Esercitare il diritto d'uso sulle aree a parcheggio può costare molto caro al proprietario dell'appartamento

Il corrispettivo che il proprietario di un’unità immobiliare deve versare al costruttore per l'esercizio del diritto di uso può essere quantificato dal C.T.U., anche in maniera decisamente elevata.

Gli acquirenti delle unità immobiliari di nuova costruzione vantano un diritto reale d'uso sugli spazi adibiti a parcheggio. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1214 del 27 gennaio, torna su un tema scottante la cronica mancanza di parcheggi che affligge le nostre città. Come sappiamo il tema non è nuovo e il problema è fortemente dibattuto. Il centro cittadino è invaso delle auto e trovare un parcheggio può diventare un'impresa ardua. Il Legislatore ha cercato di risolvere il problema prevedendo, già in fase di predisposizione del P.R.G. lo strumento a cui istituzionalmente viene affidata la programmazione della crescita urbana , la realizzazione di spazi a parcheggi necessari a soddisfare i bisogni degli abitanti insediati. Il nostro ordinamento conosce vari tipi di aree a parcheggio, ciascuna delle quali soggette ad una propria specifica disciplina, ovvero a parcheggi regolati dalla c.d. legge-ponte Legge 6 agosto 1967, n. 765 b parcheggi disciplinati dalla c.d. legge Tognoli Legge 24 marzo, 1989, n. 122 c parcheggi c.d. liberi . I parcheggi previsti dalla legge-ponte. L'articolo 18 della Legge n. 767/1967, modificando la legge n. 1150/1942 c.d. legge urbanistica , aveva inserito al suo interno l’articolo 41- sexies. Tale norma stabiliva, testualmente, che nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione . In questo modo il Legislatore del '67 aveva fornito una prima soluzione al problema della cronica carenza di parcheggi. Secondo la giurisprudenza prevalente, il costruttore può riservarsi la proprietà di tali spazi e può anche alienarli a terzi fermo restando che, al proprietario dell'appartamento, spetta un diritto di uso” sugli spazi vincolati. La legge-ponte, peraltro, propone una soluzione solo per le nuove costruzioni, mentre il problema era ed è maggiormente sentito nei centri storici, dove è ancora più difficile trovare un parcheggio per la propria vettura. Arrivano i parcheggi per gli immobili realizzati nei centri storici. La soluzione al problema del parcheggio nel centro storico arrivò con la c.d. Legge Tognoli, che prevedeva una serie di incentivi e bonus a favore dei proprietari degli immobili già costruiti desiderosi di realizzare un parcheggio. In tale contesto la Legge 122/1989 permetteva di dotare le vecchie costruzioni di aree a parcheggio site nel piano entroterra o piano terra nonché in aree limitrofe, anche di proprietà del comune. Venivano previste, inoltre, procedure più veloci per l'ottenimento del titolo abilitativo dei lavori che diventava gratuito. Di contro, le aree a parcheggio così realizzate, diventavano una pertinenza inalienabile da parte del condomino, e gli atti dispositivi di box e posti auto venivano considerati totalmente nulli. La Tognoli, inoltre, cercò di aumentare la dotazione dei parcheggi anche nelle aree periferiche raddoppiando l'indice previsto dalla norma urbanistica. L'articolo 2, comma 2, della legge n. 122/1989, infatti, raddoppiò letteralmente la dotazione minima di parcheggi prevedendo che, per ogni dieci metri cubi di costruzione, fossero realizzati dieci metri quadrati di area a parcheggio. Non tutte le aree a parcheggio sono vincolate . A seguito di un lungo dibattito dottrinario e giurisprudenziale, si è giunti a ritenere che le aree a parcheggio realizzate oltre lo standard previsto dalla legge-ponte siano da considerarsi alla stregua di parcheggi liberi”. Il costruttore, in definitiva, potrà gestire questi beni a proprio uso e consumo, come un qualsiasi altro bene immobile da lui costruito. Anche box e posti auto realizzati anteriormente al 1 settembre 1967, data di entrata in vigore della legge-ponte, devono essere considerati liberi” e, come tali, possono circolare liberamente. La riforma del 2005 . Mentre si discuteva anche abbastanza accesamente sulla legittimità degli atti dispositivi delle aree a parcheggio, come un fulmine a ciel sereno, la legge n. 246/2005 ha posto fine al dibattito. L'articolo 12, comma 9, della legge 28 novembre 2005, n. 246 Semplificazione e riassetto normativo per l’anno 2005 c.d. Legge di semplificazione per il 2005 , infatti, ha modificato l'articolo 41- sexies della Legge 17 agosto 1942, n. 1150 sancendo, una volta e per tutte, la libera circolabilità delle aree a parcheggio realizzate secondo gli standard inizialmente introdotti dalla legge-ponte. In sostanza il Legislatore, con questa disposizione, ha dato il proprio via libera” alla vendita dei posti auto che possono essere oggetto di una autonoma contrattazione. Questo deve essere interpretato come un disinteresse del nostro Legislatore perso il problema dei parcheggi? Ebbene no! E' essenziale che le aree a parcheggio vengano realizzate è irrilevante, invece, che esse vengano vendute o messe a disposizione esclusivamente degli acquirenti degli appartamenti o rimangano nella disponibilità del costruttore. Ciò che conta è che tali spazi assolvano alla funzione pubblicistica di creare spazi a parcheggio per la collettività. Esercitare il diritto di uso può costare caro per l'acquirente dell'appartamento. Non sempre reclamare il diritto d'uso del posto auto risulta conveniente a volte l'acquirente può avere una brutta sorpresa e agire in giudizio può rivelarsi una vera e propria vittoria di Pirro. Il corrispettivo per l'esercizio del diritto di uso, infatti, potrebbe essere quantificato dal C.T.U. in maniera talmente elevata da scoraggiare l'esercizio dell'azione e rendere più conveniente, almeno sotto l'aspetto prettamente economico, rivolgersi al libero mercato. Nel caso in oggetto si discute della riserva di proprietà, effettuata da un costruttore, sulle aree a parcheggio asservite al fabbricato in forza della legge-ponte. Il giudizio si svolge sostanzialmente senza sorprese secondo un canovaccio ormai consolidato. Il proprietario dell'appartamento chiede che venga accertato il proprio diritto di uso su un posto auto sito a piano interrato e, nelle more della sentenza definitiva, ottiene anche il sequestro giudiziale dell'immobile. L'impresa, dal proprio canto, chiede che le venga corrisposto un equo compenso. Il Collegio, giudicando la controversia in maniera salomonica, attribuisce al proprietario dell'appartamento il diritto d'uso di un posto auto di 10 mq ma riconosce a favore del costruttore un compenso di ben 23.240 euro. Diciamo che, in questo caso, il corrispettivo è in linea con i prezzi di mercato laddove, in casi simili, si è assistito all'attribuzione di un prezzo vile” pari a poche migliaia di euro, ben lontano dai prezzi di mercato.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 27 ottobre 2011 – 27 gennaio 2012, n. 1214 Presidente Triola – Relatore D’Ascola Svolgimento del processo 1 Nel settembre 1994 i coniugi M., ai quali in corso di giudizio si aggiungeva il loro avente causa A C., agivano contro la IRC srl, costruttrice di un vasto complesso condominiale sito in Trieste, per chiedere il riconoscimento del diritto di proprietà o del diritto reale d'uso su porzione di immobile adibita a parcheggio. Esponevano che la società aveva trattenuto per sé la proprietà dell'area adibita a parcheggio nel fabbricato sito in via omissis , nel quale essi avevano acquistato un alloggio. La IRC resisteva la causa, interrotta per l'incorporazione della convenuta nella spa Cividin, veniva decisa nel 2002 dal tribunale di Trieste, che convalidava il sequestro giudiziario concesso in corso di causa e riconosceva a C. , previo pagamento del prezzo, quantificato in 23.240 Euro, la proprietà di un posto macchina identificato nella consulenza d'ufficio. L'appello della spa Cividin veniva parzialmente accolto dalla Corte d'appello di Trieste, la quale riconosceva al C. un diritto reale d'uso su di uno spazio del parcheggio ricavato nel piano interrato del condominio di via Conti, individuando l'area di 10 mq nella planimetria di cui al decreto di sequestro giudiziario del 1997. A tal fine la Corte territoriale a confermava il rigetto dell'eccezione di prescrizione del diritto azionato b respingeva la richiesta della società convenuta di limitare in sei metri quadrati lo spazio destinabile all'uso degli attori. La Corte rigettava altresì l'appello incidentale di C. e M. sulla quantificazione del prezzo e regolava nuovamente le spese dei due gradi. 1.1 A C. ha interposto ricorso per cassazione avverso questa sentenza, con due motivi. La spa Cividin, oltre a resistere, ha svolto ricorso incidentale articolato su quattro motivi. Parte ricorrente ha depositato memoria in vista dell'udienza fissata per il 3 marzo 2011. Questa Corte ha disposto la notifica del ricorso nei confronti dei coniugi M. Eseguita la notifica, i suddetti hanno depositato atto di costituzione, che è invalido, giacché la procura rilasciata all'avv. G. difensore anche del C. non è notarile, ma è stata apposta a margine della comparsa. Motivi della decisione 2 Preliminarmente va disattesa l'istanza pervenuta in cancelleria il 27 ottobre 2011 con il quale il difensore di parte Cividin chiede un rinvio della trattazione della causa perché non avrebbe avuto comunicazione della precedente udienza fissata per il 3 marzo. L'istanza non merita accoglimento. Alla udienza sopraindicata fu disposta ex officio l'integrazione del contraddittorio,eseguita a cura di parte C., solo quanto al ricorso, poiché il controricorso era stato tempestivamente notificato ai M. . Parte contro ricorrente, tempestivamente informata dell'odierna udienza, avrebbe potuto e dovuto svolgere ex art. 378 c.p.c., in vista dell'odierna udienza, ogni deduzione concernente la attività officiosa predetta. 3 A C. con il primo motivo di ricorso si duole dell'eccessiva valutazione che la Corte ha attribuito al diritto reale d'uso del quale egli dovrà pagare il corrispettivo. Lamenta la carenza di motivazione in ordine al mancato ricorso a mercuriali di riferimento o al valore per metro quadrato o al prezzo di vendita per analoghi posti macchina, sebbene fosse stata fornita prova documentale. Rileva che il valore del diritto reale d'uso dovrebbe essere minore rispetto al valore della proprietà. La censura è da rigettare. Essa è palesemente inammissibile nella parte in cui invoca il riesame di documenti senza riportarne in ricorso, per intero e testualmente, il contenuto, così violando il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione. La Corte d'appello ha fornito motivazione congrua, logica ed esauriente del costo del bene, poiché ha fissato il prezzo in linea con i valori di mercato ha evidenziato la devastante carenza di posti auto nella zona ha fatto riferimento ad altra causa specificamente indicata. Da ultimo la Corte ha disatteso, con valutazione che, ancora una volta, è insindacabile in questa sede, perché adeguatamente motivata con riferimento alla situazione specifica, la tesi della apprezzabile differenza tra valore della proprietà e del diritto reale d'uso, vera utilità il cui risultato pratico sarebbe vero obbiettivo di eventuali acquirenti di un bene siffatto. Alla luce della rilevata mancanza di alternative soluzioni al problema parcheggio in quella specifica zona, la valutazione non è censurabile. 4 Infondata è anche la censura di omessa e insufficiente motivazione sulla liquidazione delle spese legali sostenute dal ricorrente. La Corte avrebbe errato nel compensare per un terzo le spese, sebbene parte C. avesse chiesto sin dal primo grado di giudizio il riconoscimento del diritto poi definitivamente ottenuto. La censura dimentica che sussisteva invece, davanti al giudice di appello, la soccombenza reciproca posta a base della decisione sul punto, atteso che il C. aveva impugnato la sentenza di primo grado in ordine alla quantificazione del corrispettivo del diritto reale d'uso e su tale capo di impugnazione era rimasto soccombente. 5 Va ora esaminato il ricorso incidentale Cividin spa. Il primo motivo denuncia violazione dell'art. 1014 n. 1 e 1026 c.c. in relazione all'art. 2943 cc mancato accoglimento dell'eccezione di prescrizione violazione dell'art. 1158 e segg. c.c. - omessa pronuncia sull'eccezione riconvenzionale implicita di usucapione della piena proprietà dell'area di parcheggio de qua - vizi di motivazione. Parte ricorrente incidentale sostiene che il diritto reale d'uso sorge nel momento in cui l'immobile viene costruito, quindi nella specie nel 1973, e che sarebbe caduto in prescrizione, per non uso ventennale , nel 1993. La tesi non ha fondamento il diritto all'uso dell'area pertinente ad un fabbricato per parcheggio dell'auto e ' di natura reale artt. 18 legge 6 agosto 1967 n. 765 e 26 legge 28 febbraio 1985 n. 47 , e pertanto si prescrive - per il combinato disposto dagli artt. 1026 e 1014 cod. civ. - dopo vent'anni dall'acquisto dell'unita1 immobiliare Cass. 16053/02 12736/97 . Nella specie la sentenza d'appello ha chiarito a che la parte che aveva eccepito la prescrizione non aveva neppure indicato se e quando, prima del 1994, l'immobile fosse stato acquistato da altro avente diritto e quindi che il decorso del termine avesse avuto inizio. A questo rilevo non vale obbiettare che è indifferente chi fosse proprietario dell'immobile negli anni '70, giacché non può esservi mancato uso del diritto da parte di un acquirente di un appartamento se non vi è stato l'acquisto del bene stesso, circostanza quest'ultima che doveva essere dimostrata dall'eccipiente. Implicitamente risulta rigettata con queste argomentazioni, già svolte dalla Corte d'appello, anche la originale tesi dell'avvenuta usucapione del diritto da parte del venditore. Fino a quando questi era proprietario dell'appartamento non sorgeva evidentemente quella dissociazione tra proprietà di detto immobile e diritto reale d'uso sul parcheggio che era il presupposto indispensabile perché il primo cioè il proprietario venditore usucapisse, contro il neoacquirente, il bene diritto reale d'uso che avrebbe dovuto vendergli congiuntamente all'immobile principale. Mancata la prova e perfino qualsiasi allegazione, stando alla sentenza d'appello, pag 21, e al ricorso incidentale sulle vicende dell'immobile, è impossibile sostenere che vi sia possesso protratto per venti anni esercitato contro l'avente diritto. Resta quindi assorbito il rilievo di novità della domanda/eccezione di usucapione, sollevato in contorircorso. 6 Con il secondo motivo è denunciata violazione dell'art. 18 l. 7 67/67 insufficiente e contraddittoria motivazione violazione dell'art. 112 cpc e dell'art. 42 Cost. in tema di diritto di proprietà violazione e falsa applicazione dell'art. 1102 cc 42 sexies l. 1150/42. Cividin sostiene che si sarebbe verificata ultrapetizione, perché la domanda iniziale era di riconoscimento del diritto di comproprietà pro quota e quindi secondo la quota millesimale, mentre la sentenza avrebbe affermato che ai M. spetterebbe 1/72 del garage perché 72 sono i condomini. Il profilo di ricorso è infondato. La generica, richiesta di attribuzione del bene pro quota, esprime infatti la volontà di conseguire la quota ritenuta di spettanza secondo legge, sicché il giudice di merito non era vincolato da alcuna autolimitata misura della pretesa. 6.1 Cividin si duole poi dell'affermazione, contenuta in sentenza a p.17, a tenore della quale, avendo il costruttore subito in forza della concessione edilizia un vincolo di destinazione su tutta l'area di 951 mq, non vi è suo interesse a sapere quanto spazio spetti all'uno o all'altro usuario, poiché comunque resterebbero asserviti i 4 metri quadri di differenza tra attribuzione millesimale o attribuzione in base al numero degli appartamenti. Parte ricorrente sostiene pag. 19-20 che se così fosse, si arriverebbe al paradosso di consentire a un singolo condomino di godere tutta l'area e si Comprimerebbe il diritto dominicale del venditore. Deduce che la decisione impugnata avrebbe attribuito questo potere al ricorrente. La censura è completata nel terzo motivo, ove parte ricorrente incidentale lamenta che il giudice di appello sarebbe caduto in contraddizione, perché, da un lato, avrebbe riconosciuto il diritto al C. di parcheggiare in qualunque punto dei 951 mq soggetti al vincolo e poi avrebbe individuato specificamente e in concreto l'ubicazione dello spazio di parcheggio del C. stesso, individuazione che sarebbe preclusa dalla normativa applicabile. Le doglianze sono immeritevoli di accoglimento. La sentenza ha affermato un principio coerente con l'insegnamento di questa Corte Cass. 730/08 , secondo il quale la speciale normativa urbanistica, dettata dall'art. 41 sexies della legge n. 1150 del 1942, introdotto dall'art. 18 della legge n. 765 del 1967, si limita a prescrivere, per i fabbricati di nuova costruzione, la destinazione obbligatoria di appositi spazi, a parcheggi, in misura proporzionale alla cubatura totale dell'edificio determinando, mediante tale vincolo di carattere pubblicistico, un diritto reale d'uso sugli spazi predetti a favore di tutti i condomini dell'edificio, senza imporre all'originario costruttore alcun obbligo di cessione in proprietà1 degli spazi in questione. Ha quindi affermato che deve essere assicurato all'acquirente di un appartamento la possibilità di utilizzare detta area per il parcheggio del veicolo, previo accesso e uscita su parte dell'area stessa pag. 18 penultimo capoverso destinata a rampe e percorsi di avvicinamento agli spazi di sosta e quindi a uso promiscuo. Ha infine individuato in concreto lo spazio spettante al C. , individuato come da decreto di sequestro. Scaturisce da questa decisione che in linea di principio è esatto il ragionamento che mira a salvaguardare il diritto dell'istante a conseguire la possibilità di usare per il parcheggio di una propria vettura l'area soggetta a vincolo e ciò per una misura sufficiente alla bisogna e con l'ovvia disponibilità di spazi di entrata e di uscita. L'individuazione dello spazio fisico riservato all'acquirente sarebbe stata rimessa al condominio se i condomini avessero agito in giudizio come il C In relazione all'anomala condizione creatasi, di un solo condomino istante per il conseguimento del diritto reale d'uso, la Corte d'appello ha coniugato ragionevolmente l'affermazione di principio iniziale, con la individuazione dello spazio fisico per la sosta del veicolo C. , entro cui ha limitato fermo l'uso degli spazi di accesso il diritto dell'istante. A fronte di questa statuizione, parte Cividin non ha interesse a ricorrere, giacché la sua situazione giuridica ne esce avvantaggiata. Infatti, invece di soggiacere al voluttuario utilizzo di qualunque parte dell'area vincolata, essa vede occupato a buon diritto dal C. solo lo spazio determinato in sentenza ne consegue che la restante area vincolata, che rimane di proprietà della Cividin, potrebbe essere usucapita dalla stessa controricorrente, la quale proprio di questa possibilità ha discusso ripetutamente in ricorso. Di qui il rigetto di secondo e terzo motivo. 7 Stessa sorte merita il quarto motivo, relativo alla liquidazione delle spese di lite in appello, poste, come si è detto sub 4 a carico di Cividin per due terzi e compensate per un terzo. La denunciata violazione di legge art. 92 c.p.c. non sussiste, perché si è avuta nella specie reciproca soccombenza, atteso il rigetto da un lato dell'eccezione di prescrizione del diritto, che mirava a precludere all'acquirente ogni pretesa sull'area di parcheggio, e dall'altro della richiesta di riduzione del corrispettivo. Non sussiste neppure errata valutazione dell'incidenza delle due decisioni. Va premesso che, non essendo stata esposta alcuna censura per vizio di motivazione, il rilievo è incongruo in riferimento alla doglianza di violazione di legge. In ogni caso va osservato che l'apprezzamento di merito reso dal giudice d'appello, insindacabile in questa sede se congruamente motivato, appare inattaccabile, atteso che v' è netta predominanza della soccombenza circa la sussistenza del diritto azionato rispetto a quella relativa alla quantificazione del connesso corrispettivo. Discende da quanto esposto il rigetto dei ricorsi e la compensazione delle spese di lite, giustificata dalle precisazioni in diritto che sono state qui rese e che in parte giustificavano il ricorso incidentale. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso principale. Rigetta il ricorso incidentale. Spese compensate.