La consegna delle chiavi equivale a riconsegna dell'immobile locato

L’obbligo di riconsegnare il bene locato viene adempiuto con la consegna delle chiavi, che comporta lo scioglimento del vincolo contrattuale. Se l’immobile rimane ingombro si può pretendere un risarcimento, ma non ulteriori canoni di locazione.

Il conduttore adempie all'obbligo di procedere alla riconsegna del bene locato con la riconsegna delle chiavi. Nel caso in cui l'immobile risulti ancora ingombro da masserizie, potrebbero eventualmente essere ravvisati dei profili risarcitori. Ciò non toglie che la consegna materiale delle chiavi comporta lo scioglimento del vincolo contrattuale e, con esso, dell'obbligo di corrispondere i canoni di locazione. Il principio è stato ribadito dalla terza sezione civile della Corte di Cassazione con la sentenza n. 550 depositata in cancelleria il 17 gennaio 2012. Gli Ermellini, confermando la sentenza del giudice di merito, intervengono su alcuni aspetti del contratto di locazione. Ci si riferisce, in particolare, alla fase finale nella genesi del rapporto di locazione che culmina con la riconsegna dell'immobile. Ma analizziamo la vicenda. Le chiavi vengono consegnate ma i locali sono ingombri . Siamo alle solite, il conduttore procede alla consegna delle chiavi dell'immobile ma quest'ultimo, peraltro, viene lasciato ingombro da alcune masserizie. Il relativo verbale di consegna viene formalizzato solo a distanza di alcuni mesi. A questo punto sorge, inesorabile, il solito interrogativo il canone di locazione andrà versato fino alla data di consegna delle chiavi o fino alla data evidentemente successiva di redazione del verbale di consegna dell'immobile? Ovviamente ciascuno tira l'acqua al proprio mulino, così il locatore ritiene che la consegna dell'immobile debba coincidere con la redazione del verbale di consegna e, conseguentemente, che il canone di locazione debba essere regolarmente versato fino a tale data. E' altrettanto ovvio che il conduttore segua la tesi a se più favorevole facendo coincidere la consegna dell'unità immobiliare con la data di consegna delle chiavi e, conseguentemente, rifiutando ulteriori pagamenti. Il locatore, rotti gli indugi, propone decreto ingiuntivo chiedendo oltre 75.000 euro a titolo di indennità di occupazione, così la questione finisce con l'appesantire i ruoli delle aule di giustizia. Il giudizio, incardinato sull'opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dal locatore e sul relativo procedimento monitorio, si svolge a senso unico e vede la vittoria del conduttore. Ma vediamo quali sono i punti in discussione. La consegna delle chiavi equivale a consegna dell'immobile. Secondo il giudice di merito, il comportamento del conduttore sarebbe stato ineccepibile in tale contesto, la consegna delle chiavi dovrebbe essere correttamente interpretata come riconsegna dell'immobile. Sotto questo profilo si ricorda che la consegna delle chiavi di un immobile concesso in locazione può essere interpretata come una manifestazione della volontà dei contraenti, di risolvere anticipatamente il contratto, con il conseguente venir meno dell’obbligo del pagamento dei canone di locazione. Con la sentenza in commento la Cassazione si conforma ad un orientamento ormai consolidato che considera la consegna delle chiavi dell'immobile come un mezzo per procedere alla consegna dell'immobile. A questo punto, l'unico elemento che rimane da chiarire nella vicenda, sarebbe quello relativo al verbale sottoscritto ad alcuni mesi di distanza. La sentenza, in proposito, è avara di dettagli. E' possibile che il verbale sia stato predisposto e sottoscritto per motivi contabili e per procedere alla chiusura dei conti” tra locatore e conduttore. Via libera al profilo risarcitorio . Al più, sarebbe da valutare un diverso profilo l'ingombro dei locali avrebbe potuto far scattare una richiesta risarcitoria. Alla fine del rapporto locatizio, infatti, il conduttore ha l'obbligo di riconsegnare l'immobile tolto in locazione libero e sgombro da persone e da cose. Un eventuale inadempimento a tale obbligo generico potrebbe legittimamente far scattare una richiesta di risarcimento danni per inadempimento. Se questo profilo risarcitorio fosse stato azionato dalla difesa del locatore nel corso del giudizio, è molto probabile che la domanda avrebbe potuto trovare accoglimento. Stiamo parlando, ovviamente, di un profilo risarcitorio derivante da inadempimento contrattuale mentre il diritto azionato era limitato alla determinazione del canone dovuto e, parallelamente, a far accertare la data di cessazione della locazione.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 25 novembre 2011 – 17 gennaio 2012, numero 550 Presidente Trifone – Relatore Filadoro Svolgimento del processo Con sentenza 28 ottobre 2008 la Corte di appello di Roma rigettava l'appello proposto da SOFIDA s.p.a., PARSIFAL s.p.l., LDM Comunicazione s.p.a. avverso la decisione del locale Tribunale che aveva accolto la opposizione proposta dal Comune di Roma avverso il decreto che gli ingiungeva il pagamento di Euro 75.047,93 in favore delle tre società a titolo di indennità di occupazione dell'immobile sito in omissis . Il Tribunale aveva rilevato che la consegna dell'immobile era avvenuta in forma simbolica con la perdita della detenzione da parte del Comune e con la consegna delle chiavi effettuata ai legali del Comune da persona incaricata dal Comune mentre la questione dell'ingombro dei locali con beni lasciati dal conduttore poteva, al più, configurare una diversa responsabilità del Comune per eventuali danni, senza alcuna incidenza sulla avvenuta restituzione della cosa locata. Avverso questa decisione le tre società originarie opposte hanno proposto ricorso per cassazione sorretto da tre motivi, illustrati da memoria. Resiste con controricorso il Comune di Roma. Motivi della decisione Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione degli articoli 1590 e 1591 c.c. e l'articolo 1362 c.c Erroneamente i giudici di appello avevano fatto coincidere la data della riconsegna dell'immobile con quella del 27 maggio 2005 data della sottoscrizione della consegna della chiave da parte dell'incaricato comunale anziché con quella del 21 ottobre 2005, nella quale era stato redatto il verbale di rilascio dell'immobile. Con il secondo motivo si denunciano vizi della motivazione in relazione alla affermazione contenuta nella sentenza impugnata, nella parte in cui ritiene che la restituzione della cosa locata possa esaurirsi con una generica messa a disposizione delle chiavi dell'immobile, nonostante il conduttore avesse lasciato nell'appartamento beni mobili e suppellettili. I due motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi tra di loro. Con motivazione che sfugge a qualsiasi censura di violazione di norma di legge e di vizio della motivazione, i giudici di appello hanno ritenuto che la riconsegna della chiavi nelle mani dei legali delle società doveva essere interpretata come volontà dei sottoscrittori di accettare la consegna dell'immobile nello stato di fatto nel quale lo stesso si trovava. In caso contrario, sottolinea la stessa Corte, non avrebbe avuto alcun senso logico la riserva apposta sulla scrittura del 27 maggio 2005 dai legali delle locatrici, specie con riferimento alla esistenza di possibili danno arrecato all'immobile per un uso improprio dei beni locati. La conclusione cui sono pervenuti i giudici di appello appare del tutto in linea con il consolidato insegnamento di questa Corte, secondo il quale L'obbligazione di restituzione della cosa avuta in godimento gravante sul conduttore deve ritenersi adempiuta mediante la restituzione delle chiavi dell'immobile o con la incondizionata messa a disposizione del medesimo, senza che sia al riguardo necessaria la redazione di un relativo verbale . Cass. 24 marzo 2004 numero 5841 cfr. Cass. 5 giugno 1996 numero 5270, 2 febbraio 1993 numero 2071, 25 ottobre 1974 numero 3140 . Con il terzo motivo le ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione dell'articolo 32 della legge 392 del 1878, come modificato dalla legge numero 118 del 5 aprile 1985. I giudici di appello avevano errato nel ritenere che l'aggiornamento del canone di locazione doveva avvenire su base biennale anziché su base annua, come previsti dalla modifica dell'articolo 32 della legge del 1978, introdotta dalla legge del 1985, applicabile al caso di specie. In ogni caso, la Corte territoriale avrebbe dovuto tener conto - per il periodo in contestazione - della variazione del 75% dell'indice ISTAT. Anche questo ultimo motivo è infondato. L'articolo 1. 9 sexies della legge 5 aprile 1985 numero 118 che, modificando l'articolo 32 della legge 27 luglio 1978 numero 392, consente entro i limiti previsti dalla norma medesima i patti di aggiornamento del canone locativo in relazione alle eventuali variazioni del potere di acquisto della lira, intf£c^ sul regime ordinario dei contratti di locazione ed e1, pertanto, applicabile anche a quelli in corso alla data di entrata in vigore della norma Cass. 12 marzo 1993 numero 2975 . È però necessario che le parti stipulino nell'ambito del contratto tra loro in corso, se non l'abbiano già fatto prima un'apposita pattuizione. Nella specie è pacifico che le parti, nel contratto di locazione previdero, con la clausola numero 5, l'aggiornamento biennale del canone secondo gli indici Istat a decorrere dall'inizio del quarto anno della locazione, così come disponeva l'allora vigente articolo 32 legge numero 392-78, espressamente richiamato unitamente ad altre norme della stessa legge. Poiché il contratto di locazione aveva decorrenza dal 31 gennaio 1984, il primo aumento, condizionato alla richiesta, avrebbe potuto avere decorrenza dal 31 gennaio 1987 ed avere cadenza biennale. È esente da censura, pertanto, la decisione dei giudici di appello i quali hanno osservato che il prospetto predisposto dalle società locatrici era errato, poiché faceva riferimento ad aumenti annuali e non biennali, applicando gli aggiornamenti ISTAT in assenza di specifica e tempestiva richiesta del locatore la prima richiesta di aggiornamento era contenuta, come ricorda il controricorrente, nella lettera del 7 agosto 2003 Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato, con la condanna delle società ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna le ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 5.200,00 cinquemiladuecento/00 di cui Euro 200,00 duecento/00 per spese processuali, oltre spese generali ed accessori di legge.