Procedimento sommario di cognizione: come trascrivere la domanda ed il verbale di mediazione

In attesa della calendarizzazione della discussione davanti alla Consulta delle questioni di costituzionalità attualmente pendenti e dell’oramai prossima entrata in vigore dell’obbligo del tentativo di mediazione anche per le cause condominiali e quelle in materia di responsabilità civile auto, il dibattito sulla mediazione si arricchisce di due ordinanze emesse, la prima, dal Tribunale di Genova il 18 novembre scorso e, la seconda, dal Tribunale di Varese, il 20 gennaio 2012.

Entrambe le pronunce sono interessanti perché affrontano l’individuazione delle materie rispetto alle quali il legislatore, all’art. 5, comma 1, d.lgs. n. 28/2010, ha previsto il previo esperimento del tentativo di mediazione. La sola ordinanza di Genova, poi, deve essere segnalata perché solleva una nuova questione di legittimità costituzionale della normativa. Mediazione e procedimento sommario ex art. 702-bis c.p.c Entrambe le ordinanze hanno modo di precisare che, in presenza di una controversia che ricade in una delle materie di cui al primo comma dell’art. 5, d.lgs. n. 28/2010, la necessità che sia esperito un tentativo di mediazione non è certamente esclusa dalla circostanza che l’attore abbia proposto la domanda nelle forme del procedimento sommario di cognizione previsto dagli artt. 702- bis ss. c.p.c. anziché nelle forme ordinarie. Ed infatti, non v’è nessuna norma che eccettui quel procedimento dall’obbligo del preventivo esperimento della mediazione del resto le eccezioni sono soltanto quelle previste dallo stesso art. 5 e, cioè, tra gli altri, procedimenti cautelari, ricorso per ingiunzione, procedimenti per convalida di licenza e sfratto, procedimenti camerali ed esecutivi. Ma v’è di più. Ed infatti, questa scelta non crea neppure un dubbio di costituzionalità come vorrebbe qualcuno. Ciò perché – osserva correttamente il Tribunale di Genova – la funzione acceleratoria [che caratterizza il procedimento sommario] non risulta compromessa dalla previsione, anche per questo tipo di procedimenti, della c.d. mediazione obbligatoria. Questa infatti, avente invece finalità deflattiva, può importare – se precedentemente instaurata – la superfluità di ricorrere alla giustizia [] e, comunque, attesa la brevità del termine entro la quale deve essere iniziata e conclusa non inficia comunque la finalità acceleratoria del procedimento ex art. 702 bis c.p.c. garantita come detto dalle diversità sopra accennate rispetto al procedimento ordinario . Azione di rivendica e azione di restituzione. Quanto all’individuazione delle materie elencate nel comma 1 dell’art. 5 nei due casi in esame ha assunto rilievo la materia della proprietà e dei diritti reali. E così per il Tribunale di Varese, dove l’attrice aveva chiesto la ri consegna da parte del marito della di lei autovettura, se l’attrice ha proposto l’azione reale di rivendicazione, la domanda doveva essere preceduta dalla mediazione, trattandosi di controversia in materia di diritti reali, se invece, ha proposto una domanda personale di restituzione, la domanda correttamente poteva essere introitata direttamente davanti al Tribunale, non involgendo la lite diritti reali . La massima così enunciata – e che evidentemente risulta fondata sulla distinzione tra azione reale e personale - appare del tutto condivisibile alla luce della normativa vigente. Condominio e servitù su fondo condominiale. Quanto, poi, al caso pendente davanti al Tribunale di Genova si trattava di un’azione volta all’accertamento di una servitù di passo nei confronti di un condominio. Anche qui, in modo corretto, il giudice afferma che essendo stato chiesto l’accertamento di una servitù a favore del fondo di parte attrice ed a carico di un fondo del condominio convenuto la causa rientra nell’ambito dei diritti reali e non delle cause condominiali circoscritte a quelle relative agli artt. 117 e ss. c.c. . Mediazione, trascrizione e incostituzionalità. Ma la ordinanza del tribunale ligure merita particolare attenzione nella parte in cui solleva la questione di costituzionalità tra gli altri motivi con riferimento all’impossibilità di trascrivere la domanda di mediazione. La premessa da cui muove il Tribunale è corretta, ma la motivazione e le conclusioni non mi convincono. Iniziamo dalla premessa non è possibile trascrivere né la domanda di mediazione [] né direttamente il verbale di mediazione essendo prevista unicamente la possibilità di trascrivere l’accordo conclusivo di mediazione previa autenticazione delle sottoscrizioni da parte di un pubblico ufficiale . E ciò corrisponde al vero perché risulta dagli artt. 5, comma 3, e 11, comma 3, d.lgs. n. 28/2010. Preliminarmente vorrei porre una domanda il legislatore avrebbe potuto prevedere la trascrizione della domanda di mediazione? Con certe precisazioni, sì e, secondo me, sarebbe stato anche opportuno per favorire la mediazione e ciò sul modello della trascrizione del preliminare , ma non lo ha fatto e, quindi, dobbiamo vedere se la mancata previsione e l’attuale disciplina determina veramente come ritiene il Tribunale una violazione del principio di ragionevolezza. Dopo la mediazione positiva deve seguire necessariamente il processo? Dalla premessa ora ricordata il Tribunale trae la seguente conclusione per i diritti reali la mediazione dovrà sempre essere ‘doppiata’ dal giudizio ordinario nella forma tradizionale o come art. 702- bis c.p.c. atteso che, in caso contrario, l’attore vittorioso non potrebbe comunque trascrivere direttamente né il verbale di avvenuta positiva mediazione se non previa autenticazione. né soprattutto giovarsi dell’effetto prenotativo della domanda di mediazione non trascrivibile . L’attore – prosegue il Tribunale – dovrebbe ed anche questo è vero tentare la mediazione e trascrivere la domanda giudiziale se vuole premunirsi rispetto al fallimento della mediazione e a possibili atti di disposizione lite pendenti della controparte. Attenzione, però. Non è vero che il procedimento di merito dovrà necessariamente e sempre seguire doppiare la mediazione conclusasi positivamente. Ed infatti potrebbero accadere tante evenienze e così a titolo esemplificativo a la parte attrice si accorge che non ha ragione e rinuncia alla pretesa b parte attrice e parte convenuta si accordano per monetizzare il maggior aggravio determinato alla parte attrice dal dover fare un giro più lungo a fronte della rinuncia all’azione c le parti si accordano per l’esistenza della servitù che costituiscono contrattualmente e, successivamente, si recano dal notaio per l’atto pubblico necessario alla trascrizione. Verbale positivo autenticato. Orbene, in tutti questi casi a me sembra, non vi sarebbe nessuna necessità di un giudizio di merito. Più in particolare, nel caso sub c , certamente, la trascrizione prenderebbe ‘data’ dalla trascrizione dell’atto e non della domanda di mediazione o della notificazione della citazione in giudizio. Ma la mancata retrodatazione se così la vogliamo chiamare , a tacer d’altro, potrà essere ‘neutralizzata’ negli effetti pregiudizievoli per la parte per effetto dell’autonomia privata si pensi, ad esempio, come da taluno sostenuto, alla apposizione di una condizione risolutiva dell’assenza di trascrizioni pregiudizievoli . Verbale positivo ‘da verificare’. Ed ancora. Sempre nel caso sub c potrebbe anche accadere che, una volta raggiunto l’accordo, una parte non si rechi dal notaio. Quid juris? In questo caso è vero che serve un giudizio di merito, ma il suo contenuto è particolare e, soprattutto, diverso da quello evitato con la mediazione si tratta, infatti, del giudizio di verificazione la cui domanda potrà essere trascritta prenotazione degli effetti e, quindi, dopo la verificazione l’accordo potrà essere trascritto prendendo ‘data’ dalla domanda di verificazione e, quindi, per quel che qui interessa, come nell’ipotesi precedente . Ne deriva che nella materia dei diritti reali se le parti non raggiungono un accordo, si svolgerà il processo di merito. La pendenza della mediazione non avrà pregiudicato la parte attrice tutte le volte in cui avrà rispettato l’onere della trascrizione della domanda giudiziaria ex art. 5, d.lgs. 28/2010 e ciò rende conforme il tutto alla Costituzione se le parti raggiungono un accordo, l’accordo – rispettate le formalità di cui all’art. 11 – potrà essere trascritto e la causa di merito in parole povere non potrà più esserci a meno che la transazione per qualche causa non venga meno se le parti raggiungono un accordo e manca l’autenticazione, la parte interessata potrà procedere con un giudizio di verificazione, trascrivere la relativa domanda e,finalmente, trascrivere l’atto verificato. Il processo che si celebrerà, però, avrà ad oggetto la verificazione e non il diritto reale. Ma, quello che più conta, a mio avviso, è che nella materia dei diritti reali ivi comprese le ipotesi in cui si discuta di proprietà acquistata per usucapione la mediazione non è inutile se non nella misura in cui è inutile in tutte le ipotesi in cui una o entrambe le parti non vogliano mediare ma rivendichino l’affermazione di legge per i motivi che, qui, non interessano. Ed infatti, la mediazione può portare – è bene ricordare – sia a risultati identici a quelli ottenibili con una sentenza si pensi all’ipotesi di costituzione di una servitù coattiva se le parti li vogliono e concordano oppure anche a risultati che il processo non potrebbe mai dare.

Tribunale di Genova, ordinanza 18 novembre 2011 Giudice Valentina Vinelli Fatto e diritto Ha pronunciato la seguente ordinanza a scioglimento della riserva assunta in data in data 26.10.2011. comproprietari della palazzina da terra a tetto sita in Via hanno depositato ricorso ex articolo 702 bis c.p.comma in data 15.04.2011, allegando di essere titolari di servitù di passo pedonale a favore dei fondi di loro proprietà ed a carico di una porzione del parco condominiale annesso ai villini civici aventi accesso dal cancello contrassegnato con il n. Deducono in particolare che detta servitù, fondata sui titoli prodotti e finalizzata ad avere un comodo accesso alla scogliera, è da sempre stata esercitata attraverso una scala a sbalzo accessibile direttamente da via ed un successivo breve percorso pedonale pianeggiante, fino ad una ulteriore scala un muratura con andamento a linea spezzata sovrapposta alla scogliera che nei primi giorni del Novembre 2009 l'amministratore del condominio, su incarico del condominio stesso, aveva fatto demolire la scaletta a sbalzo, impedendo quindi del tutto l'esercizio della servitù rispetto all'attrice e rendendone più incomodo l'esercizio quanto agli altri due attori costretti a percorrere un tragitto molto più lungo per ritrovarsi nel punto posto in corrispondenza alla fine della scala demolita .avente accesso da via di dichiararsi illegittima la demolizione. Tanto premesso chiedevano di accertare la sussistenza della servitù a favore dei propri fondi ed a carico del parco condominiale annesso ai civici numeri della scala e di condannare il condomino convenuto alla rimessione in pristino dei luoghi di causa. Si costituiva il condominio convenuto, eccependo l'estinzione per non uso ventennale della servitù quanto all'attrice e rilevando di avere trasferito in altro luogo l'esercizio della servitù quanto agli altri due comproprietari, con il consenso degli stessi. All'udienza ex articolo 183 epe il Giudice rilevava la mancata instaurazione del procedimento di mediazione. Parte attrice eccepiva quindi l'incostituzionalità dell'articolo 5 d.lgs 28/2010, anche alla luce dell'articolo 60 della Legge 18.6.2009 n. 69 e degli artt. 4 e 5 DM 10.10.180, per violazione degli arti 77, 24, 3 e 111 Cost. per le seguenti ragioni, così riassumibili le parti corsive riportano letteralmente i rilievi esposti da parte attrice nella memoria depositata in data 26.09.2011 . 1 L'applicazione del procedimento di mediazione obbligatoria ai procedimenti ex articolo 702 bis, aventi finalità deflattiva, allunga irragionevolmente i tempi processuali, con conseguente violazione dell'articolo 111 Cost. 2 Gli artt. 2643, 2652, 2653 cod. civ elencano gli atti e le domande giudiziali che possono essere trascritti. L'elenco è tassativo e non prevede la trascrivìbilità né dell'istanza di mediazione né del verbale. Conseguentemente ove si verta in tema di diritti reali, l'istante non solo non può avvalersi dell'effetto c.d. prenotativo della trascrizione della domanda con le immaginabili conseguenze in tema di tutela del diritto e di opponibilità ai terzi ma neppure può trascrivere direttamente il verbale in cui dovessero essere trasfusi gli intervenuti accordi essendo necessario far autenticare la sottoscrizione da un pubblico ufficiale. Sarebbe quindi necessario introdurre il processo giudiziario ordinario trascrivendo la relativa domanda, successivamente introdurre il giudizio di mediazione che nella sostanza sarebbe poco più che una farsa e all'esito ovviamente negativo dello stesso, riprendere il processo ordinario che a questo punto prosegitirebbe nel consueto iter, concludendosi con provvedimento che potrà essere trascritto, giovandosi dell'effetto prenotativo discendente dalla precedente trascrizione della domanda . Il procedimento pertanto si porrebbe in contrasto sia con il principio del giusto processo tutelato dall'articolo 111 della Costituzione sia con il diritto di tutela giurisdizionale garantita dall'articolo 24 della costituzione, atteso che invece di deflazionare il contenzioso lo porterebbe a gonfiarsi in maniera patologica . 3 L’articolo 60 legge 69 del 2009 disponeva di prevedere che la mediazione, finalizzata alla conciliazione fosse realizzata senza precludere l'accesso alla giustizia. L'articolo 5 Dlgs 28/2010 rendendo in molti casi la mediazione una condizione di procedibilità della domanda, ha disciplinato il fenomeno oltre i limiti fissati dalla legge delega ed anzi più precisamente in contrasto con la stessa nella parte in cui non voleva che la mediazione precludesse l'accesso alla giustizia , con conseguente violazione dell'articolo 77 Cost. 4 La mediazione di cui al D.lgs 28/2010 ha un costo e lo ha anche nell'ipotesi di mediazione obbligatoria come previsto dall'articolo 16 quarto comma D.M. 180/2010 che prevede che detto costo deve essere ridotto di un terzo nelle materie di cui all'articolo 5, comma 1, del Dlgs . La previsione di un costo ulteriore, rispetto al pagamento del contributo unificato, viola l'articolo 24 della Costituzione, atteso che la mediazione può essere obbligatoria, oppure onerosa, ma non le due cose insieme, poiché se la mediazione, come nel nostro caso è tanto obbligatoria, quanto onerosa, allora è incostituzionale, in particolare viola l'articolo 24 della Costituzione. Sembra evidente infatti che il legislatore possa prevedere la mediazione come scelta libera e cosciente della parte in questi casi quindi anche prevedere che chi la scelga debba pagare il servizio oppure il legislatore può subordinare l'esercizio della funzione giurisdizionale ad un previo adempimento, se questo è razionale e funzionale a un miglioramento del servizio giustizia, ed in questo senso, come avvenuto con l'articolo 410 c.p.comma può anche prevedere un tentativo obbligatorio di conciliazione, ma senza costi. Se viceversa il tentativo obbligatorio di conciliazione ha un costo, e questo costo non è meramente simbolico, come avviene con l'articolo 16 DM 180/2010 allora nella sostanza il sistema subordina l'esercizio della funzione giurisdizionale al pagamento di una somma di denaro , in violazione quindi dell'articolo 24 della Costituzione. 5 L'articolo 16 DM 180/2010, distingue le indennità del procedimento di mediazione in spese di avvio del procedimento e spese di mediazione . Le prime sono dovute da ciascuna parte ma sono versate dall'istante al momento del deposito della domanda. Le seconde sono dovute in solido da ciascuna parte che ha aderito al procedimento. Dunque il decreto ministeriale espressamente prevede che la parte convenuta possa non aderire al procedimento. Cosicché ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione a si ritiene che anche l'attore passa non aderire al procedimento, e quindi possa versare la sola spesa di avvio del procedimento ai fini dell'articolo 5 del Dlgs 28/2010 con contestuale dichiarazione di non volersi avvalere del servizio b oppure il sistema è in violazione del principio di uguaglianza, consentendo solo alla parte convenuta di non aderire al procedimento, ma non alla parte attrice, che si vedrebbe obtorto collo obbligato al procedimento di mediazione per poter far valere in giudizio un suo diritto. 6 Violazione dell'articolo 97 della Costituzione, con riferimento all'organizzazione interna degli organismi di conciliazione, come definiti anche dall'articolo 4 DM 180/2010, attesa la mancata previsione di condizioni minime di trasparenza, di eguaglianza e imparzialità dei mediatori, né di criteri oggettivi circa l'assegnazione delle pratiche fra i vari mediatori dell'organismo e di reclutamento degli aspiranti mediatori presso gli organismi costituiti da enti pubblici, in considerazione della funzione pubblica del procedimento di mediazione. Le questioni prospettate sono rilevanti e non manifestamente infondate, per le ragioni e limitatamente ai profili che seguono. Va premesso in primo luogo che il dlgs 28/2010 sulla cd. mediazione obbligatoria è stato pubblicato sulla G.U. il 05.03.2010, con conseguente applicabilità ai procedimenti instaurati a partire dal 21.3.2011. Il procedimento di mediazione è oggi obbligatorio per una serie di controversie nelle materie specificamente elencate dall'articolo 5 comma 1 dlgs cit, tra le quali quelle concernenti i diritti reali. Nel caso di specie la presente controversia, nella quale è stato chiesto l'accertamento di una servitù a favore del fondo di parte attrice ed a carico di un fondo del condominio convenuto, rientra nell'ambito dei diritti reali e non delle cause condominiali circoscritte a quelle relative agli artt. 1117 e ss ce . Tale interpretazione, in luogo di quella soggettiva ovvero che qualifica come condominiali tutte le cause ove una delle parti sia un condominio appare maggiormente conforme alla distinzione operata dal legislatore, che ha distinto le materie richiamando la distinzione codicistica, fondata sul dato oggettivo della materia trattata e non sulla qualità delle parti. Sono relative al condominio negli edifici i soli artt. dal 1117 al 1139 ce e pertanto solo alle controversie relative va riservata la qualifica di cause condominiali. Nel caso di specie invece, pur essendo parte del giudizio un condominio, la causa rientra pienamente tra quelle concernenti i diritti reali, per le quali è quindi già in vigore la ed. mediazione obbligatoria. La causa è stata instaurata con il deposito di ricorso ex articolo 702 bis c.p.c detto procedimento non rientra tra quelli per i quali è esclusa la ed mediazione obbligatoria arg. a contraris dal combinato disposto degli artt. 5 e 1 e 4 dlgs 28/2010 . Il comma 4 esclude esplicitamente alcuni procedimenti, senza infatti menzionare il rito sommario ex articolo 702 bis. Nel caso di specie il ricorso è stato depositato dopo l'entrata in vigore della legge citata, senza il previo esperimento del procedimento di mediazione. Il mancato esperimento del procedimento di mediazione è stato sollevato d'ufficio alla prima udienza. La questione di legittimità costituzionale prospettata da parte attrice è quindi certamente rilevante in punto rilevanza con riferimento all'impossibilità di trascrizione, v. infra sub 2 . Va quindi esaminato se la stessa sia non manifestamente infondata. Riprendendo, per comodità espositiva, la numerazione sopra riportata, va rilevato quanto segue. 1 Il procedimento sommario di cognizione ex articolo 702 bis, a differenza di quanto evidenziato da parte attrice, non ha finalità detrattive ma acceleratone. Non ha cioè quale scopo quello di evitare il ricorso alla giustizia, creando meccanismi alternativi alla giurisdizione volti a dirimere le controversie finalità deflattiva , ma è finalizzata ad utilizzare un procedimento giurisdizionale più rapido e snello rispetto al procedimento ordinario, modulato sulla falsariga dei procedimenti cautelari. Il procedimento sommario si pone quindi come strumento parallelo ed alternativo rispetto al procedimento ordinario, e sicuramente più veloce rispetto a questo come dimostra la riduzione dei termini a comparire, la mancata previsione di termini per memorie ex articolo 183 comma VI c.p.c, la conclusione con ordinanza, non preceduta da comparse conclusionali e memorie di repliche . La funzione acceleratoria non risulta compromessa dalla previsione, anche per questo tipo di procedimenti, della ed. mediazione obbligatoria. Questa infatti, avente invece finalità deflattiva, può importare se precedentemente instaurata la superfluità di ricorrente alla giustizia salvo, quanto si dirà sub 2 e, comunque, attesa la brevità del termine entro la quale deve essere iniziata e conclusa non inficia comunque la finalità acceleratoria del procedimento ex articolo 702 bis c.p.comma garantita, come detto, dalle diversità sopra accennate rispetto al procedimento ordinario . Non si ravvisa pertanto, limitatamente a questo profilo, la violazione dell'articolo 111 Cost. 2 Le domande giudiziali inerenti i diritti reali devono rectius possono essere trascritte. L'articolo 2653 comma 1 n. 1 prevede infatti che devono parimenti essere trascritte le domande dirette a rivendicare la proprietà o altri diritti reali di godimento su beni immobili e le domande dirette all'accertamento dei diritti stessi . La sentenza pronunciata contro il convenuto indicato nella trascrizione ha effetto anche contro coloro che hanno acquistato diritti dal medesimo in base ad un atto trascritto dopo la trascrizione della domanda. Nel caso di specie i ricorrenti hanno formulato una domanda diretta all'accertamento dell'esistenza, in favore del loro fondo ed a carico di quello dei convenuti, di una servitù di passaggio per titoli, della violazione del diritto a loro spettante in base ad essa ed all'eliminazione degli effetti del denunciato abuso. L'azione, rientrando nell'ambito dell'articolo 1079 ce, è certamente tra quelle in relazione alle quali, ai sensi dell'articolo 2653 n.l è richiesta la trascrizione. Tale trascrizione ha finalità ed effetti diversi rispetto alla trascrizione del titolo costitutivo della servitù, atteso che la prima spiega effetti di carattere meramente processuale, consentendo cioè che la sentenza definitiva che concluderà il processo abbia effetto, ex articolo 111,anche rispetto ai terzi che, nel corso del giudizio si rendessero acquirenti del bene su cui si incentra la controversia. Viceversa, ed a prescindere dalla trascrizione del titolo costitutivo della servitù, la mancata trascrizione della domanda giudiziale importa l'inopponibilità della sentenza a chi acquisti il fondo servente nel corso del processo e che abbia trascritto il suo titolo senza che possa rilevare che a suo tempo sia stato regolarmente trascritto l'atto costitutivo della servitù, con la conseguenza che il terzo acquirente è legittimato a proporre contro la detta sentenza pronunciata in giudizio, a cui è rimasto estraneo, l'opposizione di terzo ordinaria prevista dall'articolo 404 cpc sicomma Cass. 5852 del 23.05.1991 . Ciò precisato, anche al fine della rilevanza della questione nel presente giudizio, si osserva, in punto non manifesta infondatezza, quanto segue. Non è possibile trascrivere né la domanda di mediazione, atteso che l'articolo 2653 ce. con elencazione tassativa, ha riguardo unicamente alle domande giudiziali, come chiaramente desumibile dall'articolo 2653 comma 1 che disciplina l'effetto della trascrizione in relazione alla sentenza ovvero ad un provvedimento di natura giurisdizionale , né direttamente il verbale di mediazione essendo prevista unicamente la possibilità di trascrivere l'accordo conclusivo di mediazione previa autenticazione delle sottoscrizioni da parte di un pubblico ufficiale a ciò autorizzato . Ne consegue quindi che, per i diritti reali, la mediazione dovrà sempre essere doppiata dal giudizio ordinario nella forma tradizionale o come articolo 702 bis epe atteso che, in caso contrario, l'attore vittorioso non potrebbe comunque trascrivere direttamente né il verbale di avvenuta positiva mediazione se non previa autenticazione delle sottoscrizioni da parte di un pubblico ufficiale a ciò abilitato , né soprattutto giovarsi dell'effetto prenotativo della domanda di mediazione non trascrivibile . Ne consegue che, nel caso di specie, l'attore dovrebbe presentare istanza di mediazione, a pena di improcedibilità della domanda, quindi iniziare comunque un giudizio trascrivendo la domanda o comunque svolgere la mediazione nell'ambito del giudizio nel termine fissato dal giudice e, a prescindere dall'esito della mediazione, chiedere comunque una pronuncia giurisdizionale di merito, atteso che viceversa non potrebbe comunque né trascrivere direttamente il verbale di mediazione né soprattutto giovarsi dell'effetto prenotativo della domanda l'effetto prenotativo è infatti limitato ai casi in cui la trascrizione della domanda si seguita dalla pronuncia di una sentenza o di un provvedimento giurisdizionale analogo alla stessa, come appunto l'ordinanza ex articolo 702 ter epe . La conseguenza di tale previsione è quindi che nel caso di specie il soggetto procedente si troverà comunque costretto da un lato a sopportare sia i costi della mediazione sia il pagamento del contributo unificato per l'instaurazione del giudizio, senza in ogni caso potersi giovare dell'effetto deflattivo della prima. Tale situazione, naturale conseguenza dell'impossibilità di trascrivere sia la domanda di mediazione che direttamente il relativo verbale, contrasta quindi con sia con l'articolo 24 della Costituzione sia con l'articolo 3 della Costituzione ed in particolare con il principio di ragionevolezza dallo stesso evincibile. Con riferimento alla violazione dell'articolo 3 della Costituzione, va rilevato che i vizi sindacabili dalla Corte costituzionale, possono consistere tanto in una violazione diretta di una norma della Costituzione, quanto nella violazione di una norma implicita, dedotta da un combinato disposto, o dello spirito complessivo della Carta costituzionale. La violazione da ultimo citata viene indicata nella stessa giurisprudenza costituzionale con il termine di irragionevolezza in tale senso v. Corte Costi 69/2008 . Infatti, è ben vero che in base all'articolo 28 della legge n. 87 del 1953 il controllo di legittimità della Corte costituzionale su una legge o un atto avente forza di legge esclude ogni valutazione di natura politica e ogni sindacato sull'uso del potere discrezionale del Parlamento tuttavia, il principio di eguaglianza, contenuto nell'articolo 3 della Costituzione, rappresenta il limite ultimo della discrezionalità del legislatore e, contemporaneamente, il metro minimo di riesame delle sue scelte, imponendo al legislatore stesso un duplice onere di coerenza a livello di testo o di settore legislativo sindacato intrinseco e di ragionevolezza a livello di ordinamento costituzionale complessivo e di bilanciamento tra fini e valori costituzionali sindacato estrinseco . Sotto questo profilo pertanto l'articolo 5 del dlgs risulta quindi contrastare con l'articolo 3 e con il principio di ragionevolezza ad esso immanente e l'articolo 2653 comma 1 risulta altresì in contrasto con anche l'articolo 24 della Costituzione nella parte in cui non prevede la trascrivibilità della domanda di mediazione e, in ogni caso, l'effetto prenotativo della stessa rispetto alla sentenza, nell'ipotesi di conclusione negativa del procedimento di mediazione. 3 L'articolo 60 legge 69/09 legge delega al terzo comma lett. a prescrive che nell'esercizio della delega il Governo si attenga al seguente principio a prevedere che la mediazione finalizzata alla conciliazione, abbia per oggetto controversie su diritti disponibili, senza precludere l'accesso alla giustizia . Secondo la prospettiva attrice la previsione dell'articolo 5 D.lgs 28/2010 che ha reso, nelle materie espressamente contemplate, che la mediazione sia condizione di procedibilità della domanda, si porrebbe in contrasto con la legge delega nella parte in cui non voleva che la mediazione precludesse l'accesso alla giustizia e quindi, sarebbe incostituzionale perché contrastante con l'articolo 77 Cost. In proposito va premesso che la stessa normativa comunitaria, espressamente richiamata dal legislatore delegante articolo 60 comma 3 lett. c legge 69/2009 che prevedeva di disciplinare la mediazione nel rispetto della normativa comunitaria aveva previsto come possibile l'obbligatorietà della mediazione. L'at. 5 comma 2 della direttiva 21.5.2008 n. 2008/52/CE prevede infatti che La presente direttiva lascia impregiudicata la legislazione nazionale che rende il ricorso alla mediazione obbligatorio oppure soggetto a incentivi o sanzioni, sia prima che dopo l'inizio del procedimento giudiziario, purché tale legislazione non impedisca alle parti di esercitare il diritto di accesso al sistema giudiziario e nel contempo, definisce la mediazione come procedimento avviato dalle parti, suggerito od ordinato da un organo giurisdizionale o prescritto dal diritto di uno Stato membro articolo 3 . La previsione della mediazione come obbligatoria e come condizione di procedibilità è conforme a detta direttiva ed altresì alla previsione della legge delega che ha posto, quale unico limite, la circostanza che la mediazione non precluda l'accesso alla giustizia. Nel caso di specie la mediazione obbligatoria non preclude l'accesso alla giustizia, e non si pone in tale senso in contrasto con l'articolo 24 Cost, atteso che consente di adire il giudice o di proseguire il giudizio una volta che sia stato esperito inutilmente il procedimento di mediazione. La previsione peraltro di un termine breve quattro mesi entro il quale detto procedimento deve essere assolto, garantisce comunque che non vi sia un aggiramento di detta preclusione che si avrebbe nel caso fosse stato previsto un termine irragionevolmente lungo . La legge delega si limita a dire che la mediazione non deve precludere l'accesso alla giustizia, senza nulla dire in ordine alla configurazione della stessa come condizione di procedibilità. Tale natura, attribuitale dalla legge delegata, non si pone però in contrasto con la legge delega, che comunque richiamava espressamente la normativa comunitaria che, come visto, riconosceva la possibilità di una mediazione obbligatoria . D'altra parte la stessa Corte Costituzionale sentenza 276/2000 ha precisato che secondo i criteri fissati da questa corte sentenza 15 del 1999 e anche sentenze 126 e 163 del 2000 l'esame della legge di delega al fine di valutare la conformità ad essa della normativa delegata deve essere condotto procedendo innanzitutto all'interpretazione delle norme della legge di delegazione che determinano i principi e criteri direttivi, da ricostruire tenendo conto del complessivo contesto normativo e delle finalità che ispirano la delega. Successivamente si procede all'interpretazione delle disposizioni emanate in attuazione della delega, tenendo presente che i principi stabiliti dal legislatore delegante, costituiscono non solo il fondamento ed il limite delle norme delegate, ma anche un criterio per la loro interpretazione, in quanto esse vanno lette, finché possibile, nel significato compatibile con la legge di delega . La previsione dell'obbligatorietà della mediazione è compatibile con la previsione dell'articolo 60 che ha posto quale unico limite quello di non precludere l'accesso alla giustizia. Né sul punto vale obiettare che una previsione siffatta sarebbe stata superflua in quanto ovvia. La stessa disposizione dell'articolo 60 prevede infatti una cosa altrettanto ovvia, ovvero che la mediazione debba vertere su diritti disponibili cosa altrettanto evidente, tenuto presente che la mediazione opera su un piano negoziale e può quindi vertere unicamente su diritti disponibili . 4 La previsione della mediazione come condizione di procedibilità non è quindi incostituzionale né per contrasto con la legge delega né di per sé e in effetti la stessa Corte Costituzionale ha riconosciuto la legittimità costituzionale del tentativo di conciliazione obbligatorio nell'ambito delle controversie di lavoro Corte Cost. 276/2000 . L'incostituzionalità, sotto il profilo della violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione, sta invece nell'aver previsto una mediazione obbligatoria di tipo oneroso. Il carattere oneroso della mediazione, quale risultante dal combinato disposto degli artt. 16 c.2 e dell'articolo 16 comma 4 lettera d D.M. 18.10.2010 n. 180 nella versione novellata dal DM 145 del 6.7.2011 , contrasta infatti con l'articolo 24 della Costituzione, atteso che condiziona inevitabilmente l'accesso al giudice al pagamento di una ulteriore somma di denaro. Come correttamente rilevato in dottrina la mediazione può essere obbligatoria oppure onerosa, ma non le due cose insieme, poiché se la mediazione, come nel nostro caso, è tanto obbligatoria quanto onerosa, allora è incostituzionale . Tale conclusione è peraltro conforme al risalente principio espresso dalla Corte Costituzionale nella sentenza 67/1960 che aveva dichiarato incostituzionale l'articolo 98 epe sulla cautio prò expensis , secondo la quale lo Stato non può pretendere somme di denaro per adempiere al fondamentale dovere di rendere giustizia, salvo che i relativi esborsi non siano riconducibili a tributi giudiziari o servano a garantire l'obbligazione dedotta in giudizio. La previsione di una mediazione obbligatoria a pagamento pertanto si pone in insanabile contrasto con l'articolo 24 della Costituzione. 5 Risulta non manifestamente infondato anche il rilievo relativo alla disparità di trattamento tra attore e convenuto di articolo 3 Cost. quest'ultimo infatti può anche scegliere di non aderire al procedimento, andando quindi esente dal pagamento delle relative spese, mentre, attesa la formulazione letterale dell'articolo 16 che riferisce della possibilità di adesione o meno alla sola parte chiamala alla mediazione , tale possibilità sembra invece preclusa all'attore. Per quest'ultimo non è prevista la possibilità di rinunciare ad avvalersi del servizio, incorrendo quindi comunque nel pagamento sia delle spese di avvio che di mediazione. 6 Non è condivisibile invece la censura relativa alla contrarietà dell'articolo 4 dm 180/2010 rispetto all'articolo 97 della Costituzione, volta ad evidenziare la mancanza di condizioni minime di trasparenza, eguaglianza ed imparzialità dovute nell'esercizio di una funzione pubblica, quale quella esercitata dai mediatori, attesa la formulazione ampia ed elastica dell'articolo 4, che fisserebbe blandi criteri di professionalità dei mediatori senza prevederne appunto i requisiti minimi di professionalità, trasparenza, eguaglianza. La censura, alla luce della formulazione attuale dell'articolo 4 e 6, come modificati dall'articolo 2-3 del DM 6/7/2011 n. 145, non è fondata, atteso che è stata garantita la previsione, demandata al regolamento di criteri inderogabili per l'assegnazione degli affari di mediazione predeterminati e rispettosi della specifica competenza professionale del mediatore designato, desunta anche dalla tipologia di laurea posseduta , nonché con la modifica apportata all'articolo 4, co. 3, lett. b , del D.M. 180/2010, viene ora richiesta, oltre ad una specifica formazione ed aggiornamento almeno biennale del mediatore, anche la partecipazione del medesimo, in forma di tirocinio assistito, ad almeno venti casi di mediazione svolti presso gli Organismi iscritti al registro tenuto presso il Ministero di giustizia. Va infine rilevato d'ufficio un ulteriore profilo di illegittimità costituzionale. L'articolo 5 c, 1 Dlgs 28/2010 contrasta nuovamente con l'articolo 3 Cost, sotto il profilo della ragionevolezza, nella parte in cui prevede la mediazione obbligatoria solo per alcuni gruppi di materie e non per altre, sia pure parimenti caratterizzate dalla disponibilità dei relativi diritti sottostanti. Si pensi al caso della mediazione immobiliare, sottratta alle materia per le quali è prevista la mediazione obbligatoria o, con riferimento al caso di specie, alla domanda volta a dichiarare la nullità o pronunciare l'annullamento di un contratto costitutivo di servitù. Tale domanda, non rientrando in alcuno dei blocchi di materie di cui all'articolo 5, potrebbe essere direttamente azionata in giudizio, attenendo ad un contralto per il quale non è prevista la mediazione obbligatoria questa infatti è prevista solo per i contratti assicurativi, bancari e finanziari al contrario la domanda di accertamento o declaratoria di servitù, involgendo direttamente diritti reali, rientrerebbe appieno nell'ambito delle materie soggette a mediazione obbligatoria. Tale differenziazione, non è giustificata da alcuna ragionevole scelta di politica legislativa e si pone quindi nuovamente in contrasto con l'articolo 3 Cost nell'accezione sopra indicata. In conclusione, appare non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 5 Dlgs 28/2010 con riferimento agli arti. 3 e 24 della Costituzione, per avere previsto come obbligatoria la mediazione solo per alcune materie e non altre dell'articolo 5 Dlgs 28/2010 e dell'articolo 2653 comma 1 nella parte in cui non viene prevista la possibilità di trascrivere la domanda di mediazione ma prevede unicamente la possibilità di trascrivere la domanda giudiziale, per violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione del combinato disposto degli artt. 5 dlgs 28/2010 e l'articolo 16 d.m. 10.10.2010 n. 180 nella parte in cui prevedono la mediazione come obbligatoria e onerosa, per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cosi , del combinato disposto degli artt. 5 Dlgs 28/2010 e 16 d.m. 2010, nella parte in cui prevedono che solo il convenuto possa non aderire al procedimento di mediazione, per violazione dell'articolo 3 della Costituzione. P.Q.M. 1 dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli articolo 3 e 24 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 5 Dlgs n. 28/2010 nella parte in cui prevede l'esperimento del procedimento di mediazione quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale solo per le materie espressamente elencate nel comma primo 2 dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 5 Dlgs n. 28/2010 e dell'articolo 2653 comma 1 n.l c.comma nella parte in cui non prevedono, per le domande dirette all'accertamento di diritti reali, la possibilità di trascrivere la domanda di mediazione e direttamente il verbale di mediazione, con efficacia prenotativa della prima anche rispetto al provvedimento giurisdizionale conclusivo del procedimento giudiziario 3 dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli articolo 3 e 24 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 5 Dlgs n. 28/2010 e dell'articolo 16 d.m. 180/2010 nella parte in cui prevedono l'esperimento del procedimento di mediazione quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale, prevedendone altresì il carattere oneroso 4 dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione all'articolo 3 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 5 Dlgs 28/2010 e 16 d.m. 180/2010, nella parte in cui prevedono che solo il convenuto possa non aderire al procedimento di mediazione 5 dispone la sospensione del presente giudizio ed ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale 6 ordina che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti costituite, al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonché comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.

Tribunale di Varese, Sez. I Civile, ordinanza 20 gennaio 2012 Giudice Giuseppe Buffone Osserva La parte ricorrente – moglie del resistente – propone la domanda giudiziale introduttiva del giudizio al fine di ottenere la restituzione della propria autovettura dichiarata tale . Vi è necessità di verificare se, al cospetto di una azione del genere, sussista l’obbligo della preliminare mediazione ex art. 5 comma I d.lgs. 28/2010. Va premesso che l’introduzione del giudizio con il ricorso sommario di cognizione, ex art. 702-bis c.p.c., non incide affatto sulla quaestio posto che non è il rito procedimentale a determinare l’obbligatorietà del procedimento mediativo ma la natura della controversia. In tema di difesa della proprietà, l'azione di rivendicazione 1 e quella di restituzione 2 , pur tendendo al medesimo risultato pratico del recupero della materiale disponibilità del bene, hanno natura e presupposti diversi con la prima, di carattere reale, l'attore assume di essere proprietario del bene e, non essendone in possesso, agisce contro chiunque di fatto ne disponga onde conseguirne nuovamente il possesso, previo riconoscimento del suo diritto di proprietà v. Cass. civ., sez. II, sentenza 26 febbraio 2007 n. 4416, Rv. 596948 con la seconda, di natura personale, l'attore non mira ad ottenere il riconoscimento di tale diritto, del quale non deve, pertanto, fornire la prova, ma solo ad ottenere la riconsegna del bene stesso, e, quindi, può limitarsi alla dimostrazione dell'avvenuta consegna in base ad un titolo e del successivo venir meno di questo per qualsiasi causa, o ad allegare l'insussistenza ab origine di qualsiasi titolo Cass. civ., sez. III, sentenza 10 dicembre 2004 n. 23086, Rv. 578708 . Orbene se l’attrice ha proposto l’azione reale di rivendicazione, la domanda doveva essere proceduta dalla mediazione, trattandosi di controversia in materia di diritti reali se, invece, ha proposto una domanda personale di restituzione, la domanda correttamente poteva essere introitata direttamente davanti al Tribunale, non involgendo la lite diritti reali. Reputa questo Tribunale che l’azione sia di restituzione. In primis, nelle conclusioni, si richiede esclusivamente la riconsegna del bene e non viene espressamente formulata domanda di accertamento della proprietà. In oltre, guardando alla causa petendi, i fatti costitutivi della pretesa sono, da un lato l’assenza di titolo sul bene da parte del convenuto e, dall’altro, l’originario possesso del veicolo da parte della ricorrente. Ne discende la natura personale dell’azione e la sua collocabilità nell’alveo delle azioni restitutorie. La domanda è, allora, procedibile. Peraltro, in data odierna, gli Avvocati, prudenzialmente, hanno depositato il verbale redatto dai mediatori, dove sono comparsi, che ha dato esito negativo. Non vi è necessità di evocare in giudizio la società che ha venduto l’automobile. Secondo la difesa del resistente, la moglie avrebbe davvero ed effettivamente acquistato formalmente l’auto, ma con il patto di farla usare al marito, nella comune intenzione di beneficiare di agevolazioni fiscali. Ebbene, in una ipotesi del genere si sconfina dal terreno della simulazione perché le parti vogliono quel negozio e lo vogliono efficace e dal terreno della interposizione fittizia o reale perché l’acquisto è effettivo e non c’è impegno al ritrasferimento e si versa nell’ambito del pactum fiduciae , dove, al di là del reale rapporto con il terzo contraente, i due partners del negozio fiduciario di impegnano ad un determinato contegno nell’ambito della loro relazione contrattuale. Non sussiste, dunque, alcun litisconsorzio necessario con il venditore terzo atteso che la pronuncia riguarda i due soli attori del legame fiduciario. Quanto alla decisione, essa può essere resa nelle forme del sommario, posto che, a parere di questo Tribunale, la definizione può essere resa senza istruttoria e ciò che conta per il sommario non è l’istruttoria in astratto richiesta dalle parti ma l’istruttoria in concreto ritenuta necessaria dal giudice . Nel merito – giudicando nei limiti della domanda così qualificata 112 c.p.c. – la domanda è fondata. I coniugi hanno contratto matrimonio concordatario in data 18 settembre 2004 scegliendo il regime della separazione dei beni. Non si applica, pertanto, agli acquisti in costanza di matrimonio, il regime della comunione familiare, di cui all’art. 177, comma I, lett. a, c.c. su cui v. Cass. civ., Sez. Un., 28 ottobre 2009 n. 22755 . Orbene, risulta dal Pubblico Registro Automobilistico, che l’auto per cui è lite è intestata, in via esclusiva, a SS, nata il ovvero, la parte ricorrente. E’, dunque, provato documentalmente che la ricorrente è l’unica, in via esclusiva, a vantare diritti sull’automobile. Ciò, certo, non esclude diritti altri” che possono essere riconosciuti in capo al marito e che, se come tali accertati, escluderebbero la restituzione del bene. Secondo la prospettazione del convenuto, un tale diritto sarebbe quello di uso” sul mezzo per accordo degli stessi coniugi. La prova del patto fiduciario non è, però, stata offerta dal convenuto. Né l’assunzione dei capitoli articolati le avrebbe dato ingresso i capitoli 1, 2, 3, 4, 5, 6 – relativi alla questione dei rapporti interni tra marito e moglie – lambiscono il presunto patto fiduciario ma non lo lasciano mai emergere così restando irrilevanti. In altri termini non importa chi abbia pagato il mezzo nella famiglia è anche notorio che l’affectio coniugalis spinge l’un l’altro ad aiutarsi e quindi non è rilevante il fatto che il marito abbia potuto versare un acconto non importa nemmeno che l’auto fu intestata per finalità fiscali alla moglie, poiché ciò, in primis, non esclude comunque anche la finalità effettiva della proprietà e, comunque, non prova, al contempo, che vi fosse anche la volontà di destinare l’uso del bene al marito non importa, ancora, il coinvolgimento del marito nella scelta del coloro o delle fattezze del mezzo è abbastanza ovvio che una moglie possa coinvolgere il marito in affari della sua vita. La parte resistente va, quindi, condannata alla restituzione dell’autoveicolo in favore della parte ricorrente, essendo fondata l’azione di restituzione in quanto è emerso il titolo dell’attrice e non è emerso un titolo giustificativo del possesso/detenzione del convenuto. La domanda riconvenzionale è infondata. L’obbligo alla restituzione del denaro versato dal marito per l’auto presuppone la dimostrazione di un accordo che ciò legittimasse ad esempio, un mutuo. In assenza di una prova circa un patto sotteso alla elargizione delle somme, tenuto conto del loro non rilevante valore, si tratta di scambi patrimoniali tra marito e moglie che trovano giustificazione naturale nel vincolo d’affezione e che costituiscono il fisiologico svilupparsi del rapporto della famiglia, la quale vive di affetti ma anche di economia familiare. Orbene, nel caso di specie, non è emerso, a livello probatorio, che i coniugi avessero pattuito la restituzione del denaro versato dal marito. Peraltro, è singolare che il marito richieda il denaro solo in occasione del processo e in reazione alla richiesta restitutoria della moglie, posto che si tratta di un veicolo immatricolato in data 28 giugno 2010. All’accoglimento della domanda segue la condanna alle spese di lite. P.Q.M. Il Tribunale di Varese, Sezione Prima Civile, in composizione monocratica, in persona del giudice dott. Giuseppe Buffone, definitivamente pronunciando nel giudizio sommario iscritto al n. dell’anno 2010, disattesa ogni ulteriore istanza, eccezione e difesa, così provvede letto ed applicato l’art. 702-ter, comma V, c.p.c. accoglie la domanda della parte ricorrente, e per l’effetto condanna la parte resistente alla restituzione, in favore della ricorrente, dell’auto tg. , immatricolata in data con il numero di telaio ., unitamente alle chiavi del mezzo, il libretto di circolazione, il certificato di proprietà ed ogni pertinenza. Condanna la parte convenuta al rimborso delle spese di lite in favore della parte attrice che liquida in Euro 530,00 per onorari e Euro 320,00 per diritti. Vanno aggiunte le spese forfetarie, giusta l’art. 14 DM 8.4.2004 n. 127, nonché il rimborso dell’Iva e del Cpa giusta l’art. 11 legge 20 settembre 1980, n. 576. Manda alla cancelleria per quanto di competenza. L’ordinanza è provvisoriamente esecutiva e costituisce titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale e per la trascrizione Note 1 L’azione di rivendicazione ha carattere reale ed è fondata sul diritto di proprietà di un bene, di cui l'attore assume di esser titolare, ma di non averne la materiale disponibilità è esperibile contro chiunque, di fatto, possiede o detiene il bene art. 948 cod. civ. , ed è volta ad ottenere il riconoscimento del diritto di proprietà di esso e a riaverne il possesso 2 L’azione di restituzione è fondata sull'inesistenza, ovvero sul sopravvenuto venir meno, di un titolo alla detenzione del bene da parte di chi attualmente ne disponga per averlo ricevuto da colui che glielo richiede o dal suo dante causa - e per questo ha natura personale - ed è volta, previo accertamento di tale mancanza, ad attuare il diritto - personale - alla consegna del bene.