tribunale, si è dichiarato, a sua volta, incompetente a conoscere dell'impugnazione con riferimento agli stessi, omissis . I signori D.P.-P. hanno appellato la predetta sentenza, censurando le statuizioni assunte dal Giudice di Pace in ordine alla competenza e lamentando, in particolare, l'omessa proposizione da parte dello stesso del regolamento di competenza ex art. 45 c.p.comma Tanto premesso gli appellanti hanno concluso, in via preliminare, chiedendo al Tribunale di promuovere d'ufficio il regolamento di competenza, reiterando, nel merito, le domande già proposte nel precedente grado di giudizio. Il Condominio si è costituito concludendo, in via preliminare, per la declaratoria d'inammissibilità, improponibilità, improcedibilità del gravame e, nel merito, in via subordinata, per la conferma della sentenza impugnata e, in via di ulteriore subordine, per il rigetto della domande avversarie. Respinta l'istanza di sospensione degli effetti della deliberazione impugnata, con ordinanza confermata in sede di reclamo, alle parti sono stati assegnati termini per il deposito delle memorie ex art. 183, comma sesto, c.p.comma Ritenuta la controversia decidibile sulla base dei documenti versati in atti, la causa è stata trattenuta in decisione senza svolgimento di attività istruttoria. Motivi della decisione Per le ragioni di seguito esposte, se da un lato la sentenza impugnata, nella parte in cui statuisce l'incompetenza del Giudice di Pace, risulta affetta da nullità, dall'altro, nel merito, le domande proposte degli attori non possono trovare accoglimento. Quanto ai profili processuali, il Giudice di prime cure ha senz'altro errato nel dichiararsi direttamente incompetente, in quanto, essendo stato investito della cognizione della causa in forza di una sentenza del Tribunale di Monza, espressosi sulla questione in senso opposto, in luogo di respingere la relativa istanza, avrebbe dovuto richiedere d'ufficio il regolamento di competenza ex art. 45 c.p.comma Il richiamo all’art. 46 c.p.c., contenuto nella sentenza impugnala, non è pertinente, in quanto la predetta disposizione si limita a sancire l’inapplicabilità ai giudizi davanti al giudice di pace degli artt. 42 e 43 c.p.c., ossia delle disposizioni relative al regolamento necessario e facoltativo di competenza proposti dalle parti, mentre non fa menzione dell'art. 45 c.p.c., sicché, in caso di conflitto di competenza, anche il giudice di pace è tenuto a promuovere d'ufficio il regolamento di competenza. Ciò premesso, le istanze ed eccezioni preliminari sollevate dalle parti non possono trovare accoglimento. Diversamente da quanto eccepito dal Condominio, l'appello proposto dagli attori è sicuramente ammissibile e procedibile, trattandosi dell'unico mezzo d'impugnazione esperibile per pone rimedio air erroneità della sentenza dì primo grado ed all'assenza di qualsivoglia pronuncia sul merito delle proprie domande a fronte della preclusione alla proposizione del regolamento di competenza sancita dall'art. 46 c.p.comma La questione è stata affrontata dalla Cassazione, che, con riferimento al caso qui esaminato, ha affermato la proponibilità dell'appello, chiarendo che c7a decisione conia quale il giudice di pace statuisca sulla propria competenza, ove non abbia natura meramente interlocutoria, ma costituisca una vera e propria sentenza, non è impugnabile col regolamento di competenza, ma può essere soltanto appellata, nei limiti e secondo le previsioni di cui all'art. 339 c.p.c. cosi Cass. n. 14185/2008 e 23458/2011 . In difetto di una previsione normativa in tal senso è, nel contempo, da escludere che il regolamento di competenza possa essere richiesto d'ufficio da questo Tribunale, adito quale giudice d'appello. L'istanza avanzata in tal senso dagli appellanti va, pertanto, rigettata. Né l'erronea dichiarazione d'incompetenza da parte del giudice di primo grado costituisce ragione di rimessione allo stesso della causa, non rientrando tra le ipotesi di retrocessione del processo contemplale dagli artt. 353 e 354 c.p.comma Considerato che, con la proposizione dell'appello, il Tribunale è stato investito anche del merito delle domande, alla luce delle disposizioni processuali sopra richiamate, l'odierno estensore è tenuto a pronunciarsi in unico grado sulle censure prospettate a carico della delibera impugnata, non essendo ravvisabile, nelle menzionate norme processuali, alcuna lesione di diritti di rango costituzionale. Investita della questione, la Corte Costituzionale ne ha dichiarato la manifesta infondatezza, evidenziando che il principio del doppio grado di È manifestamente infondata, con riferimento agli art. 3 e 24 cost., la q.l.comma dell'art. 46 c.p.c., nella parte in cui non consente l'impugnazione con regolamento di competenza delle sentenze dei giudice dì pace declinatone della competenza e rese in controversie di valore superiore a due milioni di lire ammettendo il solo rimedio dell'appello, con conseguente impossibilitò di ritorno al primo giudice in caso di accoglimento dell'impugnazione ai sensi dell'art. 353 c.p.c., e così negando il doppio grado di giurisdizione , in quanto, da un lato, il principio del doppio grado di giurisdizione non è coperto da garanzia costituzionale, e, dall'altro il diritto di difesa è adeguatamente tutelalo, quando la causa sia sottoposta alla cognizione di due giudici diversi in primo e secondo grado, a nulla rilevando che uno di essi abbia esaminato soltanto questioni pregiudiziali di rito. C.Cost. n. 585/2000 e 69/2002 . Procedendo alla disamina del merito della controversia, vanno, in primo luogo, disattese le censure relative ai vizi di convocazione e di rappresentanza. Deve precisarsi, innanzi rutto, che, come chiarito dalle S.U. della Cassazione sent. n. 4806/2005 , i vizi che affliggono il procedimento di formazione della volontà assembleare, inclusi quelli inerenti all'omessa convocazione di alcuno dei condomini o alla sua rappresentanza in assemblea, non determinano la nullità, ma esclusivamente l'annullabilità della delibera, ove impugnata nel termine di decadenza di trenta giorni dalla sua adozione o dalla sua conoscenza. Nel caso esaminato, dalla disamina del verbale assembleare emerge che l'assemblea del 3.6.2010 si è svolta in forma totalitaria, risultandovi attestata la presenza di tutti i condomini, personalmente o per delega. I ricorrenti lamentano, tuttavia, che a il procedimento di convocazione sarebbe viziato, in quanto il relativo avviso, in violazione dell'art. 1136, comma sesto, c.c., non sarebbe stato comunicato ai comproprietari prò indiviso non conviventi e, in particolare, alle figlie della signora G.F. ed al signor M.C., coniuge separato della signora S.M. b le deleghe conferite dalla signora F. e dalla signora M., rappresentate, in assemblea, rispettivamente, dai condomini B. e G., sarebbero parimenti invalide, in quanto conferite da uno solo dei comproprietari prò indiviso, in luogo che da tutti i comproprietari interessati, come prescritto dall'art. 67, comma 2°, c.comma Ritiene, innanzi tutto, il Tribunale che, in considerazione del tipo di censura dedotta, comportante la mera annullabilità della delibera, legittimato a farla valere sia esclusivamente il singolo comproprietario dell'unità immobiliare non convocato o non consultato dall'altro comproprietario nella designazione del rappresentante comune per la partecipazione all'assemblea. Con riferimento al potere di rappresentanza, la giurisprudenza di Legittimità si è espressamente pronunciata in tal senso, affermando che in difetto di norme particolari, i rapporti fra il rappresentante intervenuto in assemblea ed il condomino rappresentato debbono ritenersi disciplinati dalle regole generali sul mandato, con la conseguenza che solo il condomino delegante o quello che sì ritenga falsamente rappresentato sono legittimati a far valere gli eventuali vizi della delega o la carenza del potere di rappresentanza, e non anche gli altri condomini estranei a tale rapporto, così Cass. n. 8116/1999 e precisando, inoltre, che in materia di delibere condominiali, i rapporti tra il rappresentante intervenuto in assemblea ed il condomino rappresentato sono disciplinali, in difetto di norme particolari, dalle regole sul mandato, con la conseguenza che l'operato del delegato nel corso dell'assemblea non è nullo e neppure annullabile ma inefficace nei omissis temporanea non è tuttavia rilevabile d'ufficio, ma solo su eccezione del condomino pseudo - rappresentato. cosi Cass. n. 4531/2003 . Il principio è da estendere anche all'omessa convocazione di taluno dei comproprietari, in quanto, ricondotto il vizio alla categoria dell’annullabilità, interessato a fallo valere è esclusivamente il comproprietario pretermesso, prevalendo, diversamente, nei rapporti con gli altri condomini, la volontà espressa dal soggetto designato dall'altro comproprietario prò indiviso. Nel caso esaminato né le figlie della signora F., né il signor C. hanno proposto impugnazione avverso la delibera qui esaminata. Quanto alle prime deve, peraltro, presumersi, sino a prova contraria, nella specie non fornita, che, in ragione dello stretto vincolo di parentela, pur trattandosi di familiari non conviventi, la madre le abbia comunque informate dell'assemblea e, nel delegare alla partecipazione il signor G.G., abbia agito anche per conto delle stesse e con il loro implicito assenso cfr. Cass. n. 1830/2000, secondo cui per la comunicazione della convocazione tra comproprietari ed il conferimento del potere di rappresentanza non sono richieste particolari formalità, presumendosi esistenti fino a prova contraria, gravante a carico del condomino impugnante . Con riferimento alla comproprietaria M.V., conferma in tal senso si trae anche dalla successiva sottoscrizione, da parte della stessa, unitamente alla madre, del conferimento della delega al signor G.G. a rappresentarla nell'assemblea del 3.1.2007, che, chiamata a deliberare in ordine all'impugnazione proposta dagli odierni appellanti avverso la delibera del 3-10.2006, ha deliberato, con il voto favorevole della proprietà F.-V., l'autorizzazione dell’amministratore del Condominio a costituirsi per sostenerne la legittimità vd. docomma 2 fascicolo appellato . Quanto al signor M.C., ogni questione sollevata deve, comunque, ritenersi superata dall'espressa conferma da parte dello stesso del voto espresso anche per suo conto dalla comproprietaria S.M. vd. docomma 5 fascicolo appellato . Parimenti infondata è la domanda di accertamento della nullità della delibera del 3,10.2006 per violazione del regolamento condominiale contrattuale e del diritto di proprietà dei ricorrenti. La delibera impugnata non comporta, infatti, alcuna divisione delle parti comuni, ma si limita a regolare le modalità d'uso dell'area comune esterna all'edificio, delimitando fisicamente l'area di accesso ai box già pavimentata con beole , mediante l'apposizione di un panettone o di una fioriera, dal vialetto che corre lungo il fianco dell'edificio opposto a quello dell'ingresso carraio, in modo che lo stesso, già ricoperto con ghiaietto, risulti definitivamente destinato, in via esclusiva, al solo passaggio pedonale e così da impedirne l'uso per effettuare il percorso e le manovre di accesso alle autorimesse. Diversamente da quanto sostenuto dagli appellanti, per l'adozione della delibera in esame non è necessaria l'unanimità dei consensi, essendo sufficiente la maggioranza di cui al secondo comma dell'art. 1136 c.c., maggioranza degli intervenuti rappresentanti almeno la metà del valore dell'edificio , nella specie raggiunta grazie al voto favorevole di cinque condomini su otto titolari di 625 millesimi di proprietà. Le nonne volte a disciplinare l'uso delle cose comuni, anche se contenute in un regolamento approvato con il consenso dì tutti i partecipanti alla comunione, possono essere modificate con il voto della maggioranza dei comunisti ex art. 1138, comma terzo, ce, richiedendosi l'unanimità solo nel caso d'introduzione di disposizioni che esorbitino dalla potestà di gestione delle cose comuni attribuita all’assemblea, menomando i diritto dei singoli condomini o stabilendo obblighi o limitazioni a loro carico. Nella fattispecie esaminata deve escludersi che la delibera impugnata abbia inciso sul diritto di comproprietà degli appellanti. Dalle planimetrie in atti doccomma 2b e 17-18 fascicolo appellanti risulta, infatti, che il varco d'accesso al box dei ricorrenti dista dall'inizio del vialetto ben sette metri, sicché è indiscutibile che, nonostante l'apposizione di una fioriera o di una panettone, resti comunque uno spazio sufficiente per eseguire le manovre d'ingresso ali1 autorimessa e di uscita dalla stessa con un'auto di medie dimensioni. Gli stessi ricorrenti, lungi dal lamentare di essere assolutamente impediti all'utilizzo del box, si sono limitati ad allegare che, a seguito della delimitazione del vialetto in ghiaia, le manovre di entrata e di uscita dal box sarebbero divenute più difficoltose in ragione della riduzione dello spazio a disposizione per la loro esecuzione conseguente alla barriera apposta a delimitazione del vialetto pedonale. Nei contemperamento degli interessi dei proprietari della abitazioni con affaccio sul vialetto ricoperto da ghiaia a preservare le proprie unità immobiliari dalle immissioni di rumore e di polvere derivanti dal transito di autovetture lungo lo stesso con quello contrapposto, qui rivendicato dagli appellanti, ad una più comoda esecuzione della manovra di accesso al box resa, peraltro, già in origine disagevole dalla presenza del contiguo muro di cinta , quest'ultimo è destinato a soccombere, dovendosi riconoscere tutela preminente ai primi. L'impugnazione proposta dai coniugi D.P.-P. avverso la delibera del 3.10.2006 va, pertanto, rigettata, con condanna degli appellanti a rifondere al Condominio le spese del presente processo di appello, liquidate come da dispositivo, ferma, invece, la compensazione di quelle del processo innanzi al Giudice di Pace, non essendo stata espressamente richiesta la riforma di tale capo della sentenza e considerata, inoltre, l’erroneità delle statuizioni sulla competenza con la stessa assunte. P.Q.M. Tribunale di Monza, sezione prima civile, in persona del giudice, dott. Sirena Sommariva, definitivamente pronunziando nella causa civile di appello promossa da M.D.P. e C.P. contro il Condominio P. di Monza, via B., 37, nel contraddittorio delle parli, così provvede 1 dichiara la nullità della sentenza impugnata nella parte in cui il Giudice di Pace di Monza ha dichiarato la propria incompetenza in luogo di richiedere il regolamento di competenza ex art. 45 c.p.c. 2 nel merito, rigetta tutte le domande proposte dagli appellanti nei confronti dell'appellato 3 confermata la compensazione delle spese processuali di primo grado, condanna gli appellanti a rifondere all'appellato le spese processuali del presente grado di giudizio, liquidate negli importi di euro 1.479,00 per diritti ed euro 2.800,00 per onorari, oltre al rimborso forfetario delle spese generali misura pari al 12,5% dei predetti importi, CPA e IVA.