La crisi economica non è una condizione determinante per il recesso dal contratto

Il singolo punto vendita, facente parte di un intera catena, non può chiedere l’interruzione del contratto, salvo il caso in cui la causa del deficit economico riguardi l’intero gruppo aziendale.

Breve inquadramento dell’istituto tra normativa e posizioni dottrinali. II contratto di locazione si inquadra nella categoria dei contratti sinallagmatici a prestazioni corrispettive aventi efficacia nel tempo. E’ un contratto di durata ad esecuzione continuata. Nella dinamica del contratto di locazione, tra gli effetti prodotti in seno al rapporto, l'istituto del recesso, inteso quale atto negoziale unilaterale e recettizio assume un ruolo fondamentale. L’importanza della facoltà di recesso e la sua disciplina. Il recesso si configura come l’esercizio del potere della parte legittimata ad avvalersene di interrompere il rapporto contrattuale e può essere conferito ad uno o ad entrambi i contraenti. Nel caso di specie viene disciplinato dalla legge numero 392/1978 sulle locazioni ad uso diverso da quello di abitazione l'articolo 27, ultimo comma, della legge prevede che indipendentemente dalle previsioni contrattuali il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto con preavviso di almeno sei mesi da comunicarsi con lettera raccomandata . Tale norma disciplina l'istituto del recesso legale per gravi motivi a favore dei conduttore , nei caso in cui sopraggiungano dei fattori estranei alla volontà di quest'ultimo tali da sovvertire l'originario assetto di interessi dedotto in contratto. Controverso, in dottrina, è il fondamento giuridico. Una parte della dottrina ritiene che il legislatore abbia codificato il recesso per giusta causa nel contratto di locazione che si verifica ogni qualvolta il conduttore deduca e dimostri il sopraggiungere di una situazione oggettiva che gli abbia impedito, o gli abbia reso eccessivamente gravosa, la prosecuzione del rapporto, mentre altra parte delle dottrina annovera il recesso legale nell’alveo degli strumenti di autotutela attribuiti dalla legge al conduttore. Il caso esaminato dalla Corte non sono sufficienti i gravi motivi provati da un solo punto vendita. Con la sentenza numero 26711 del 13 dicembre la Corte di Cassazione ha stabilito che l’interruzione del contratto di locazione ad uso non abitativo per gravi motivi del conduttore può essere effettuata soltanto nel caso in cui la crisi economica riguardi l’intero gruppo aziendale e non il singolo punto vendita. I Giudici, quindi, hanno respinto il ricorso presentato da una società titolare di un negozio, che aveva chiesto l’interruzione del contratto di locazione per chiusura di un solo punto vendita. Il motivo addotto per la chiusura era la congiuntura economica venutasi a creare, ma ad avviso della Suprema Corte, tale circostanza non era sufficiente ad integrare pienamente i gravi motivi richiesti dalla norma per annullare l’accordo, perché l'articolo 27 u. c. della legge numero 392/78, stabilisce che le ragioni che consentono al locatario di liberarsi del vincolo contrattuale devono essere determinate da avvenimenti sopravvenuti alla costituzione del rapporto, estranei alla sua volontà ed imprevedibili, tali da rendere oltremodo gravosa per il conduttore la sua prosecuzione . Quanto la prosecuzione dell’attività può ritenersi gravosa? Secondo il ragionamento espresso dalla S.C., la gravosità della prosecuzione, che deve avere una connotazione oggettiva, non potendo risolversi nella unilaterale valutazione effettuata dal conduttore in ordine alla convenienza o meno di continuare il rapporto locativo, deve essere, non solo tale da eccedere l'ambito della normale alea contrattuale, ma deve altresì consistere in un sopravvenuto squilibrio tra le prestazioni originarie tale da incidere significativamente sull'andamento dell'azienda del conduttore globalmente considerata. Infatti, a fronte di un piano di riqualificazione aziendale operato sull’intera catena commerciale, su scala nazionale, solo l’esercizio in causa non era riuscita a beneficiare di tale ristrutturazione, a differenza degli altri negozi facenti parte della stessa catena commerciale che avevano concretizzato un notevole aumento del profitto. E’ vero, la Corte ricorda nella sua motivazione, che può considerasi grave motivo la congiuntura economica, favorevole/sfavorevole alla attività di impresa, tale da obbligare il conduttore a ridimensionare la struttura aziendale e rendere particolarmente gravoso il rapporto locativo Cass. nnumero 3418/04 9443/2010 , precisando che tale gravosità deve essere valutata in un ampio conteso ovvero nella complesso delle sue varie articolazione territoriali. La congiuntura economica può essere causa di recesso del contratto? La giurisprudenza della S.C. ha costantemente affermato che i gravi motivi in presenza dei quali gli artt. 4, secondo comma, e 27, ultimo comma, della legge numero 392 del 1978, indipendentemente dalle previsioni contrattuali, consentono il recesso del conduttore dal contratto in qualsiasi momento, devono collegarsi a fatti estranei alla volontà del conduttore medesimo che, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto locativo, siano tali da rendere oltremodo gravosa per il conduttore la persistenza del rapporto stesso . Deve trattarsi di eventi la cui valutazione è riservata al giudice di merito, che dovrà tenere conto di tutte le caratteristiche del singolo caso, fra le quali assumono particolare rilievo le qualità soggettive del conduttore. Naturalmente la valutazione della obiettività degli elementi sopravvenuti va operata con un certo rigore. Il tribunale di Padova, con sentenza del 29 maggio 1986 ha consentito al conduttore di un immobile adibito ad uno degli usi indicati nell'articolo 27 cit., di recedere anticipatamente dal contratto che si caratterizza in quanto prescinde dalla volontà del conduttore, nel senso che non si deve verificare in conseguenza di un suo proposito, ma deve trarre origine da fattori estrinseci, sopravvenuti alla conclusione del contratto ed imprevedibili. Però va precisato che la mancata acquisizione di ordini sufficienti a munire di redditività la filiale non equivale a grave motivo, nel senso più sopra esposto, poiché non si tratta di circostanza sopravvenuta idonea a mutare il quadro esistente al tempo della conclusione del contratto la mancata acquisizione di un notevole numero di ordini rientra nell'ordinario rischio di impresa. In tale prospettiva, è stata negata l'esistenza dei presupposti legittimanti il recesso e ravvisate soltanto mere soggettive esigenze, nell'intenzione della produttrice, società concessionaria di autoveicoli, titolare di altre due concessioni di vendita per altri marchi, di rilasciare l'immobile per concentrare altrove tutte le attività connesse Cass., 8 agosto 2002, numero 12020 .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 9 novembre – 13 dicembre 2011, numero 26711 Presidente Trifone – Relatore Carleo Svolgimento del processo Con ricorso depositato in data 6 marzo 2006 R B. e P P. chiedevano dichiararsi l'illegittimità del recesso loro comunicato dalla S.p.a. Boggi Group, conduttrice di un loro immobile in Brescia in forza di un contratto di locazione ad uso commerciale stipulato il 7 marzo 2003 e valevole per sei anni. In esito al giudizio, in cui si costituiva la BBB spa assumendo di avere mutato compagine amministrativa e chiedendo il rigetto della domanda attrice, il Tribunale di Brescia dichiarava l'illegittimità del recesso e condannava la conduttrice al pagamento dei canoni dal 19 aprile al 30 luglio 2006 oltre interessi legali respingendo ogni altra domanda attrice e compensando tra le parti le spese di lite. Avverso tale decisione proponevano appello, principale il B. e la P., incidentale la BBB, ed, in esito al giudizio, la Corte di Appello di Brescia con sentenza depositata in data 25 giugno 2009, in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiarava la perdurante validità del contratto di locazione tra le parti, condannava la BBB Spa al pagamento dei canoni arretrati fino al 28 febbraio 2009 nonché alla prestazione della cauzione, confermando nel resto la decisione. Avverso la detta sentenza la BBB Spa ha quindi proposto ricorso per cassazione articolato in sei motivi, illustrato da memoria. Resistono con controricorso il B. e la P., i quali hanno proposto a loro volta ricorso incidentale e depositato memoria ex articolo 378 del C.P.C Motivi della decisione In via preliminare, vanno riuniti il ricorso principale e quello incidentale, in quanto proposti avverso la stessa sentenza. Procedendo all'esame della prima doglianza, contenuta nel ricorso principale, va rilevato che la censura, articolata sotto il profilo della violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 27 ultimo comma della legge numero 392/78, si fonda sulla considerazione che la Corte di Appello, nel ritenere che i gravi motivi che consentono il recesso del conduttore da una locazione non abitativa debbano sostanziarsi in fatti non solo sopravvenuti alla costituzione del rapporto ma anche involontari ed imprevedibili, abbia dato un'interpretazione errata della norma poiché anche la sopravvenuta inadeguatezza dell'immobile locato per fattori legati ad esigenze di ridimensionamento oppure, per converso, di espansione dell'attività svolta dal conduttore può integrare i gravi motivi legittimanti il recesso. Inoltre - ed in tali rilievi si sostanziano le due successive censure per motivazione insufficiente e contraddittoria - i giudici di seconde cure avrebbero reso una motivazione inadeguata e contraddittoria laddove da una parte riconoscono che il piano di riqualificazione aziendale ha avuto una dimensione nazionale e dall'altra ritengono fatto volontario e prevedibile quello riguardante il punto di vendita de quo Infine - ed in tali rilievi si sostanziano la quarta e la quinta censura sempre per motivazione insufficiente e contraddittoria - la Corte territoriale al fine di valutare la gravosità della prosecuzione del contratto non ha considerato il peggior andamento dell'esercizio nell'immobile locato rispetto a quello attivato in altra strada della città dopo la chiusura del primo ad onta della uniformità di mercé venduta, di prezzi di tecniche di vendita e di immagine commerciale né ha considerato la mancata realizzazione del programma urbanistico di riqualificazione della via omissis , circostanza relativamente alla quale era stata richiesta l'ammissione di una CTU, ignorata dal giudice di merito. Le censure in questione, riportate nella loro essenzialità, possono essere trattate congiuntamente, proponendo profili di censura intimamente connessi tra loro, essendo fondati su un comune presupposto, vale a dire sulla considerazione che, a fronte di un piano di riqualificazione aziendale promosso dal nuovo gruppo proprietario, che aveva consentito, su scala nazionale, un considerevole aumento del guadagno, soltanto l'esercizio per cui è causa non aveva invece risposto alle attese. Tali doglianze non meritano di essere accolte. A riguardo, vale la pena di premettere che, a norma della L. 27 luglio 1978, numero 392, articolo 27, dettato in tema di locazione di immobili urbani adibiti a uso diverso da quello abitativo, il conduttore, indipendentemente dalle previsioni contrattuali, può recedere in qualsiasi momento dal contratto, con preavviso di almeno sei mesi da comunicarsi con lettera raccomandata, qualora ricorrano gravi motivi. Ciò premesso, mette conto di rilevare che, secondo l'orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, le ragioni che consentono al locatario di liberarsi del vincolo contrattuale devono essere determinate da avvenimenti estranei alla sua volontà, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto, tali da rendere oltremodo gravosa per il conduttore la sua prosecuzione. Giova aggiungere, con riferimento all'andamento dell'attività aziendale, che secondo la giurisprudenza di questa Corte può integrare grave motivo, legittimante il recesso del conduttore, un andamento della congiuntura economica sia favorevole che sfavorevole all'attività di impresa , sopravvenuto e oggettivamente imprevedibile quando fu stipulato il contratto , che lo obblighi ad ampliare o ridurre la struttura aziendale in misura tale da rendergli particolarmente gravosa la persistenza del rapporto locativo cfr. Cass. numero 10980/1996, numero 3418/04, numero 9443/2010 . Ma è utile precisare a riguardo - e tale rilievo non è di poco conto - che i fatti, per essere tali da rendere oltremodo gravosa la prosecuzione del contratto, devono presentare una connotazione oggettiva, non potendo risolversi nella unilaterale valutazione effettuata dal conduttore in ordine all'opportunità o meno di continuare a occupare l'immobile locato, poiché, in tal caso, si ipotizzerebbe la sussistenza di un recesso ad nutum , contrario all'interpretazione letterale, oltre che allo spirito della suddetta norma cfr. Cass. numero 5293/08, numero 5328/07 e che la gravosità della prosecuzione del rapporto locativo deve essere valutata in rapporto alla dimensione globale dell'azienda, specialmente se sia di rilievo nazionale o multinazionale, verificandosi a tal fine se il sopravvenuto squilibrio tra le prestazioni originarie sia tale da incidere significativamente sull'andamento dell'azienda del conduttore, considerata nel complesso delle sue varie articolazioni territoriali. Tutto ciò premesso, mette conto ora di evidenziare che la Corte territoriale si è sostanzialmente attenuta ai criteri fissati dalla giurisprudenza di questa Corte là dove pone a base della decisione la considerazione che se anche si volesse circoscrivere il discorso al singolo punto di vendita di Brescia non risulterebbe dimostrato l’elemento della prosecuzione gravosa non avendo la B.B.B. provato - attraverso una comparazione con gli altri punti vendita che il negozio di omissis raggiungesse un fatturato cosi basso rispetto agli altri negozi da renderne necessaria la chiusura, per non ostacolare l'espansione del gruppo, anche perché i minori in resi ricavi potrebbero essere stati determinati da contingenze non necessariamente legate all'ubicazione dei locali ad esempio, dall'incapacità del personale o dai prezzi praticati . Ed allora è evidente che il solo confronto fra i due negozi di omissis quello chiuso e quello successivamente aperto in corso omissis non può dare un'oggettiva contezza - per aver operato in periodi certamente diversi, con personale forse diverso ed in una condizione probabilmente diversa - del fatto che mantenere aperto il negozio appartenente agli odierni appellanti, piuttosto che trasferirlo ad un centinaio di metri, costituisce un grave handicap per la società. E questo a voler sottacere che, neppure del progetto di riqualificazione della via omissis e dell'affidamento di esso concretamente avuto, la B.B.B. ha fornito un'adeguata prova, non essendo all'uopo rilevante il doc.26 che si limita ad uno studio unilaterale e parziale sullo stesso fabbricato cfr pagg. 10 e 11 . Tutto ciò posto e considerato, risulta con chiara evidenza come la Corte territoriale abbia argomentato adeguatamente sul merito della controversia con una motivazione sufficiente, logica, non contraddittoria e rispettosa della normativa in questione. Né d'altra parte i motivi in esame sono riusciti ad individuare effettivi vizi logici o giuridici nel percorso argomentativo dell'impugnata decisione. Giova aggiungere inoltre che la sussistenza o meno degli elementi che rendono particolarmente gravosa la prosecuzione del rapporto locativo, come uno dei presupposti necessari perché siano ravvisabili i gravi motivi che legittimano il recesso del conduttore ex articolo 27, ultimo comma, della legge numero 392/1978, non può che essere rimessa all'apprezzamento del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se, come nel caso in esame, è sorretto da congrua e coerente motivazione. Ne deriva l'infondatezza delle doglianze esaminate, alla luce del principio di diritto secondo cui In tema di recesso del conduttore in base al disposto di cui all'articolo 27 ultimo comma della legge numero 392/78, le ragioni che consentono al locatario di liberarsi del vincolo contrattuale devono essere determinate da avvenimenti sopravvenuti alla costituzione del rapporto, estranei alla sua volontà ed imprevedibili, tali da rendere oltremodo gravosa per il conduttore la sua prosecuzione. La gravosità della prosecuzione, che deve avere una connotazione oggettiva non potendo risolversi nella unilaterale valutazione effettuata dal conduttore in ordine alla convenienza o meno di continuare il rapporto locativo, deve essere, non solo tale da eccedere l'ambito della normale alea contrattuale, ma deve altresì consistere in un sopravvenuto squilibrio tra le prestazioni originarie tale da incidere significativamente sull'andamento dell'azienda del conduttore globalmente considerata. Resta infine l'ultima doglianza, per violazione dell'articolo 112 cpc, con cui la ricorrente principale lamenta l'omessa pronuncia sull'appello incidentale per l'accertamento della responsabilità dei locatori a sensi degli articolo 1227 e 1375 cc. Ed invero - così continua la ricorrente - già in primo grado essa aveva richiesto accertarsi che i locatori avevano rifiutato di accettare la consegna dell'immobile e non avevano coltivato alcuna trattativa con terzi interessati al bene. Tale domanda non veniva esaminata dal Tribunale di Brescia e integralmente riproposta in via di appello incidentale alla Corte bresciana, la quale neppure la prendeva in considerazione, ignorandola totalmente La censura è inammissibile per difetto di autosufficienza. A riguardo, deve premettersi che, nell'esporre lo svolgimento del processo nella sentenza impugnata, la Corte territoriale, riportando in sintesi il contenuto dell'appello incidentale proposto dalla B.B.B. Spa, ha esposto che l'appellante aveva limitato le sue ragioni di doglianza instando, in via di appello incidentale, per la declaratoria di legittimità del recesso dal contratto a seguito di gravi motivi, mediante comunicazione in data 30 luglio 2005, reiterata il 25 gennaio 2006, o, in subordine, affinché l'obbligo di pagamento successivo al rilascio dei locali fosse limitato alla data dell'intervenuta offerta formale a mezzo di ufficiale giudiziario f ovvero sino alla nomina del sequestratario”, senza accennare minimamente al motivo di doglianza che avrebbe riguardato l'omessa pronuncia, da parte del Tribunale, sulla domanda avente ad oggetto l'accertamento della responsabilità dei locatori a sensi degli articolo 1227 e 1375 cc. Ora, posto che il tema decisionale del giudizio di appello è delimitato strettamente dai motivi proposti nell'atto di impugnazione nel senso che l'appellante deve prospettare tutte le doglianze ed eccezioni con l'appello, senza poter nel corso dell'ulteriore attività processuale aggiungere alcunché, consumandosi il diritto d'impugnazione con lo stesso atto d'appello, ne deriva con ovvia evidenza che la ricorrente avrebbe dovuto riportare in sede di ricorso, previa necessaria trascrizione, il contenuto preciso del motivo di appello su cui la Corte avrebbe omesso di pronunciarsi. Ed invero, qualora in sede di legittimità il ricorrente denunzi il vizio di omessa pronuncia, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, egli ha l'onere di provvedere all'integrale trascrizione, occorrendo, del motivo di doglianza giacché, anche in tema di un error in procedendo, per il quale la Corte di cassazione è giudice anche del fatto processuale”, non essendo tale vizio rilevabile d'ufficio, il potere-dovere della Corte di esaminare direttamente gli atti processuali non significa che la medesima debba ricercarli autonomamente, spettando, invece, alla parte indicarli. Cass.10593/08 . E ciò, in quanto deve essere consentito alla Corte il relativo controllo sulla base delle sole deduzioni contenute nell'atto, senza necessità di indagini integrative Cass. numero 11886/06 . In difetto dell'assolvimento di tale onere, da parte del ricorrente, la censura deve essere quindi dichiarata inammissibile. Parimenti inammissibile deve essere infine dichiarato il ricorso incidentale con cui il B. e la P. hanno chiesto che la Corte di legittimità voglia provvedere ai sensi dell'articolo 384 cpc, limitandosi a correggere la motivazione, nel non creduto caso che si dovesse rilevare o ritenere un qualsiasi vizio di motivazione . A riguardo, è appena il caso di osservare che un'impugnazione, in quanto tale, deve essere per definizione rivolta contro un decisum del giudice ovvero contro il contenuto di una decisione, censurandone le ragioni poste a base, al fine di ottenere a seconda i casi la cassazione o la riforma della decisione impugnata. Ne deriva con ogni evidenza l'inammissibilità di un'impugnazione che non contenga alcuna censura avverso la decisione. Considerato che la sentenza impugnata appare in linea con il principio sopra affermato, ne consegue che il ricorso principale, siccome infondato, deve essere rigettato mentre deve essere invece dichiarato inammissibile il ricorso incidentale. Sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese di questo giudizio in considerazione del tenore dell'adottata decisione. P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile quello incidentale. Compensa le spese tra le parti.